La
legge di bilancio approvata a fine anno contiene al suo interno preziosi chiarimenti, tanto attesi dai cosiddetti
‘lavoratori fragili’. Con
l’articolo 1, commi 481–484, per il periodo dal
1° gennaio al
28 febbraio 2021 è previsto:
a) il lavoro in modalità agile, anche attraverso l’adibizione ad altra mansione, purché ricompresa nella stessa area di inquadramento o attività di formazione da remoto (art. 26 comma 2 bis del D.L. 18/2020, modificato dall’art. 26 comma 1 bis del D.L. 104/2020); oppure quando questo non è applicabile;
b) un periodo di assenza da lavoro equiparato al ricovero ospedaliero (art. 26 comma 2 del D.L. 18/2020, modificato dall’art. 26 comma 1 bis del D.L. 104/2020), attraverso un certificato di malattia con codice nosologico
v15.9. Queste tutele si rilevano, però, assolutamente
parziali per i lavoratori, quando non addirittura
discriminatorie, a seconda dei contratti collettivi nazionali. Ancora una volta, la possibilità di effettuare lo
‘smartworking’, anche in quei settori in cui ciò sia possibile, viene lasciata alla discrezionalità del datore di lavoro o dell’ente che, nella quasi totalità dei casi, la
nega; dall’altra parte, equiparare la
malattia, ovvero l’isolamento delle persone a rischio, al ricovero ospedaliero significa, ad oggi, rimettersi ai diversi
Ccnl (contratti collettivi nazionali di lavoro,
ndr), che nella maggioranza dei casi prevedono il conteggio ai fini del comporto, cioè il periodo oltre il quale il lavoratore non ha retribuzione e/o può essere licenziato per giusta causa. E’ importante sottolineare che questo avviene per molti contratti, sia
privati, sia
pubblici: per gli impiegati nel settore
agricoltura, pulizie e
sanificazioni, trasporto aereo e
comparto catering, nei
servizi ambientali e persino in alcuni
contratti del commercio. Ciò per quanto riguarda il settore
privato. Tuttavia, anche nel settore pubblico la situazione è la stessa: per
insegnanti, medici e
infermieri, per esempio, il ricovero rientra nel
comporto. Questo significa condannare ancora una volta le
persone fragili, che già devono convivere con patologie importanti e, in questo momento, anche con una pandemia, a scegliere tra salute e lavoro, entrambi diritti fondamentali per la nostra vita sanciti dalla
Costituzione. IL PERIODO PRECEDENTE Veniamo pertanto a sottolineare che non solo le
tutele attuali sono
limitate, ma non si è neanche sanato il
periodo precedente: dai primi di
marzo al
31 luglio 2020, i lavoratori erano esentati dal lavoro se ritenuti soggetti a rischio dai competenti organi medico-legali con un certificato di malattia simile all’attuale, ma con codice nosologico
v07. In sostanza, anche questo periodo era equiparato a ricovero ospedaliero di cui all’articolo 19, comma 1, del
D.L. 9/2020. Periodo che, quindi, per molti lavoratori è stato completamente conteggiato nel
comporto. Dopo le
FAQ ministeriali e le
note Inps in cui si sottolineava che il periodo non dovesse essere conteggiato, si è creata una
discrezionalità tra quei datori di lavoro che applicavano la legge in modo
letterale e chi seguiva le
‘linee-guida’ dell’Inps, le quali, ricordiamolo,
non hanno valore di legge. I lavoratori, in seguito, sono rimasti senza tutela alcuna dal
1° agosto al
13 ottobre 2020. Moltissimi, seppur non abbiano smesso di essere
'fragili', sono stati costretti a rientrare al lavoro, oppure a consumare ferie e permessi pregressi per proteggersi da un eventuale
contagio, fino a quando, finalmente, è stata approvato il
D.L. 126/2020, che prevede:
1) equiparazione dell’assenza al ricovero ospedaliero, aggiungendo il
comma 1-quinquies, per cui questo periodo non era computabile ai fini del comporto, ma solo per la Pubblica amministrazione (art. 87 comma 1, allinea, del D.L. 18/2020 convertito dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020), creando una grande
disparità di trattamento fino al 15 ottobre 2020;
2) l’introduzione dello
‘smartworking’, ma in modo
opzionale da parte del datore di lavoro, fino al
31 dicembre 2020. Da tutto questo ne è derivato che per moltissimi lavoratori
l’intero periodo pandemico, a partire da
marzo 2020, è stato completamente
conteggiato nel comporto, anche quando la
tutela era
presente, mentre per il periodo
16 ottobre-fine 2020, nessuna salvaguardia è prevista. E i casi in cui il
lavoro da remoto è stato concesso sono
rarissimi.LE RICHIESTEI
lavoratori 'fragili' chiedono, quindi:
a) la possibilità di accedere al lavoro agile fino al termine dell’emergenza sanitaria, senza la discrezionalità del datore di lavoro, anche attraverso l’adibizione ad altra mansione ricompresa nella stessa area di inquadramento;
b) l’esclusione dal comporto del periodo di assenza dal lavoro, a prescindere dal Ccnl, quando lo ‘smartworking’ non è applicabile al settore.
LA SCUOLA Un accenno, in particolare, va dedicato a un settore specifico: la scuola. Infatti, gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, risultando chiusi alla presenza da marzo a giugno, hanno costretto i docenti 'fragili' ad affrontare il tema della sicurezza sul luogo di lavoro solamente a settembre, con le riaperture. La scuola italiana, ad oggi, paga il prezzo di aver subito, nel corso degli anni passati, continui ‘tagli’ che hanno generato pesanti carenze strutturali per le quali, anche solo la mancanza di una piccolissima parte del personale avrebbe reso molto difficoltosa la riapertura in presenza. In merito ai lavoratori della scuola, in un periodo di totale assenza di tutele, il Miur (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca, ndr) ha emanato, l’11 settembre 2020, la nota ministeriale 1585, che applicava impropriamente ai ‘fragili’ il contratto integrativo, concernente i criteri di utilizzazione del personale ritenuto inidoneo (artt. 4 comma 2 e 17 comma 5 Ccnl scuola 29 novembre 2007). In pratica, i docenti 'fragili' che avevano lavorato fino a giugno, le cui condizioni di salute non erano mutate a settembre, sono stati dichiarati non semplicemente 'fragili', ma inidonei alla mansione, mentre la realtà è che non sono costoro a essere inidonei, ma l’ambiente di lavoro a non poter garantire loro protezione e sicurezza. Una volta dichiarati inidonei, questi insegnanti sono stati posti, d'ufficio, in malattia. Malattia basata su un decreto del dirigente scolastico, la cui retribuzione non è competenza Inps o Inail, ma direttamente del Mef (Ministero Economia e Finanze, ndr) ed è completamente conteggiata ai fini del comporto. Dalla malattia d’ufficio, il lavoratore poteva chiedere la cosiddetta utilizzazione, ovvero la stipula di un diverso contratto come ‘personale Ata’ con cambio mansione e diverso monte ore di lavoro settimanali: un vero e proprio ‘demansionamento’, per il quale non viene neanche garantita la modalità da remoto, né la permanenza presso la scuola di servizio. Secondo tale procedura, gli insegnanti non erano più soggetti a rischio, ma lavoratori che non sapevano svolgere il proprio lavoro per motivi di salute e che dovevano essere adibiti ad altre mansioni, anche in presenza, nonostante la circolazione del virus: una situazione ovviamente inaccettabile e assurda. In più, a molti docenti ormai giunti a fine comporto e costretti a chiedere l’utilizzazione, questa spesso non è stata neanche concessa dai vari uffici scolastici regionali, perché i posti disponibili sono limitati rispetto al numero dei ‘fragili’. Le norme sul ‘lavoro agile’ non sono state applicate al settore scolastico, in considerazione di quanto disposto dall’articolo 32, comma 4, del D.L. 104/2020, il quale stabilisce: “Al fine di consentire l'avvio e lo svolgimento dell'anno scolastico 2020/2021 e per le finalità di cui all'articolo 231 bis del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 e al presente articolo, per l'anno scolastico 2020/2021 al personale scolastico e al personale coinvolto nei servizi erogati dalle istituzioni scolastiche, in convenzione o tramite accordi, non si applicano le modalità di lavoro agile di cui all'articolo 263 del decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, tranne che nei casi di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell'emergenza epidemiologica". Questo perché, al contrario di quanto si pensi, la Dad non significa e non corrisponde allo ‘smartworking’. Tutto ciò sarebbe dovuto cambiare con la legge n. 126 del 13 ottobre 2020, che al comma 2 dell’articolo 26 prevedeva, per il periodo di assenza fino al 15 ottobre 2020, la malattia equiparata a ricovero ospedaliero e, nel caso del contratto specifico, non computabile ai fini del comporto (comma 1 - quinquies), mentre al comma 2 bis, per il periodo 16 ottobre-31 dicembre 2020, si contemplava lo svolgimento del lavoro da remoto. Insomma, il comma 2 dell’articolo 26 - e in particolare la nota 1 quinquies – che escludeva la malattia dal comporto almeno fino al 16 ottobre, non è mai stato applicato ai lavoratori della scuola, siano essi Ata o docenti. Questo perché la procedura viene gestita dal portale Sidi e non è possibile modificare la malattia pregressa scorporando il periodo dal comporto senza la creazione di un codice apposito per la ‘fragilità’, così come è stato fatto per la malattia da Covid 19. In pratica, i lavoratori ‘fragili’ del settore scolastico non hanno usufruito neanche di quest’ultima, parziale, tutela. E per quanto riguarda le indicazioni di cui al comma 2 bis, ricordiamo che l’ambiente 'scuola' è uno di quelli in cui il lavoro in modalità agile sarebbe possibile: i ‘docenti fragili’ potrebbero, infatti, essere adibiti a corsi di recupero o aiuto compiti on line; potrebbero occuparsi degli alunni in quarantena; fornire materiale didattico; seguire i docenti neoassunti; redigere progetti scolastici; di fornire aiuto alle funzioni strumentali. Potrebbero. Ma anche questa possibilità viene disattesa in quanto, nel momento in cui i docenti fragili risultassero in servizio in modalità agile, le istituzioni scolastiche non avrebbero la possibilità di nominare un supplente in presenza, che è indispensabile. Infine, va ricordato che tutto questo vale per i docenti di ruolo, mentre nessuna tutela è prevista per i docenti fragili a tempo determinato, i quali non possono chiedere l’utilizzazione e sono quindi costretti in malattia d’ufficio, pur avendo un solo mese di comporto con stipendio al 100 per cento. Questi rischiano, ora, non solo la non retribuzione, ma anche (il comporto ricordo si calcola su tre anni) il licenziamento, in futuro, se dovessero aver bisogno di ricorrere alla malattia. Par tali motivi, tutti i ‘docenti fragili’ chiedono, oggi, al Miur e ai vari Usr (Uffici scolastici regionali, ndr), indicazioni operative per sanare il periodo fino al 16 ottobre 2020 e l’applicazione del lavoro in modalità agile, da remoto, su propria mansione e senza utilizzazione, anche attraverso la creazione di nuovi ‘codici Sidi’, che pongano finalmente rimedio a questa situazione. Si ringrazia la docente Daniela Galloni, per aver gentilmente contribuito alla stesura del presente articolo.