Diego Armando Maradona aveva scoperto la
cocaina a
Barcellona. E quando giunse a
Napoli, nel
1984, già ne faceva uso, anche se non in maniera
'smodata'. Per lungo tempo cercò di
distanziarne l'utilizzo, per evitare che gli venisse ritrovata, nel sangue o nelle urine, ai controlli medici. Era chiaro che, prima o poi, lo avrebbero
'beccato'. Ma per quasi un decennio
aveva saputo gestirsi, camminando sul filo di un
rasoio. I rapporti con chi gliela vendeva erano mediati da altri: raramente ha incontrato i suoi
pusher, i quali lo invitavano a feste e appuntamenti di vario genere e tipo. Quando nella vita ci si ritrova a certi livelli e sei il
'numero uno' per un intero lustro, partita dopo partita, non è facile
autoregolarsi. In più, in questi casi si crea sempre una
'corte', perché in tanti sono interessati anche solamente a raccontare in giro che conoscevano
'el pibe de oro' e lo frequentavano. Insomma, per motivi di mera
adulazione, gli fu messa la
'coca' in tasca e le
'cubiste' delle discoteche nel letto. Bisogna conoscere bene come vanno certe cose, anziché lanciarsi in
sentenze moraliste. La
seconda squalifica, inoltre, non fu causata dalla
cocaina, bensì per
l'efedrina: un
alcaloide che
Maradona stava assumendo a fini
dietetici. Dopo il
'casino' di
Napoli-Bari, infatti, egli si era buttato giù e aveva cominciato a
ingrassare a livelli esplosivi. Allora
Claudia, sua moglie, lo aveva convinto a non arrendersi, dicendogli che i
'grandi' hanno sempre avuto almeno
3 cicli di successi. Era un ottimo argomento. E
Claudia si era dimostrata una
donna intelligente, poiché era riuscita a capire molte cose di un
ambiente, quello del
calcio, che soprattutto allora tendeva a evitare che le
mogli mettessero il naso in certe questioni.
Maradona decise perciò di mettersi a
dieta forzata, per tornare in nazionale e riuscire a giocare anche i
mondiali del 1994, quelli
americani. E per accelerare i tempi, iniziò ad assumere questa sostanza, che gli toglieva l'appetito e gli permetteva di dimagrire a vista d'occhio. A
Usa '94 era arrivato ancora più forte del solito: più convinto, più maturo. Fece un
goal alla
Grecia letteralmente
'da paura'. Ma
l'efedrina gli fu riscontrata nelle
urine e venne
squalificato una seconda volta, in un modo persino
peggiore rispetto a quanto accaduto qui da noi:
l'efedrina non è una
droga vera e propria, bensì un
alcaloide con gli stessi effetti delle
anfetamine senza generare
dipendenza fisica, né
psicologica. Invece, con
evidente ipocrisia, si sorvolò sugli
aspetti scientifici e venne fatta circolare, a livello planetario, l'idea molto vaga,
'vaghissima', che lui stesse ancora facendo uso di
eccitanti. Non si trattava di
anfetamine, come le
'Plegine'. Maradona non stava assumendo
l'efedrina per
giocare meglio o
correre più forte, bensì per combattere la
'bulimìa'. Ma la sostanza non era ammessa dai regolamenti della
Fifa e, quindi, tanti saluti alla
'terza fase'. E il
magnifico goal segnato alla
Grecia a più di
40 gradi all'ombra, divenne
l'ultima 'zampata' del
'vecchio leone'. Personalmente,
adoro quella rete. Persino più di quelle segnate contro
l'Inghilterra e il
Belgio nel
1986. Io ci stavo credendo. E stavo
tifando per lui, umanamente, perché poteva essere una bella
'favola': il
ritorno del
grande campione. Invece, lo avevano
distrutto una
seconda volta. Fu allora che
'mollò il colpo' e si lasciò andare. Quanto accaduto in seguito è mera
cronaca. Anche in questi ultimi anni era stato più volte convinto, dagli amici e dalla moglie, a
disintossicarsi. Ci aveva provato a ricominciare:
almeno due volte aveva tentato. Ma non venne più di tanto
aiutato: il suo
'momento' era
passato e a nessuno
importava più niente di lui. Ed è questa la cosa che fa veramente
schifo. E' sempre questa
la verità che incontro ogni qual volta m'imbatto in vicende di questo tipo. Ed è sempre questo il punto in cui ci ritroviamo
tutti sconfitti. Perché la verità è che
quando hai successo, quando riesci a
liberarti da tutta la
miseria e da tutti i
problemi dai quali
provieni, si diventa
antipatici. Si accendono le
invidie e succede sempre che qualcuno o qualcosa ti
rispedisca all'inferno. E' questa la verità su cui dovremmo
riflettere. Assai più
seriamente, questa volta, perché è questo il motivo per cui è giusto che il
popolo dei
veri amanti del calcio, degli
innamorati più autentici di questo
sport, così
diffuso in tutto il mondo, salutasse con tutto il suo
amore un campione come
Diego Armando Maradona. Perché la
gente semplice, queste verità le conosce. E sa bene che, quando ti sei permesso di
vincere tutto quello che c'era da vincere, quando hai semplicemente dimostrato che, anche in una città stracolma di problemi come
Napoli si possono realizzare
cose splendide, ecco che subito qualcuno comincia a
demolire alla base tutto quel che eri riuscito a
costruire, trascinandoti nuovamente
all'inferno. Sono queste le cose che il
popolo dei
'maradoniani' sente di dover riconoscere al proprio
campione. Perché il
popolo combatte ogni giorno contro certi
'demoni', ritrovandosi regolarmente
sconfitto. E senza alcuna
colpa.