Jane Fonda è stata arrestata dalla polizia
l'11 ottobre 2019 e poi rilasciata qualche ora dopo, per aver partecipato a una
manifestazione ambientalista. La grande icona del cinema americano, infatti, assieme ad altri
15 attivisti si era rifiutata di abbandonare la
scalinata del Campidoglio come ordinato dalle autorità. Verrà nuovamente tratta in arresto il
21 ottobre, il
9 novembre e il
21 dicembre dello stesso anno. In tutto,
5 arresti. E le grandi
'lobbies' del
capitalismo americano non hanno ascoltato.
"Lottare in prima linea è mostrare i propri valori reali": questo è quanto
Jane Fonda continua a sostenere. La stessa ha più volte affermato, quest'anno, come tutto le appaia
'strano', perché
"negli Stati Uniti si vive sotto il controllo della polizia. E la disobbedienza civile è diventata una nuova condizione di normalità". Di recente, la grande
diva di Hollywood è finita in manette per la
quinta volta davanti a
Capitol Hill, dove per tre lunghi mesi aveva manifestato per
l'emergenza climatica. Ogni
venerdì, in coincidenza con i
'Fridays for future', lanciati dalla giovane attivista svedese,
Greta Thunberg. Finire in carcere all'età di
82 anni per aver protestato a sostegno del
clima, in effetti dà da pensare intorno alla direzione verso la quale gli
Stati Uniti si stanno inesorabilmente avviando, a causa del
miope isolazionismo professato
dall'amministrazione Trump. Ma intorno a ciò, il nostro giudizio rimane
sospeso: è ancora presto per fare un
bilancio, a nostro parere, poiché riteniamo che alcuni
atteggiamenti stravaganti dell'attuale
presidente americano non debbano condizionare l'analisi in merito a questioni più complesse. In ogni caso, tornando a
Jane Fonda, sin dagli
anni '70 del secolo scorso
l'attrice 'hollywoodiana' ha cominciato a dar vita a un più intenso
impegno politico, inizialmente indirizzato contro la
guerra del Vietnam. La sua visita ad
Hanoi e la sua
propaganda 'filo-nord-vietnamita' le valsero il soprannome di
'Hanoi Jane', ma la resero anche invisa a una parte della stampa e dell'opinione pubblica americana. Soltanto dopo molti anni rivedrà le sue posizioni con rinnovato
senso critico. Nel frattempo, pur non abbandonando il genere
'leggero', la sua carriera si orientò decisamente verso
ruoli maggiormente impegnativi, con i quali viene sempre di più identificata dal pubblico internazionale. Ciò la portarono a ottenere, nel
1969, la prima delle sue
sette candidature all'Oscar, per l'interpretazione della sfortunata
Gloria Beatty in
'Non si uccidono così anche i cavalli?' di
Sydney Pollack. Un riconoscimento in seguito ottenuto
due volte per ruoli secondo noi assai più meritati. In particolare, quello per il film
'Tornando a casa', in cui seppe denunciare
da sinistra il problema del
'reducismo' da quello stesso
Vietnam contro cui,
dieci anni prima, aveva protestato radicalmente. L'attrice ricorda bene il giorno del suo arresto dell'anno scorso, poiché è conciso con quello del suo
compleanno. E ricorda anche che durante
l'amministrazione Nixon fu arresta per ordine della
Casa Bianca. In nome di quanto accaduto nei decenni, oggi si augura
"che il prossimo 3 novembre di quest'orribile 2020 vada bene e che il nuovo presidente americano venga eletto, attendendomi che si tratti di Joe Biden, ovviamente...". Ciò in quanto,
"la situazione attuale in cui ci troviamo non permette di tornare alla normalità e la lotta ai combustibili fossili è ancora accesa. Una svolta che dovrà avvenire nella consapevolezza che quella che stiamo vivendo è una situazione completamente diversa da quelle del passato". Oggi, l'attrice statunitense, molto amata dal suo pubblico, afferma di
"esser sempre stata ambientalista, anche se ritengo di non aver mai fatto abbastanza e a sufficienza. Greta Thumberg", prosegue,
"sta spiegando come bisogna lottare per uscire dalla 'comfort zone'. La pandemia è come se ci avesse reso incapaci di reagire, vittime di un addormentamento collettivo. Invece, abbiamo bisogno di governi forti e preparati, che sappiano ascoltare soprattutto la scienza, la quale suggerisce le misure intelligenti, come la riduzione degli idrocarburi. Non è più il momento di essere 'moderati': il settore dei combustibili plastici ha mentito per anni, nonostante ciò che già si annunciava. Oltretutto", aggiunge l'artista,
"con la globalizzazione e il capitalismo senza scrupoli, la disuguaglianza è aumentata. Un demagogo o un tiranno come Trump sta portando la situazione e le condizioni dell'americano 'medio' sempre peggio. E sempre più americani si stanno rendendo contro che il razzismo è vivissimo. La pandemia del Covid ha davvero aperto gli occhi a tutti. Ci aspettiamo, adesso, dei cambiamenti profondi nella società americana e io ritengo che questo sia il momento giusto per cambiare. E se si guarda al passato, la disobbedienza civile è stata l'unica arma ad avere funzionato davvero per cambiare il 'sistema'...". Quello che l'ex diva sta cercando di fare, grazie anche al suo impegno nei
'Fire Drill Fridays', è di
"riuscire a coinvolgere persone che non hanno mai fatto niente del genere prima". Noi ricordiamo gli anni in cui la
Fonda, acclamata in tutto il mondo come un
'sex symbol', a un certo punto si ribellò al
cliché che si portava dietro, al fine di evadere da
un'immagine che le stava stretta. Scelse, allora, di dedicarsi
all'attivismo politico, in connessione con una parte di
Hollywood che stava riflettendo e mutando i propri
'modelli culturali'. Nel
marzo 2001, per esempio,
Jane Fonda decise di donare alla
Scuola di educazione dell'Università di Harvard la somma di
12,5 milioni di dollari, al fine di creare un
'Centro per gli studi educativi'. La motivazione per un simile gesto fu quella di
"una cultura 'media' che indica a ragazzi e ragazze una visione distorta di ciò che, invece, sarebbe necessario imparare per diventare uomini e donne". Insomma,
Jane Fonda sta sostenendo, ancor più che in passato, ciò che in molti si attendono dalle prossime
elezioni presidenziali americane di questi giorni. Un qualcosa che, tuttavia, appare più vicino a una
rivoluzione, piuttosto a un
normale avvicendamento di
alternanza democratica. E non è affatto detto che ciò sia il
metodo più adatto per riuscire nell'intento. Utilizzare lo stesso
'metro' sia per sensibilizzare l'opinione pubblica in merito ai probabili
problemi che incontreremo a causa del
cambiamento climatico, sia per
'tifare' in favore di un
candidato-presidente democratico, potrebbe rivelarsi sbagliato, poiché si rischia di
replicare la medesima
'monocromìa demagogica' del
conservatorismo reazionario. Anche noi siamo schierati a favore di una
svolta ambientalista e per
un'attenzione più specifica verso una
riconversione ecosostenibile del nostro sistema produttivo. Ma siamo altresì consapevoli di come la
critica distruttiva declini spesso verso le
semplificazioni, mentre l'impegno per
ricostruire un tessuto sociale di
solidarietà è un compito assai più
difficile. Ed è questa la vera
consapevolezza di cui dovremmo cominciare a parlare.
Camminare a 'piedi nudi nel parco', soprattutto in tempi di
Covid, potrebbe apparire come un qualcosa di
stravagante e
'fuori moda'. Pur confermando tutto il nostro
affetto, nei confronti di
un'attrice che ha saputo interpretare meravigliosamente gli anni della
giòventù americana di
un'intera generazione.