Come volevasi dimostrare. Da
Milano a
Catania, passando per
Torino, Roma, Napoli e
Lecce, all'indomani della firma dell'ennesimo
Dpcm, gli italiani scendono nelle
piazze delle rispettive città per scatenare la propria
rabbia, piuttosto che per
manifestare (pacificamente) il dissenso sull'ultimo provvedimento governativo, pericoloso per la
tenuta economica e, per quel che riportano le cronache relative agli scontri con le
Forze dell'Ordine, anche per quella
sociale di un Paese che rischia di toccare un punto di non ritorno. Un punto sul quale, senza giri di parole, era intervenuta, un mese fa, la ministra dell'Interno,
Luciana Lamorgese. Per la titolare del
Viminale, mentre si va in pubblicazione, si prevede una
notte insonne: una delle più lunghe e difficili di una
Repubblica italiana che raccomanda
responsabilità ai suoi
cittadini per coprire, di fatto, le proprie
irresponsabilità nel non aver rallentato al
minimo, anzichè al
massimo, quelle misure restrittive risalenti al
9 marzo scorso, con le quali, probabilmente, non saremmo qui a scrivere di
scenari apocalittici. Che
apocalisse sia, ma non per
bar, ristoranti, piscine, palestre e quant'altro generi
reddito, ma per una classe politica
'infettata' da quel
virus rappresentato dal
delirio di onnipotenza.