Con le
'indicazioni operative' relative alle procedure di competenza del dirigente scolastico riguardo ai
lavoratori 'fragili' con contratto a tempo indeterminato e determinato
dell'11 settembre 2020, si è voluto dare un colpo definitivo al
corpo docente e al
personale Ata. Infatti,
l'articolo 32 della
Costituzione e la
legge n. 104 del 1992 risultano completamente
calpestate. Così come risultano calpestati i diritti di tutto il
personale del
mondo della scuola con gravi
patologie e/o disabilità e, allo stesso tempo, degli
studenti, per sicura mancanza di
continuità didattica. Come se già lo
'status' di
malato non comportasse, di per sè, un
disagio infinito, che con il
coronavirus si è ulteriormente amplificato, si aggiungono queste quasi
'ironiche' indicazioni operative dell'illustrissimo Capo dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione,
Marco Bruschi, a pochi giorni dall'inizio della scuola: oltre al
danno, la
beffa. Si era già cancellato, con un colpo di spugna, la tutela
dell'articolo 26, secondo comma, del
decreto 'Cura Italia', il quale considera
ospedalizzato il
lavoratore 'fragile' e, ora, eliminata la possibilità di lavorare in
modalità 'agile'. Per i docenti, la
Dad (didattica a distanza, ndr) era stata la
panacea di ogni male, durante il
'lockdown'. Ora, risulta
vietata: si lavora solo
in presenza, con tutti i rischi che questo comporta, anche se
malati. Per tutelare questo personale delle scuole dal contagio infausto da
Covid, con tali indicazioni operative si spiega come, a domanda del
'lavoratore fragile', il personale, dopo esser stato visitato dal medico competente, nominato dal dirigente scolastico, possa essere ritenuto:
1) idoneo;
2) idoneo con prescrizioni;
3) inidoneo per tutto il periodo emergenzale da
Covid 19. In pratica, se si è
'inidonei', per tutelare il docente si propone
'senza indugio' al
'finente' di essere
demansionato con il doppio dell'orario lavorativo
(ma non era malato...?), firmando un
contratto diverso da quello della docenza rientrante nei
contratti Ata. Oppure, si viene messi, d'ufficio, in
malattia. In poche parole, si perde il diritto di
scegliere come e quando essere curati, a totale discrezione della volontà di un
medico che non è neanche a conoscenza della
situazione pregressa del
docente o del suo
medico ospedaliero. Si vuole ricordare, a tal fine, che il
coronavirus è sempre tra noi e che non si conoscono i tempi
dell'evoluzione epidemiologica, o se la scuola dovrà ricorrere di nuovo alla
'didattica a distanza' per eventuali altre chiusure, anche sparse a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Basta guardare
l'esperienza francese, quella
spagnola o
internazionale. La
seconda ondata di
coronavirus, nonostante le rassicurazioni del
premier o della
ministra dell'istruzione, non è un
remoto eufemismo. In ogni caso, tornando alle
indicazioni operative, non viene spiegato se la malattia rientrerà o meno nel
'comporto' (dilazione consentita, ndr), rischiando anche il
posto di lavoro. Non si specificano quali malattie rientreranno nei vari casi di
idoneità o
inidoneità, lasciando ampi spazi d'interpretazione ai
medici, creando disagi ai lavoratori. Il medico, in realtà, potrebbe e dovrebbe intervenire solo per
'tutelare' i
lavoratori fragili e non essere utilizzato come
strumento lesivo del lavoratore - ossia come un
'boomerang' contro di essi - collocandoli
in malattia d'ufficio e, quindi, in uno status di obbligatorietà della stessa. O, peggio,
raddoppiando le ore di lavoro del docente malato,
demansionandolo senza indugio. Tutto questo, come se il
malato avesse
scelto lui di essere tale. Si denota, insomma, una
bassa stima del personale scolastico. Oppure, si considera il malato ormai inutile: un costo, soprattutto in tempo di pandemia, da
demansionare o
porre in malattia. Ma ciò è palesemente anticostituzionale, poiché
l'articolo 32 della
Costituzione recita:
'La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge'. Insomma, queste
'indicazioni operative' non tutelano nessuno. Anzi, esse risultano
offensive verso lo
status di
malato. Nelle prime righe si legge:
'L'Amministrazione si riserva di adottare strumenti di verifica e monitoraggio, atti a valutare l'adeguatezza degli strumenti e a prevenire ogni forma di abuso, a garanzia dei lavoratori che vantano un effettivo diritto'. Si rileva, in queste
spiacevoli parole, l'idea che una parte della
categoria docente o
Ata millanterebbe patologie per
scarsa volontà di lavorare. Comprendiamo come il compito di un
Capo dipartimento del Miur sia un
'lavoro difficile'. Almeno quanto quello della
'ministra', da lei stessa utilizzato come
slogan pochi giorni orsono:
"Fare il ministro è un lavoro difficile", sfoggiando questa frase su una maglietta bianca di cattivissimo gusto. Ma a prescindere da queste
'trovate', siamo di fronte a un vero e proprio
affronto nei confronti della
categoria docente e
Ata, che si ritrovano ingabbiate nella
'casella' dei
lavoratori 'fragili' senza essere tutelate, nonché un abuso verso quei lavoratori che si trovano in situazioni di
disagio. Altrettanto si evince quando non si spiega, per esempio, se questa
malattia d'ufficio rientrerà nel
'comporto'. Si chiede, dunque, di rileggere e di interiorizzare
l'articolo 32 della nostra
Costituzione: nessuno può imporre ad altri di
curarsi obbligatoriamente. Soprattutto un
lavoratore che, per il proprio
status di malato, viene seguito da
medici ospedalieri. Tutto questo appare più un
Tso (Trattamento sanitario obbligatorio, ndr), più che una
tutela 'anti-Covid' temporanea: una
'pugnalata' alla schiena per chi si è fidato della propria amministrazione nel richiedere le giuste garanzie, in un momento di profonda
difficoltà economico-sociale e
sanitaria. Dopo questa tardiva spiegazione del
ministero, si vedrà, a ben ragione, se vi saranno richieste di
ritiro della domanda della
visita del
medico competente ai dirigenti scolastici, a fini di tutela verso i
'lavoratori fragili'. I ricorsi contro il giudizio dei medici competenti sono una rivoluzione, da parte dei rappresentanti la categoria dei
docenti e
Ata con
malattie, disabilità e
invalidità riconosciute. Nessuno, infatti, avrebbe mai potuto domandare se avesse conosciuto i risvolti, assolutamente non tutelanti, anzi denigranti, della categoria. Bastava permettere il
'lavoro agile' agli
Ata e la
didattica a distanza, anche integrata, ai
docenti fragili, riconfermando
l'articolo 26, secondo comma, del decreto
'Cura Italia', che già risolveva moltissime questioni. Va da sè, che il nostro giudizio sulle
'indicazioni operative', al momento, non è certamente in
malafede. Purché la loro interpretazione non venga
deformata in
pregiudizio, o in un
processo alle intenzioni. Un'impressione che, qua e là.
traspare platealmente.