Raffaella UgoliniCon le 'indicazioni operative' relative alle procedure di competenza del dirigente scolastico riguardo ai lavoratori 'fragili' con contratto a tempo indeterminato e determinato dell'11 settembre 2020, si è voluto dare un colpo definitivo al corpo docente e al personale Ata. Infatti, l'articolo 32 della Costituzione e la legge n. 104 del 1992 risultano completamente calpestate. Così come risultano calpestati i diritti di tutto il personale del mondo della scuola con gravi patologie e/o disabilità e, allo stesso tempo, degli studenti, per sicura mancanza di continuità didattica. Come se già lo 'status' di malato non comportasse, di per sè, un disagio infinito, che con il coronavirus si è ulteriormente amplificato, si aggiungono queste quasi 'ironiche' indicazioni operative dell'illustrissimo Capo dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione, Marco Bruschi, a pochi giorni dall'inizio della scuola: oltre al danno, la beffa. Si era già cancellato, con un colpo di spugna, la tutela dell'articolo 26, secondo comma, del decreto 'Cura Italia', il quale considera ospedalizzato il lavoratore 'fragile' e, ora, eliminata la possibilità di lavorare in modalità 'agile'. Per i docenti, la Dad (didattica a distanza, ndr) era stata la panacea di ogni male, durante il 'lockdown'. Ora, risulta vietata: si lavora solo in presenza, con tutti i rischi che questo comporta, anche se malati. Per tutelare questo personale delle scuole dal contagio infausto da Covid, con tali indicazioni operative si spiega come, a domanda del 'lavoratore fragile', il personale, dopo esser stato visitato dal medico competente, nominato dal dirigente scolastico, possa essere ritenuto: 1) idoneo; 2) idoneo con prescrizioni; 3) inidoneo per tutto il periodo emergenzale da Covid 19. In pratica, se si è 'inidonei', per tutelare il docente si propone 'senza indugio' al 'finente' di essere demansionato con il doppio dell'orario lavorativo (ma non era malato...?), firmando un contratto diverso da quello della docenza rientrante nei contratti Ata. Oppure, si viene messi, d'ufficio, in malattia. In poche parole, si perde il diritto di scegliere come e quando essere curati, a totale discrezione della volontà di un medico che non è neanche a conoscenza della situazione pregressa del docente o del suo medico ospedaliero. Si vuole ricordare, a tal fine, che il coronavirus è sempre tra noi e che non si conoscono i tempi dell'evoluzione epidemiologica, o se la scuola dovrà ricorrere di nuovo alla 'didattica a distanza' per eventuali altre chiusure, anche sparse a macchia di leopardo sul territorio nazionale. Basta guardare l'esperienza francese, quella spagnola o internazionale. La seconda ondata di coronavirus, nonostante le rassicurazioni del premier o della ministra dell'istruzione, non è un remoto eufemismo. In ogni caso, tornando alle indicazioni operative, non viene spiegato se la malattia rientrerà o meno nel 'comporto' (dilazione consentita, ndr), rischiando anche il posto di lavoro. Non si specificano quali malattie rientreranno nei vari casi di idoneità o inidoneità, lasciando ampi spazi d'interpretazione ai medici, creando disagi ai lavoratori. Il medico, in realtà, potrebbe e dovrebbe intervenire solo per 'tutelare' i lavoratori fragili e non essere utilizzato come strumento lesivo del lavoratore - ossia come un 'boomerang' contro di essi - collocandoli in malattia d'ufficio e, quindi, in uno status di obbligatorietà della stessa. O, peggio, raddoppiando le ore di lavoro del docente malato, demansionandolo senza indugio. Tutto questo, come se il malato avesse scelto lui di essere tale. Si denota, insomma, una bassa stima del personale scolastico. Oppure, si considera il malato ormai inutile: un costo, soprattutto in tempo di pandemia, da demansionare o porre in malattia. Ma ciò è palesemente anticostituzionale, poiché l'articolo 32 della Costituzione recita: 'La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge'. Insomma, queste 'indicazioni operative' non tutelano nessuno. Anzi, esse risultano offensive verso lo status di malato. Nelle prime righe si legge: 'L'Amministrazione si riserva di adottare strumenti di verifica e monitoraggio, atti a valutare l'adeguatezza degli strumenti e a prevenire ogni forma di abuso, a garanzia dei lavoratori che vantano un effettivo diritto'. Si rileva, in queste spiacevoli parole, l'idea che una parte della categoria docente o Ata millanterebbe patologie per scarsa volontà di lavorare. Comprendiamo come il compito di un Capo dipartimento del Miur sia un 'lavoro difficile'. Almeno quanto quello della 'ministra', da lei stessa utilizzato come slogan pochi giorni orsono: "Fare il ministro è un lavoro difficile", sfoggiando questa frase su una maglietta bianca di cattivissimo gusto. Ma a prescindere da queste 'trovate', siamo di fronte a un vero e proprio affronto nei confronti della categoria docente e Ata, che si ritrovano ingabbiate nella 'casella' dei lavoratori 'fragili' senza essere tutelate, nonché un abuso verso quei lavoratori che si trovano in situazioni di disagio. Altrettanto si evince quando non si spiega, per esempio, se questa malattia d'ufficio rientrerà nel 'comporto'. Si chiede, dunque, di rileggere e di interiorizzare l'articolo 32 della nostra Costituzione: nessuno può imporre ad altri di curarsi obbligatoriamente. Soprattutto un lavoratore che, per il proprio status di malato, viene seguito da medici ospedalieri. Tutto questo appare più un Tso (Trattamento sanitario obbligatorio, ndr), più che una tutela 'anti-Covid' temporanea: una 'pugnalata' alla schiena per chi si è fidato della propria amministrazione nel richiedere le giuste garanzie, in un momento di profonda difficoltà economico-sociale e sanitaria. Dopo questa tardiva spiegazione del ministero, si vedrà, a ben ragione, se vi saranno richieste di ritiro della domanda della visita del medico competente ai dirigenti scolastici, a fini di tutela verso i 'lavoratori fragili'. I ricorsi contro il giudizio dei medici competenti sono una rivoluzione, da parte dei rappresentanti la categoria dei docenti e Ata con malattie, disabilità e invalidità riconosciute. Nessuno, infatti, avrebbe mai potuto domandare se avesse conosciuto i risvolti, assolutamente non tutelanti, anzi denigranti, della categoria. Bastava permettere il 'lavoro agile' agli Ata e la didattica a distanza, anche integrata, ai docenti fragili, riconfermando l'articolo 26, secondo comma, del decreto 'Cura Italia', che già risolveva moltissime questioni. Va da sè, che il nostro giudizio sulle 'indicazioni operative', al momento, non è certamente in malafede. Purché la loro interpretazione non venga deformata in pregiudizio, o in un processo alle intenzioni. Un'impressione che, qua e là. traspare platealmente.


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