In tema di tendenze, il nostro Paese è nuovamente di fronte a un lento processo di
'sfarinamento'. La
Lega di
Matteo Salvini perde consensi a causa, sostanzialmente, di se stessa: l'anno scorso si era talmente riempita di
demagogia tribunizia da finire dritta dritta
contro un muro, sognando la
'doppietta' dopo le europee. Volevano andare al voto dopo neanche un anno di legislatura. E avevano anche il problema di dover fare una
manovra economica difficilissima, dopo aver
sperperato risorse per i
pre-pensionamenti di
'quota 100'. La vera
'via maestra' era forse quella di una
riforma fiscale, di cui la ministra
Giulia Bongiorno si stava, in effetti, occupando. E trattandosi di una delle
'teste affidabili' della
nuova Lega, quella soluzione avrebbe garantito di
mietere successi, dato che i
ceti imprenditoriali del
nord d'Italia non hanno certamente firmato una
'cambiale in bianco' innanzi a nessuno. Insomma, dopo essere
scappati dal ristorante per non pagare il
conto, la
Lega ha mostrato la sua
debole 'spina dorsale' come forza di governo:
Umberto Bossi e
Bobo Maroni erano più
credibili. Pertanto, ora bisognerebbe
'provare' con
Gianluigi Paragone e il suo
'Italexit', oppure con
Giorgia Meloni e i suoi
'Fratellini d'Italia'. Il primo finirà con lo
'spalmarsi', per l'ennesima volta, contro il
muro di un
processo di costruzione europea che ha
fondamenta ben più solide di quanto non si creda, dato che
l'Europa ha garantito pace e stabilità, nel
'vecchio continente', per più di
70 anni: un ciclo di sviluppo senza guerre mai verificatosi nell'intero arco della Storia; la seconda,
Giorgia Meloni, pur
'mimetizzando', a volte, il proprio
anti-europeismo, non farà altro che riequilibrare a suo vantaggio le forze interne dello schieramento politico di
centrodestra. E quando i
'Fratellini d'Italia' verranno realmente misurati di fronte ai problemi del Paese, essi dimostreranno le loro
irrisolte contraddizioni. Irrisolte, poiché sempre e perennemente
rimosse: tipico di chi si atteggia a
persona tutta d'un pezzo e, non appena hai voltato l'angolo, ti
'pugnala' alla schiena. Perché solamente questo sanno fare, da quelle parti.
E gli italiani dovrebbero saperlo. Sia come sia, si tratta di
formazioni populiste che inseguono un sogno, al contempo,
delirante e
disperato: una sorta di
'nuova utopia' paragonabile a quella del
Pci degli
anni '50 del secolo scorso. Forze che sembrano essere sempre sul punto di
'sfondare', ma che poi vengono regolarmente fermate ai
'confini della realtà' per le loro
idee vecchie come il 'cucco', che fanno notizia solo perché poggiano sulla
scarsa memoria di molti italiani e su un
modello di istruzione pubblica che fa paura solamente a guardarlo. Insomma, agli italiani noi consiglieremmo di pensare a qualcosa di diverso, anche di
moderato e
conservatore, ma comunque
ben distinto dalle
'prese per i fondelli'. Ci sarebbe l'idea di
Beppe Grillo: un grande
piano industriale per una
connettività globale gestita dallo
Stato. Anche in questo caso, si tratta di un processo già impostato e avviato
da altri, che il
M5S vorrebbe
'vendersi' come proprio. E qui c'è la
'sòla', come si dice a
Roma: una forma di
neo-positivismo tecnologico culturalmente
'piatto' - come lo sono quasi tutti i
'grillini' - basato su una
diagnosi corretta, ma indirizzata verso la
direzione sbagliata, dato che le
multinazionali sono lì e non si può certo chiedere loro di
'alzare i tacchi'. A meno che
Beppe Grillo non stia riproponendo nuovamente la
'rivoluzione', al fine di poter centralizzare i processi produttivi del Paese, nella pretesa, anch'essa
utopica oltreché
vetusta, di poter
controllare tutto e tutti. Non c'è solo il problema di denunciare la differenza tra
imprenditoria finanziaria, che ha
'spolpato' e
'svenduto' i nostri
'gioielli di famiglia' e
aziendalismo autentico: manca, ancora oggi, quella
sincera autocritica, perennemente evitata o rimossa,
sull'analisi economica 'marxiana', in cui può bastare un
singolo errore per mettere tutto il sistema in
crisi e ritrovarsi
'da capo a 12'. Il
'piano industriale' di
Grillo, insomma, sconta il problema di
parlare di futuro con la stessa, medesima, ottica delle
grandi aziende, utilizzando la cara vecchia
'scala di astrazione' della
sinistra hegeliana. E' sul
piccolo, invece, che bisognerebbe
'puntare', per creare
un'occupazione capillarmente diffusa e indirizzare il sistema economico, italiano ed europeo, verso un modello di
'concorrenza imperfetta' o
'quasi perfetta', in cui
tante imprese piccole e
medie si fanno
concorrenza, abbassando i
prezzi. Il
M5S, invece, è fermo al
'quasi monopolio'. Ma in economia, quando non c'è
paragone alcuno tra i prodotti dei vari comparti economici, poiché vige il
monopolio di Stato, diviene arbitrario persino stabilire il
prezzo delle merci. Il
'sogno di Grlllo', insomma, non è altro che il solito
'emporio' in cui trovare
un po' di tutto: un
centro commerciale di Stato, oggi riproposto in
versione digitale. Quel che gli italiani dovrebbero, invece,
riscoprire - e che si spera un giorno comprendano - è il
riformismo gradualista. Il quale, pur procedendo per
piccoli passi, rappresenta
l'unica vera 'porta stretta' esistente, sotto il profilo
empirico. E' la cosiddetta
Terza Italia, quella che meriterebbe fiducia, poiché basata sulla
qualità, sulle
buone idee, sulla
creatività del
singolo individuo. Forse è vero che non c'è più distinzione tra
destra e
sinistra, ormai. Ma ciò accade solamente perché questa contrapposizione ha preso un'altra forma: quella tra
politica seria contro la
demagogia delle
'prese in giro', basata unicamente sulle
mezze verità e gli
incoffessabili desideri di potere di chi vorrebbe decidere
sulla testa dei cittadini. Ma verrà fuori, prima o poi, questa
distinzione. La quale smaschererà, ancora una volta, chi vorrebbe
uscire dall'euro per andarsi a vendere, sui mercati internazionali, quanto prodotto dai nostri lavoratori in
valuta pregiata. Ovvero,
in euro: una
moneta che, quando entra
in tasca a loro, non fa
affatto 'schifo'. Infine, per quel che riguarda
Beppe Grillo, egli può rimanere
ben tranquillo, poiché il
'treno' di cui parla ha sempre
viaggiato sereno. Anche quando lui non era neanche sulla
banchina della
stazione ad attenderlo...