Il solito
'pasticcio' alla romana. Alcuni esponenti della maggioranza capitolina chiedono l'istituzione di un
Museo del fascismo, dato che
Roma ha interi quartieri risalenti a quell'epoca e le nuove generazioni vogliono sapere, conoscere la
Storia di Roma e
d'Italia nell'era
fascista: l'espansione coloniale e
l'impero in Etiopia, l'importanza delle
bonifiche nel territorio
pontino e le spianate di
Maccarese, il
Foro Italico, l'Eur (l'Esposizione Universale Roma del 1942), le
case popolari per i cittadini più poveri. A tutto questo, si aggiunga l'opportunismo politico, le varie alleanze e i tradimenti che hanno interrotto il sogno di espansione, così come ribadito da
Benito Mussolini e inciso sul
Palazzo della Civiltà e del Lavoro: "Un popolo di poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati, navigatori, trasmigratori". Una citazione del discorso tenuto il
2 ottobre 1935 contro le
sanzioni minacciate dalla
Società delle Nazioni all'Italia, relative all'aggressione
dell'Etiopia. Libri, carte, firme, fotografie dell'epoca, contratti vari, registrazioni
dell'Istituto Luce, accordi con la
Casa Reale di Savoia: tutti documenti che farebbero bella mostra nelle teche di un
Museo del fascismo, con poesie di
Gabriele D'Annunzio ed
Eleonora Duse. Ma il terrore del ventennio è stato superato dal
Covid-19: anche questa è
Storia, in fondo.
L'ignoranza e il
negazionismo vanno combattuti con l'istituzione dei
musei, strutture che rimangono al pari del
Foro romano o degli
archi di trionfo. A questi, andrebbe incrementato l'apprendimento
dell'Educazione civica, che affini il comportamento
critico da intraprendere di fronte alla
simbologia di propaganda. Ma la
prima cittadina della capitale, che tanto si è profusa nella
'non manutenzione' di
Roma, proprio non vuol ascoltare il consiglio di
Beppe Grillo e, testardamente, non vuol lasciare la poltrona da
sindaco. Le altre città europee mostrano e analizzano i loro
punti di debolezza del passato, realizzando importanti operazioni culturali di
analisi critica del periodo, sia del
nazismo, sia del
fascismo, con i loro crimini e, persino, della
guerra fredda, realizzando
musei di quelle esperienze a monito della follia del potere. Per queste ragioni a
Berlino vi è la
Topografia del terrore e il
Centro della memoria e della Resistenza tedesca; a
Norimberga, il
Centro documentazione delle stragi; ad
Amsterdam il
Museo Anna Frank. Il
Museo del fascismo proposto nella capitale sarebbe stato collegato a un centro studi
"che utilizzi anche le nuove tecnologie, aperto ad un vasto pubblico, e che consideri per tale museo uno dei siti dell'archeologia industriale di Roma", al pari della
Centrale Montemartini. Non ci sarebbe alcun fraintendimento in merito a una proposta culturalmente valida per
Roma, città
medaglia d'oro alla Resistenza: chi sono, dunque, quegli ignoranti che ancora temono i
rigurgiti di quell'era? Ci si rende conto che stiamo parlando della prima metà del
Novecento? Forse, sarebbe più opportuno, giunti a questo punto, istituire un
Museo del fascismo e dell'antifascismo, per chiarire le idee dei visitatori, specialmente delle scolaresche, evitando
ambiguità e
distorsioni.