Giuseppe LorinIl solito 'pasticcio' alla romana. Alcuni esponenti della maggioranza capitolina chiedono l'istituzione di un Museo del fascismo, dato che Roma ha interi quartieri risalenti a quell'epoca e le nuove generazioni vogliono sapere, conoscere la Storia di Roma e d'Italia nell'era fascista: l'espansione coloniale e l'impero in Etiopia, l'importanza delle bonifiche nel territorio pontino e le spianate di Maccarese, il Foro Italico, l'Eur (l'Esposizione Universale Roma del 1942), le case popolari per i cittadini più poveri. A tutto questo, si aggiunga l'opportunismo politico, le varie alleanze e i tradimenti che hanno interrotto il sogno di espansione, così come ribadito da Benito Mussolini e inciso sul Palazzo della Civiltà e del Lavoro: "Un popolo di poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati, navigatori, trasmigratori". Una citazione del discorso tenuto il 2 ottobre 1935 contro le sanzioni minacciate dalla Società delle Nazioni all'Italia, relative all'aggressione dell'Etiopia. Libri, carte, firme, fotografie dell'epoca, contratti vari, registrazioni dell'Istituto Luce, accordi con la Casa Reale di Savoia: tutti documenti che farebbero bella mostra nelle teche di un Museo del fascismo, con poesie di Gabriele D'Annunzio ed Eleonora Duse. Ma il terrore del ventennio è stato superato dal Covid-19: anche questa è Storia, in fondo. L'ignoranza e il negazionismo vanno combattuti con l'istituzione dei musei, strutture che rimangono al pari del Foro romano o degli archi di trionfo. A questi, andrebbe incrementato l'apprendimento dell'Educazione civica, che affini il comportamento critico da intraprendere di fronte alla simbologia di propaganda. Ma la prima cittadina della capitale, che tanto si è profusa nella 'non manutenzione' di Roma, proprio non vuol ascoltare il consiglio di Beppe Grillo e, testardamente, non vuol lasciare la poltrona da sindaco. Le altre città europee mostrano e analizzano i loro punti di debolezza del passato, realizzando importanti operazioni culturali di analisi critica del periodo, sia del nazismo, sia del fascismo, con i loro crimini e, persino, della guerra fredda, realizzando musei di quelle esperienze a monito della follia del potere. Per queste ragioni a Berlino vi è la Topografia del terrore e il Centro della memoria e della Resistenza tedesca; a Norimberga, il Centro documentazione delle stragi; ad Amsterdam il Museo Anna Frank. Il Museo del fascismo proposto nella capitale sarebbe stato collegato a un centro studi "che utilizzi anche le nuove tecnologie, aperto ad un vasto pubblico, e che consideri per tale museo uno dei siti dell'archeologia industriale di Roma", al pari della Centrale Montemartini. Non ci sarebbe alcun fraintendimento in merito a una proposta culturalmente valida per Roma, città medaglia d'oro alla Resistenza: chi sono, dunque, quegli ignoranti che ancora temono i rigurgiti di quell'era? Ci si rende conto che stiamo parlando della prima metà del Novecento? Forse, sarebbe più opportuno, giunti a questo punto, istituire un Museo del fascismo e dell'antifascismo, per chiarire le idee dei visitatori, specialmente delle scolaresche, evitando ambiguità e distorsioni.


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