Fabrizio FedericiNel 2021 ricorreranno i 150 anni dalla nascita (Nuoro, 1871) di Grazia Deledda, l'autrice di 'Canne al vento' ed 'Elias Portolu', premio Nobel per la Letteratura nel 1926. Una scrittrice poliedrica, che tanti critici hanno cercato inutilmente d'inquadrare nei più vari 'filoni' letterari, dal 'verismo' (ebbe, in effetti, le lodi di Luigi Capuana per il suo romanzo del 1896, 'La via del male' e dallo stesso Giovanni Verga) al regionalism; e dal decadentismo all'esistenzialismo, dato anche il suo interesse per Dostoevskij e Tolstoi. La scrittrice e giornalista Neria De Giovanni, presidente dell'Associazione internazionale critici letterari, nonché organizzatrice del premio nazionale 'Alghero Donna' di letteratura e giornalismo, ha pubblicato, di recente, un altro saggio sulla Deledda, a cui già ha dedicato 15 libri: 'Grazia Deledda: corrispondenze giovanili' (Nemapress edizioni). Un lavoro assai approfondito, in cui l'autrice evidenzia la falsità del 'clichè' che vorrebbe la Deledda quasi una "scrittrice per caso", approdata alla letteratura per una serie di circostanze fortuite. In realtà, la scrittrice nuorese iniziò a scrivere a soli 17 anni, pubblicando alcuni racconti: 'Sangue sardo' e 'Remigia Helder' sulla rivista romana 'L'ultima moda', diretta da Epaminonda Provaglio. Sulla stessa testata, in seguito, venne pubblicato, a puntate, il romanzo 'Memorie di Fernanda', mentre nel 1890 uscì sul quotidiano di Cagliari, sempre a puntate, 'L'avvenire della Sardegna' - firmato con lo pseudonimo Ilia de Saint Ismail - il romanzo 'Stella d'Oriente'. A Milano, presso l'editore Trevisini, negli stessi anni fu pubblicato anche 'Nell'azzurro': una raccolta di novelle per l'infanzia. Nel suo saggio, la De Giovanni ricostruisce attentamente, attraverso le sue corrispondenze giovanili, gli esordi letterari e i primi amori della Deledda, a lungo combattuta - un po' come Giacomo Leopardi - tra l'amore per la sua terra natale e l'uggia quotidiana provata nel vivere in un "borgo selvaggio", che non poteva che andarle sempre piu' stretto. Nel 1892 -  vero 'anno-chiave' della Storia d'Italia, che vide la nascita del primo Governo Giolitti, la rivolta popolare dei fasci siciliani, lo scandalo della Banca Romana e la fondazione, al congresso di Genova, del Partito dei lavoratori italiani, il futuro Psi - la Deledda pubblicò sul quindicinale 'La vita sarda', la sua prima recensione riguardante il romanzo 'Vigliaccherie femminili', del giornalista e scrittore Giulio Cesari, nipote di quel Padre Antonio Cesari in passato protagonista di polemiche 'cruscanti' sul purismo nella lingua italiana e amico di Italo Svevo. Fu quello il vero 'primo passo' di un viaggio che porterà gradualmente la Deledda a contatto con l'ambiente cosmopolita e poliedrico della Trieste 'mitteleuropea' della fine XIX secolo e dei primi decenni del XX. La stessa Trieste di Italo Svevo, Umberto Saba, Scipio Slataper, del gallerista e critico d'arte Leo Castelli e di un certo James Joyce, ancora agli inizi della sua parabola. In questo suo lavoro, Neria De Giovanni ha potuto pubblicare - vera 'chicca' filologica - la riproduzione dell'originale (4 fogli scritti fronte/retro) della recensione 'deleddiana' del romanzo di Cesari, donatole nel 2004 dall'avvocato Pasquale Giordano, professionjsta romano e collezionista d'arte che l'aveva avuta, a sua volta, dal prozio Arturo Giordano, a suo tempo in corrispondenza proprio con Grazia Deledda. Sempre all'aspra, quanto nobile, terra di Sardegna, appartiene un'altra autrice, che ha pubblicato di recente, sempre con Nemapress, il romanzo: 'La magia dei ricordi nascosti'. Si tratta di Maria Teresa Petrini, medico e docente di geriatria all'Università di Cagliari, membro dell'Amsi, l'associazione dei medici-scrittori italiani eletta, nell'XI legislatura, consigliere regionale e poi presidente della commissione Cultura del Consiglio regionale sardo. Un lavoro che trasporta il lettore nella Sardegna di oggi, sospesa tra sviluppo tecnologico e fascino del suo millenario passato straordinario di carattere etnologico e di spinte indipendentiste: la Sardegna di Gavino Ledda, delle miniere del Sulcis e di Graziano Mesina. Sì, perché al centro del romanzo c'è la vicenda di un sequestro di persona subìto da Anna Marchi, medico originario di un paesino della Barbagia, improvvisamente rapita da professionisti del sequestro per torbidi interessi politici. In uno scenario da film e con tecnica, per l'appunto, cinematografica, la Petrini narre le peripezie di Anna Marchi, suo possibile 'alter ego', indulgendo a un 'joyciano' "giocare a rimpiattino" con sogni e ricordi.


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