"Ogni famiglia ha la sua croce", recita un antico adagio. Ma è proprio così? Siamo sicuri che la nostra
infelicità sia un qualcosa di
ereditario, di
naturale, una sorta di
destino da cui è impossibile riuscire a
sfuggire? Questo sembra essere il
punto di arrivo del romanzo di
Mariantonia Avati, dal titolo
'A una certa ora di un dato giorno', edito da
'La nave di Teseo'. Ma queste considerazioni, in realtà, sono un nuovo
punto di partenza. Siamo sicuri che non ci sia in noi un qualcosa che ci porta a
sbagliare, una nostra
percentuale di errore, l'incapacità di
accettare una verità che ci riguarda? Si dice che gli
amori infelici si
somiglino tutti, così come le
famiglie litigiose, male assortite. Può darsi. Ma la questione è assai più delicata e complessa, come ci suggerisce questa autrice. E ha a che fare anche con il nostro
'Io' individuale, quello più personale e interiore. In queste cose, un
manuale che ci insegni ad
amare o a dare vita a una
famiglia felice non esiste. E di fronte
all'amore, siamo tutti quanti un po' costretti a
imparare a nostre spese. Ecco allora un primo principio che la
Avati, in questo libro, ci indica intelligentemente: bisogna saper imparare anche dagli
errori degli altri. La realtà non è tutta dipinta unicamente
intorno a noi. Se il rapporto tra i nostri genitori è stato
litigioso o addirittura
disastroso, non possiamo dare la colpa di questo esclusivamente a un elemento della coppia. E anche
da figlie, si debbono cogliere degli elementi da tenere ben presenti, se si vogliono evitare gli stessi
errori nella
generazione successiva. In secondo luogo, in amore si deve essere
aperti, se si vuole veramente apprendere le numerose
lezioni che l'amore stesso ci fornisce. Una delle quali, molto importante, è che
l'amore può finire, non è
eterno, se non in rari casi. E se la persona che abbiamo scelto come
compagno di vita non è più la stessa di una volta, non sempre sono i
problemi che ha incontrato ad averlo cambiato. Certe volte,
siamo noi che non vogliamo
accettare la realtà. E altre volte, non vogliamo ammettere di
esserci sbagliate, anche per molto tempo. Si può imparare a evitare certi
errori, in
amore? E' questa la
vera domanda che quest'autrice ci pone. Una domanda che avrebbe una risposta
chiara, laica e
secolarizzata: sì, se riusciamo a
liberarci dalle tante
'gabbie' che certi
modelli culturali 'imposti', preconfezionati dai nostri
retaggi, ma anche dalla
subcultura che ci circonda, quella della
televisione e dei
medium di massa, costruiscono attorno a noi;
sì, se riusciamo a comprendere che anche il
singolo individuo deve saper accettare i propri
errori e avere il coraggio di
ricominciare, sempre e comunque. Insomma, un'affermazione
doppia, biunivoca, perché ci sono
'gabbie' che la società ha creato per chiuderci nei consueti
recinti dell'infelicità, ma ci sono anche
'gabbie' che
noi stessi creiamo attorno a noi. Per
paura, ingenuità ed
egoismo. Il nostro percorso di
maturazione individuale, anche in un argomento complesso come quello
dell'amore, è dunque
soggettivo. E rinchiudersi nel consueto
'fatalismo' di massa non ci sottrae dalle nostre
responsabilità.L'autriceMariantonia Avati nasce a Bologna nel 1966. Ancora bambina, si trasferisce a Roma assieme alla famiglia. Parallelamente agli studi di Psicologia e di Storia medievale, comincia a lavorare come aiuto regista, soggettista e sceneggiatrice. Si occupa, in seguito, di produzione cinematografica. Con il marito, Andrea Scorzoni, fa nascere la 'Matteo Cinematografica', società per la quale realizza, come regista, la pellicola cinematografica: 'Per non dimenticarti'. Al film fanno seguito altri due lungometraggi e serie televisive, oltre ad alcuni documentari. Ha esordito come autrice nel 2018, con 'Il silenzio del sabato', opera anch'essa pubblicata da 'La Nave di Teseo'.