Fare di ogni problema
un'opportunità. "Quando l'epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che, per anni, lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge o al partner. Di mettere al mondo un figlio o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di avere fede in lui. Ci sarà chi, per la prima volta, si interrogherà sulle scelte fatte, sulle rinunce, sui compromessi. Sugli amori che non ha osato amare. Sulla vita che non ha osato vivere" (David Grossman). Dopo questo periodo di
profonda riflessione, quando le immagini in tv ci hanno tenuti ancorati all'appuntamento delle
18.00 con il
bollettino dei morti in
italia e nel
mondo, dove siamo stati costretti a seguire
regole non sempre attuabili e
riprogrammare tutta la vita dall'oggi al domani, ci è venuto in mente un
film, tratto da un romanzo omonimo:
'I ponti di Madison County'. Meraviglioso il film, toccante il libro. Attualissimo, ripensando all'esperienza
Covid e allo
strumento tecnologico, così tanto odiato o amato, che ci rende lontani seppur vicini e viceversa. Sì perché, nonostante chiunque possa dire che non c'è
apprendimento senza
relazione, è indiscutibile il fatto che senza tutti questi strumenti poco conosciuti dalla massa, come
'zoom', 'meet' e tutte le piattaforme tecnologiche e digitali per la
didattica a distanza, ci hanno permesso di
vivere, lavorare, sentirci vicini seppur
lontani e chiusi in quattro mura. E' cambiato il
paradigma dell'ambiente di apprendimento per come lo conoscevamo fisicamente. E anche gli
approcci didattici. Nonostante il
Dlgs n. 66/2017 abbia riformulato, attualizzando e inserendo nuovi acronimi e nomi, in sostanza poco è cambiato. Tra l'altro, il
Dlgs. n. 66 ha dimenticato tutta l'ampia categoria di
discenti speciali, ossia tutta l'altra metà del cielo. I
Bes (Bisogni educativi individuali, ndr) e le
eccellenze. Siamo tutti
speciali. Ed è quello che ci rende unici e irripetibili. Tutti dovrebbero capire l'essenza di
'Madison County', quel ponte invisibile, che va
al di là dell'amore tra un uomo e una donna, poiché tocca tutte le sfumature del sentimento. E una delle forme più belle di
amore è quella per
l'insegnamento e per ogni
alunno nella sua
speciale persona. Ma quello che rende unico l'amore è
l'incompiutezza. Tutti i più
grandi amori sono quelli non finiti, quelli
interrotti. Come quello che stiamo vivendo e abbiamo vissuto durante la pandemia da
coronavirus, in momenti
tragici e serate
assurde. Un
distacco forzato, che ci ha reso quasi doppiamente impotenti di fronte a questo
'mostro' silente e
mortale, che ci ha condotti
sull'orlo della disperazione. Noi
docenti abbiamo tanti
'amori', tanti
'figli', tanti
'legami' da proteggere e far crescere tutti i giorni: quelli con i nostri
studenti. Il senso di vuoto e di lontananza è stato ancora più forte durante il
Covid-19. O, almeno, lo è stato per me. Ed ecco il paragone calzante con il film: questi
'amori' vivono tutti in
'Madison County'. E non è un caso se lì ci siano degli
'strani ponti', per metà coperti. I
ponti uniscono, nascondendo agli occhi del mondo il contatto fra le anime che si incontrano, seppur virtualmente. E ora quel
ponte, per non sentirci distanti dai nostri alunni, colleghi, amici, parenti e che ci unisce ancora di più a loro, si chiama
'Dad': padre, per l'appunto. Forse, un
padre virtuale, non materiale ma presente, che ci consente di rimanere legati, seppur a distanza. Utilizzare, inoltre,
l'ambiente virtuale e
immersivo di
apprendimento a
scuola, in modo consapevole, permetterebbe di poter far vivere, sempre, quel
contatto con la realtà che, per un motivo o per l'altro, queste persone hanno perso. L'incremento
dell'edutainment (intrattenimento educativo, ndr), l'utilizzo dei
visori, la possibilità di entrare in un mondo seppur
artefatto, fisicamente, renderebbe l'esperienza di apprendimento, per coloro che ne sono estranei, per svariati motivi, un qualcosa che potremmo tornare tutti a
vivere. Anche per chi ha perso la propria
'libertà'. Pensiamo nelle
scuole carcerarie o negli
ospedali, come nella
riabilitazione 'neurocognitiva', cosa potrebbe apportare una soluzione di
immersività di apprendimento come
commistione (e non già come
soluzione) alla
didattica in presenza. Meraviglioso, no?