Salutare per l'ultima volta l'amico
Alfredo Biondi non è una cosa semplice, per il sottoscritto. Egli fu uno dei primi esponenti politici a individuarmi per la mia
"autentica passione civile", come scrisse una volta, in una lettera a me indirizzata. E fu anche un vero
maestro di liberalismo, inteso nel senso più nobile del termine, cioè nella sua matrice
'crociana' e
'gobettiana', sicuramente
antifascista. Un uomo di un'altra
classe e di un altro
'stampo'. La sua era una visione pienamente
razionalista e
illuminista: un'idea di società che
l'Italia ha sbagliato a gettare via, come se si vergognasse di un
'pezzo' della propria Storia. Ovviamente,
'Alfredone' mi iscriveva, quasi sempre, nella
'catena' culturale
De Sanctis, Croce, Gramsci: in una parola, sotto la formula della
"funzione liberale della classe operaia". Ma non mi ha mai scambiato per un
"operaio della politica", come invece si diceva in giro. Secondo
Alfredo, io ero tecnicamente un
poeta. Non uno scrittore, né un giornalista, bensì un poeta che evoca la
cultura, anche la
cultura liberale, per una profonda nostalgia verso i
'massimi sistemi', "che invece sono quelli", sottolineava,
"che occultano sempre, al loro interno, le più gravi distorsioni". Tutti, oggi, lo ricordano per la
'verve' e alcune illuminanti
battute, poiché la nostra
retorica ha sempre avuto questa stravagante manìa
dell'ipse dixit: una contaminazione totalmente
cattolica, ovviamente. Ma
Alfredo Biondi è stato molto più di una battuta, soprattutto per la sua profonda conoscenza del diritto: un
'avvocatone' il quale riteneva possibile che la norma giuridica potesse inverarsi nel cuore dell'uomo. E in questa nostra
'ingenua fede' ci ritrovavamo pienamente. L'appiattimento del
liberalismo sull'antica
'mala erba' qualunquista ci avverte di un passaggio, ormai definitivamente avvenuto,
dall'elitismo arcadico alle
culture di massa. Ma anch'io, oggi, esattamente come
Alfredo Biondi, giudico criticamente questo
'annacquamento' culturale del nostro Paese, che lo ha rinchiuso in un
propagandismo tanto
astratto, quanto
inefficace. Non c'è più alcun collegamento tra
teoria e prassi in
Italia, a causa della profonda divaricazione venutasi a creare tra
politica 'alta' e
movimentismo 'liquido', il quale ci espone pericolosamente alle
'onde' più disparate, provenienti da tutte le direzioni. In buona sostanza,
Alfredo Biondi è stato un
liberale coerente, in una società in cui tutti
dicono una cosa e poi
ne fanno un'altra. Spesso, totalmente
opposta rispetto a quella affermata come
tesi di principio.