Le
mascherine, introvabili all'inizio dell'emergenza sanitaria, divenute ormai parte integrante del nostro guardaroba, vengono troppo spesso trovate
abbandonate per terra. L'utilizzo dei
dispositivi di protezione individuale è ancora
obbligatorio in molte
regioni d'Italia e
raccomandato dagli esperti (in determinate circostanze), in quanto efficaci strumenti in grado di limitare la diffusione del
Covid-19. Tuttavia, rischiano di creare non poche difficoltà, nel mentre ne mitigano altre. Perchè questi
'accessori', laddove non siano riutilizzabili, andranno correttamente smaltiti, per evitare di divenire un nuovo, ulteriore, accumulo di
spazzatura capace di intossicare un
ecosistema già sofferente. Secondo un recente studio elaborato dal
Politecnico di Torino, per sostenere la ripartenza delle imprese italiane si è calcolata la necessità di circa
1 miliardo di
mascherine al mese, oltre
9 mila metri cubi di
gel igienizzante, 456 milioni di
guanti, 2,1 milioni di
termometri, 250 mila cuffie per contenere i capelli lunghi. Numeri impressionanti, emersi dal progetto
'Imprese aperte, lavoratori protetti', "ottenuti", come ha spiegato
Guido Saracco, Rettore dell'ateneo torinese,
"stimando i bisogni delle imprese piemontesi e moltiplicando infine i valori ottenuti per 12". Eppure,
l'Istituto per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra), secondo le cui stime fino a fine anno il sistema italiano di
smaltimento dovrà gestire una mole di rifiuti connessi all'uso di
mascherine e
guanti compreso tra le
150 mila e le
450 mila tonnellate di materiale, ritiene che il sistema impiantistico italiano sarà in grado di assorbire questa mole di lavoro,
"perchè i quantitativi stimati sarebbero compensati da una riduzione dei rifiuti urbani del 10%, corrispondende a circa 500 mila tonnellate in meno", come riferito dal direttore generale,
Alessandro Bratti, nel corso dell'audizione tenutasi lo scorso
7 maggio in videoconferenza presso la
Commissione Ecomafie. Commentando le
stime dell'Ispra, il presidente della Commissione Ecomafie,
Stefano Vignaroli, ha espresso preoccupazione sull'abbandono dei
Dpi (Dispositivi di protezione individuale, ndr) a
terra. Purtroppo, la giustificata apprensione iniziale è tristemente confermata dall'evidente realtà: sono molte le
mascherine gettate a terra dopo l'utilizzo,
'dimenticate' lungo strade, marciapiedi, parchi e parcheggi,
'seminate' nei pressi di ospedali, supermercati o farmacie. La
diligenza con cui gli italiani hanno seguito le prescrizioni di questi ultimi mesi, adottate per contenere il contagio, sembra essersi
affievolita nel momento in cui, riducendosi il pericolo sanitario, ci si appresta a un graduale ritorno alle quotidiane attività. Lo
slogan 'martellante' #iorestoacasa, che ci ha accompagnati durante il periodo del
'lockdown', esortandoci a tenere un atteggiamento socialmente responsabile al fine di tutelare la nostra salute e quella dei nostri cari (forse più funzionale alle
esigenze del momento, che promotore di
valori condivisi) sembra, ormai, un lontano ricordo. Ma un
'incantesimo' fiabesco dall'effetto limitato nel tempo, in grado di
'risvegliare' nuove virtù e senso di responsabilità individuale, oggi purtroppo rivela la sua
vera 'natura', lasciando il posto alle
'zucche vuote' e alla
'tradizionale' incuria di questi
'fenomeni', pronti a disperdere nell'ambiente materiali che potrebbero essere veicolo di
potenziale contagio, oltre a risultare dannosi per
l'habitat in cui viviamo. A questo proposito, vien da chiedersi - anche limitatamente, cioè a scopo d'indagine - se sia opportuno realizzare una nuova campagna informativa altrettanto persuasiva. Tra i provvedimenti adottati dai diversi comuni, le
multe 'salate' a chi disperde nell'ambiente i
Dpi dovrebbero intimorire i trasgressori. Sia
Legambiente, sia il
Wwf hanno lanciato appelli per promuovere una maggiore attenzione, tanto da parte della cittadinanza, quanto delle istituzioni, al fine di evitare gravi
ricadute ambientali e altri
problemi sanitari, posto che le
particelle infettanti possano rimanere nello strato interno delle
mascherine chirurgiche anche oltre i
quattro giorni, come si evince da un documento pubblicato
dall'Istituto superiore di Sanità. Il
Wwf, basandosi sulle stime del
Politecnico di Torino, ha inoltre ipotizzato che anche solo
l'1% dei materiali dispersi non venisse
smaltito in modo adeguato e disperso in natura, si avrebbero
10 milioni di mascherine e oltre
40 mila chilogrammi di plastica al mese dispersi nell'ambiente:
"Così come i cittadini si sono mostrati responsabili nel seguire le indicazioni del governo per contenere il contagio restando a casa", ha rimarcato la presidente di Wwf Italia,
Donatella Bianchi, "ora è necessario che si dimostrino altrettanto responsabili nella gestione dei dispositivi di protezione individuale, che vanno smaltiti correttamente e non dispersi in natura. Il Mediterraneo", ha inoltre sottolineato la
Bianchi, "già ogni anno deve fare i conti con 570 mila tonnellate di plastica: è come se 33 mila 800 bottigliette di plastica venissero gettate in mare ogni minuto". Nel tentativo di arginare l'inciviltà di alcuni individui e contrastare il fenomeno dell'abbandono indiscriminato di questi
'nuovi rifiuti', alcuni comuni (ancora pochi) hanno installato
appositi contenitori per la
raccolta di guanti e
mascherine usati. Tuttavia, in assenza di
raccoglitori dedicati a questa tipologia di rifiuti,
mascherine e
guanti vanno gettati
nell'indifferenziata. L'appello a una maggior
coscienza civica deve comunque fare i conti con l'ostinazione di alcuni che, ancora oggi, preferiscono
strade isolate o gli
argini di un fiume per disfarsi dei
rifiuti di tutti i giorni, anche ingombranti, come vecchi divani e frigoriferi.
L'egoismo e la totale
mancanza di rispetto di alcuni individui nei confronti degli
altri e
dell'ambiente, rischiano di compromettere ulteriormente la salute dell'intero
globo terrestre e di vanificare i
risultati fino a ora raggiunti, rappresentando, di fatto, una grave minaccia per la nostra
salute. E soprattutto, per quella delle
generazioni future.