Indubbiamente, anche nel campo della
moda la nuova fase
post coronavirus non è semplice. Da una parte, si sta ragionando in termini
minimalisti: linee più semplici, tessuti ecosostenibili, tinture naturali,
capi 'passepartout' buoni per il giorno, ma anche per la sera. Dall'altro, c'è chi vorrebbe reagire tramite una sorta di
'colpo di reni', rilanciando un'idea di
lusso che potrebbe apparire
azzardata, oltre che
distante dalla realtà. Noi consigliamo all'intero settore
sobrietà e
razionalità: una
rigida eleganza, quasi
severa, che ci riporti alle origini delle nostre ispirazioni più
sorprendenti, nello stile di
Coco Chanel. Perché nel campo delle
nuove tendenze è
l'idea sorprendente quella che colpisce, senza apparire
bislacca o
strampalata, adatta solamente per alcune
serate particolari o
a tema. Non stiamo affatto consigliando la
'decrescita felice', insomma. Stiamo semplicemente riflettendo intorno a una
ripresa che possa essere percepita anche dalle
persone comuni, tenendo conto delle difficoltà del momento, tra
smart working e
portafogli di
'corto respiro'. La pandemia da
Covid 19 è stata un
trauma. Essa non solo ci ha riportati all'idea che c'è sempre uno spazio della
natura e della
realtà esterna che può incidere profondamente sulla vita delle persone, a prescindere dalle loro
qualità individuali. Il
dominio dell'uomo sugli eventi della
natura è anch'esso un concetto
relativo, perché se così non fosse, non si potrebbe nemmeno parlare di
filosofia. Ci sono fatti e accadimenti che non sono generati dagli
atti del
singolo individuo, buoni o cattivi che siano, bensì capitano
per conto proprio. Ciò non significa di certo abbandonarsi al
giustificazionismo, o a un
autocompatimento che può anch'esso lasciare il tempo che trova. Più semplicemente, siamo in una fase di autentico
disorientamento, in cui tutti ci sentiamo
meno forti di prima. Ma ciò può anche favorire un certo
spirito 'sperimentale', quasi
d'avanguardia, capace di mettere in campo nuove idee senza per forza andare a ripescare
vecchi capi nell'armadio. Attenzione, dunque, ai
moralismi, che sono sempre in agguato e non corrispondono affatto
all'etica. La quale, invece, è sempre
'extra-morale'. Ben venga, dunque, una moda più attenta alle
esigenze dell'ambiente, compatibile con alcuni fondamentali criteri di
sostenibilità. Ma senza eccedere nel senso opposto, magari rilanciando
camicie 'hawaiane' anni '80 o combinazioni
'arlecchinesche' che, allora, erano frutto di una
fase di euforia. Può essere, invece, una buona idea tornare a giocare con la
complementarietà dei colori: una
cravatta gialla, elegante e non troppo accesa, può tornare a comparire su una
bella camicia blu. E le ragazze
rosse di capelli possono anche tornare a quegli
incroci con i
verdi, senza ricondurci col pensiero alla nostra
bandiera nazionale. Insomma, è lo spirito di
Coco Chanel quello che ci manca: fu lei a rilanciare il settore della
moda dopo l'abisso della seconda guerra mondiale. Fu lei l'indomita e indomabile che, anche di fronte al
disastro, seppe
ricominciare da zero. Eleganza e semplicità, dunque, ma anche il coraggio di
osare, di
ricominciare. Con più attenzione, certo. E senza
improvvisazioni stucchevoli. Quel che conta è la consapevolezza di non poterci più appiattire sulle banali regole della
produzione 'standard', che annulla la personalità individuale generando
un'inflazione del pensiero, anziché della valuta che siamo tutti quanti costretti a trattenere. Se si vuole che un mercato si riprenda, la gente dev'essere invogliata a spendere.
'Cum grano salis', certamente, ma evitando di illuderla sull'esistenza di una
'macchina del tempo', che possa riportarci tutti quanti indietro.
La nostalgia non paga. E genera solamente tentativi
esteticamente inguardabili. Il passato certamente è utile e dev'essere senz'altro
rivalutato. Ma deve trattarsi di un passato
'attualizzato'. Altrimenti, esso
non c'insegnerà mai nulla.