Un processo dalla portata potenzialmente
storica. Due imputati:
Anwar Raslan e
Eyad al Gharib, ex agenti dei servizi di intelligence di
Bashar al Assad. E
24 vittime pronte a testimoniare. Gravissimi i capi d'accusa:
violenza, tortura, crimini contro l'umanità. Fra
l'aprile 2011 e il
settembre 2012, gli anni in cui
Raslan e
Gharib hanno lavorato all'interno della
'Sezione 251' dell'Idarat al-Mukhabarat al-Amma di
Damasco, dove
58 persone sarebbero rimaste uccise e
4 mila sarebbero state vittime di
violenze, stupri e
percosse. "Per la prima volta nella Storia, è stato indetto un processo che potrebbe gettare luce sugli orrori commessi per più di dieci anni in Siria". Così
Anwar al Bounni, avvocato per i diritti dei siriani, vittima in prima persona della
"macchina del regime" - così lui la chiama - fra il
2005 e il
2010 "imprigionato e torturato" a causa del suo lavoro. Lunedì
18 maggio, nel pomeriggio, il principale imputato,
Anwar Raslan, si è presentato davanti al giudice per difendersi. A raccontare lo svolgimento di questa delicata fase del processo è
Joumana Seif, avvocato e attivista per i diritti delle donne in
Siria, vicina a
17 delle presunte vittime.
"L'avvocato di Anwar Raslan", ha dichiarato la
Seif, "ha tenuto un'arringa di quasi due ore, 45 pagine di discorso per negare ogni capo d'accusa. Si preannuncia un processo molto lungo. Ora, bisognerà verificare uno per uno tutti e 24 i casi, ma confidiamo che le prove schiaccianti dei crimini commessi da quell'uomo porteranno alla sua definitiva condanna. Ci vorrà del tempo", rincara
Al Bounni, "ma alla fine la verità verrà a galla e sarà sotto gli occhi di tutti". Secondo l'avvocato e attivista, dal
23 aprile - data di inizio del
processo di Coblenza - migliaia di siriani hanno ricominciato a sperare nella possibilità di una qualche forma di
giustizia in un Paese, il loro, troppo spesso dimenticato dalla comunità internazionale.
Anwar Raslan non è, infatti, una pedina qualunque della complessa
'macchina' del regime siriano. Per alcuni anni, ne è stato il
'cuore' in quanto funzionario di alto grado di
Assad e capo della
divisione di intelligence di
Damasco in cui, presumibilmente, sono stati commessi e perpetrati crimini gravissimi. Quanto al secondo imputato,
Eyad al Gharib, anche lui faceva parte della
'Sezione 251', ma a un livello inferiore rispetto a
Raslan. La portata di questo processo, reso possibile in virtù della
'Giurisdizione Universale' attiva in
Germania, trascende i due imputati. Trascende persino
Anwar Raslan. "Quello che conta davvero non sono gli uomini, ma il sistema", spiegano
Al Bounni e
Joumana Seif, "un sistema che ha permesso lo sterminio di centinaia di migliaia di innocenti per oltre dieci anni". Se il caso fosse stato portato innanzi alla
Corte penale internazionale, "il Consiglio di Sicurezza dell'Onu avrebbe molto probabilmente posto il veto", spiega ancora
al Bounni. Questo a causa della presenza, all'interno del
Consiglio di Sicurezza, della
Russia, storico alleato della
Siria di
Assad e della
Cina. La
'Giurisdizione Universale' - adottata in
Europa da
Belgio, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e
Irlanda - permette di processare, sulla base di
crimini gravi come quelli
contro l'umanità, qualsiasi persona a prescindere dai criteri giuridici classici: nazionalità dell'imputato, nazionalità della vittima, luogo in cui si è commesso il crimine. La speranza degli attivisti e dei
24 testimoni è che
Coblenza rappresenti un dibattimento
'apripista' per un processo molto più lungo, che potrebbe condurre alla messa sotto accusa dell'intera
'macchina' governativa di cui
Assad si sarebbe servito per mantenere il potere.