La recente pandemia da
coronavirus ha dimostrato l'esistenza di un
tempo biologico, di uno
sociologico e di uno
psicologico. E che tutto viene influenzato dalle nostre
scelte personali. Ma al di là delle analisi scientifiche, esistono anche altri fattori che determinano la nostra vita, dettati dal
'modus vivendi' del singolo individuo. Innanzitutto, molte decisioni sono influenzate dalle abitudini e dalla vita che si vive. Ci sono, per esempio,
sessantenni che vivono come fossero
'teenager' e
giovani che osservano il mondo come se fossero già
anziani. Pertanto, fare le
scelte giuste e nel
momento opportuno è fondamentale per dare una direzione alla propria vita. Alcuni nostri conflitti interiori, insieme a giudizi o sollecitazioni che provengono dagli altri, impediscono di
riflettere in profondità. I giovani, in particolare, manifestano diverse
fragilità, pur restando
aperti, disponibili e
generosi. Non sono più prigionieri delle
ideologie come in passato, ma aspirano ad avere
rapporti autentici. Essi sono alla ricerca della
verità, ma non trovandola nella realtà, sperano di scoprirla
dentro di sé. Un simile atteggiamento li predispone a
ripiegarsi sulle proprie
sensazioni e
sull'individualismo, mettendo al proprio servizio i
legami sociali e il senso
dell'interesse generale. Anche se il contesto ambientale spesso non li aiuta a sviluppare una vera e propria
dimensione spirituale, sono pronti a impegnarsi per alcune
grandi cause. I giovani vogliono diventare
psicologicamente autonomi, cercando di
affermare il proprio io. Ognuno ha bisogno di sentirsi se stesso e di prendere le distanze dall'educazione ricevuta o dalle pressioni sociali. Tutte caratteristiche che li predisporrebbe a essere inseriti socialmente nel campo degli
studi o in
un'attività professionale. Ma quasi sempre finiscono col ritrovarsi, fatalmente e per lunghi periodi di tempo, in condizioni assai precarie:
disoccupazione, instabilità psicologica, comportamenti indiscriminati e numerosi
problemi di vita. Essi esprimono spesso il desiderio di acquistare fiducia in se stessi, vorrebbero liberarsi dei dubbi sull'esistenza e dalle paure. A volte, chiedono l'aiuto dei
genitori, ma si tratta di una condizione che provoca
disagio. La maggior parte continua a vivere nella
casa paterna, mentre quelli che hanno tentato di andare a vivere da soli, spesso sono, ancora oggi,
dipendenti dai genitori. In più, si ritrovano ad avere a che fare con una società che li considera
giovani sino ai 40 anni e oltre, per poi improvvisamente
fare a meno di loro: una logica di
'masticazione' e di
'sputo', nei loro confronti, da parte del
mondo del lavoro. Tutto questo predispone a vivere in un
mondo virtuale, senza contatti con una
realtà deprimente e con
persone che deludono. Ciò ha condotto due intere generazioni a perdere ogni riferimento sociale e senso di appartenenza. E sono queste le cause del crescente
individualismo 'atomico', divenuto il nuovo
conformismo del terzo millennio. Ci troviamo, insomma, all'interno di un
fenomeno paradossale, che colpisce quasi tutte le aree culturali: da un lato, si vogliono rendere i giovani
autonomi il più presto possibile; dall'altro, adolescenti e, soprattutto,
'post adolescenti' stentano ad attuare le operazioni psichiche della
distinzione e della
separazione. Tutto ciò è diretta conseguenza di
un'educazione contemporanea, che produce soggetti troppo
'attaccati' alle persone e alle cose. Durante
l'infanzia, i desideri e le attese dei giovani sono stati talmente
sollecitati, a scapito della realtà esterna e delle esigenze obiettive, da far credere loro che tutto potesse essere
manipolato in funzione dei propri
interessi soggettivi. Successivamente, all'inizio
dell'adolescenza, in mancanza di risorse sufficienti e di un sistema di
'puntelli' culturali, essi tentano di sviluppare legami di dipendenza in rapporti di gruppo o di coppia. Passano, cioé,
dall'attaccamento ai genitori a quello
sentimentale, restando sempre nella stessa
'economia affettiva', interamente basata su
desideri e
bisogni di possesso. Un'educazione troppo incentrata sul
benessere affettivo a scapito della realtà, delle conoscenze, dei codici culturali e dei valori morali, che non ha aiutato la
costruzione interiore delle persone e che ha finito col favorire
l'espansione 'narcisistica' anziché un vero e proprio sviluppo della
personalità, conducendoli ben presto alla
superficialità. Alcuni non hanno mai imparato le regole della
convivenza sociale, da quelle del
codice stradale ai
riti della
vita familiare e
sociale. Tutto questo è soprattutto colpa degli
adulti, che hanno fatto di tutto affinché ai propri figli non mancasse mai nulla, inducendoli a credere di poter soddisfare tutti i propri
desideri confondendoli con i
bisogni. Ma lo scopo dei
desideri non è quello di essere
realizzati, bensì di costituire una
fonte d'ispirazione, un
obiettivo, un
traguardo. Non avendo fatto
l'esperienza della 'mancanza', da cui i desideri vengono elaborati, molti giovani diventano
'adulti incerti', che fanno fatica a differenziarsi e a distaccarsi dagli abituali oggetti di riferimento, per vivere una
vita propria. Crescere significa
separarsi psicologicamente, abbandonare
l'infanzia e
l'adolescenza. Ma per molti, una separazione di questo genere diviene difficile, perché gli
spazi psichici tra genitori e figli si sono ristretti, fin quasi a confondersi. E quelli che hanno cercato di fare qualche
passo in avanti, spesso vengono indicati come
adulti pur non risultando coinvolti nel mondo della maturità: interiormente, vivono momenti di
angoscia terribile, mentre all'esterno vengono percepiti come persone che hanno ormai raggiunto un proprio grado di
equilibrio e di
maturità. Ecco il perché di molti
fatti di cronaca, spesso anche
efferati, attuati da
soggetti inaspettati, a lungo considerate persone normalissime, se non
irreprensibili. Infine,
l'allungamento della vita media lascia supporre che l'individuo abbia tutto il tempo per prepararsi e impegnarsi nell'esistenza. Ma tale
speranza di vita, oltre a fungere da
'tappo generazionale' in molte professioni, crea la convinzione per poter
'restare giovani' a lungo, intendendo la giovinezza come un periodo della vita da
'congelare' nel tempo, nell'illusione che la
'porta' delle opportunità e delle disponibilità sia sempre
aperta. Ma una gioventù così
prolungata provoca solamente
indeterminatezza nelle scelte di vita. Alcuni preferiscono rinviare tali scelte, al fine di
ritardare l'ingresso nella vita adulta e non dover assumere impegni definitivi. Non interrogandosi sui loro
problemi d'autonomia, non si sentono obbligati a fare scelte fondamentali. D'altro canto, in diversi settori della società si nota una forte tendenza alla
sperimentazione: così i giovani possono lasciare la famiglia, ma ritornarvi dopo un
insuccesso o una difficoltà. La differenza principale, rispetto alle generazioni precedenti, consiste nella propensione a
vivere contemporaneamente diversi aspetti della vita. Aspetti, alcune volte, in
stridente contraddizione tra loro, privi di ogni
gerarchia tra
bisogni e
valori. Altri, invece, sono dipendenti dal bisogno di fare esperienze, poiché a causa della mancata trasmissione di valori e insegnamenti, si crede che tutto sia da scoprire o, addirittura, che si possa
'inventare'. Per tutti questi motivi, spesso i nostri giovani presentano
un'identità vaga, flessibile di fronte alla molteplicità delle sollecitazioni contemporanee. Se, da un lato, la società moderna ha diffuso l'idea che l'uomo sia artefice del proprio destino e possa determinare, attraverso le proprie decisioni, la sua stessa esistenza, dall'altro non sempre
scegliere risulta così
facile, poiché ciò implica
un'assunzione di responsabilità. In buona sostanza, molte persone sono
bloccate dalla paura di prendere una decisione, per le possibili conseguenze che ne possono derivare.
PERCHE' E DA COSA MOLTI GIOVANI SONO 'FRENATI'I principali motivi che frenano molte persone dal fare delle scelte, in genere, sono:
a) disporre di troppe alternative: quando si hanno a disposizione varie opzioni tra cui scegliere, la mente va in confusione, per via di un eccesso di informazioni e della mancanza di criteri chiari su cui valutare ogni opzione;
b) perfezionismo: spesso si diviene troppo esigenti con se stessi e ci s'impone di dover fare sempre la scelta migliore, temendo di sbagliare. Si finisce così con l'evitare di prendere una decisione, per non commettere errori e per il timore di non essere all'altezza;
c) eccessi di razionalismo: se le scelte si fondano su ragionamenti esclusivamente razionali, si soffocano le emozioni e l'istinto, che sono parte integrante dell'Io;
d) eccesso di emotività: è il caso opposto, cioè quello di scelte affidate soprattutto alle proprie sensazioni, le quali, per natura, sono mutevoli;
e) dare un peso eccessivo alle conseguenze: ogni scelta ha innegabilmente un effetto sulla nostra vita. Ma se anche è vero che nessuna decisione dev'esser presa con leggerezza, è altrettanto vero che non bisogna dare troppo peso all'impatto di decisione sulla nostra vita. Raramente le decisioni prese sono irreversibili: quasi sempre esiste la possibilità di fermarsi, cambiare idea o intraprendere una nuova 'strada'.
CONCLUSIONI
Seguire il cuore e l'intuizione non vuol dire prendere
decisioni avventate. Ogni scelta andrebbe presa in un momento di calma, in cui si è in grado di riflettere lucidamente e serenamente. Lo stress della vita quotidiana, invece, induce a pensare eccessivamente, o a perdere di vista gli
'obiettivi finali', concedendo troppo spazio a dettagli minimali o ininfluenti. E' inoltre importante saper distinguere quel che
merita una riflessione da ciò che, viceversa,
'inquina' la mente di un giovane o di un
'meno giovane', offuscandola e sovraccaricandola di tensioni. Non sempre si fa la
scelta giusta, ma non per questo ci si deve demoralizzare. Al contrario, occorre
imparare dai propri errori, ascoltare le opinioni altrui e, al contempo, prendere una decisone in totale
autonomia e
consapevolezza: qualunque sia la scelta fatta, essa non determina mai
l'intero corso della vita. E, nel caso si cambi idea, si può sempre trovare un modo per
rimediare, dato che solamente gli
'stupidi' non rielaborano mai le proprie convinzioni.