Purtroppo, l'argomento è
tragico. E le conseguenze di tutte le analisi possibili che si possono fare sono abbastanza impietose, a parte la stima per le alte professionalità, la serietà e il sacrificio di tante persone.
L'Italia è il terzo Paese al mondo per
morti e
contagiati da
coronavirus. Non è una nota di merito, tutt'altro. Forse, sarebbe il caso di cominciare a chiedersi cosa è
andato storto, anziché raccontarci la
favola che siamo stati
i più bravi e che tutti hanno seguito il nostro esempio nelle
'chiusure all'italiana'. E' vero che molti Paesi hanno cercato di seguire il nostro esempio, quello delle chiusure pressoché totali. Ma oggi non si trovano
granché bene neanche loro. E altri non lo hanno fatto affatto, superando assai meglio di noi
l'ondata di 'picco' dell'epidemia. Come quasi tutti i
Paesi nordici, che hanno
contenuto il virus meglio di noi e stanno già uscendo dall'emergenza. Cosa non ha funzionato dunque? Con la premessa che non si vuole affatto dar vita a un
processo politico, a cui non siamo affatto interessati, qui si criticano le decisioni del
Governo e il mal funzionamento degli
apparati dello Stato e della
sanità. Cerchiamo di andare con ordine: il
virus si è diffuso in tutta la sua gravità innanzitutto in
Cina, nella megalopoli di
Wuhan, inquinatissima, come tutto quel Paese.
L'inquinamento in questa storia ha un ruolo fondamentale. Tanto che alcuni scienziati ipotizzano che la nascita del del
coronavirus derivi da una
mutazione genetica dovuta
all'inquinamento, che avrebbe trasferito quest'infezione dal
sangue animale - quello di un
pipistrello -
macellato da vivo in un mercato dove si praticano queste
macabre operazioni: il
mercato degli animali vivi di
Wuhan. Il
virus, subita questa mutazione, si è diffuso nella regione e, a un certo punto, viene individuato dagli scienziati cinesi. Il Governo di
Pechino, a sua volta, blocca tutta la regione con un
'lockdown' totale, che un governo comunista, non democratico, può attuare facilmente. Ovviamente, anche se si blocca un'intera regione in cui si è diffuso il
contagio, in
Cina ci sono oltre un miliardo di lavoratori che producono e che possono rifornire e supplire, sotto il profilo produtivo, al blocco dell'area in
quarantena. E, infatti, sotto il profilo economico, la
Cina del coronavirus ne risentirà
relativamente. Il
virus, ovviamente, si sposta. C'è anche chi dice che non avesse senso
bloccare solo i voli provenienti dalla
Cina, perché i passeggeri, facendo scalo da altre parti, sono arrivati comunque in
Italia, come in tutto il resto del mondo. Tra l'altro, c'è anche chi sospetta che il
virus fosse già comunque
circolante, ma
sconosciuto. Comunque, a un certo punto è arrivato anche qui da noi e, a quanto pare - tale informazione viene messa in discussione da più parti - siamo stati i
primi europei ad averlo. Probabilmente, siamo stati semplicemente i
primi a rilevarlo e a farlo diventare un
caso mediatico, di cui hanno parlato televisioni e giornali: a un certo punto, per tutti, in
Italia c'era il
virus. Ora, cosa è successo di realmente drammatico, rispetto ad altri Paesi che hanno affrontato la crisi molto meglio? E successo che il nostro
sistema sanitario pubblico, popolato da tante persone meritevoli che non finiremo mai di ringraziare, aveva subito
tagli pesanti nei
decenni precedenti. La percentuale di
posti-letto e di posti in
terapia intensiva, rispetto alla popolazione, era fra le più basse
d'Europa. Per questo motivo, il nostro
sistema sanitario si è ritrovato improvvisamente affollato a dismisura e stava
collassando, trasformandosi a sua volta in un
focolaio dell'epidemia. In buona sostanza, gli ospedali sono diventati il
vero 'focolaio', così come i
centri per anziani. C'è chi dice che avremmo dovuto
chiudere tutto ancora prima. In ogni caso, con un sistema al collasso, il
Comitato tecnico-scientifico istituito presso la presidenza del Consiglio, al cui interno la componente fondamentale e dominante è costituita
dall'Istituto Superiore di sanità, prescrive al Governo la
chiusura totale. E il Governo, a un certo punto, ha chiuso il Paese in quarantena: una
decisione drammatica. Ma il
Comitato tecnico-scientifico - e tantomeno
l'Iss - non si occupa di
economia. Ed
l'economia vuol dire gente che lavora per vivere e che vive del proprio lavoro. Chiudere tutto vuol dire ridurre milioni di persone alla
fame, come è successo e sta succedendo. E la crisi rischia di ampliarsi per le sue
ricadute sociali. Baristi, ristoranti, parrucchieri, camerieri e badanti vivono del proprio lavoro: se gli si toglie quello, come mangiano? Sono stati messi in campo degli aiuti che sembrano, al momento, dei
'paliiativi' abbastanza irrisori: un'attività non sopravvive certamente con i
600 euro o con i
fantomatici prestiti garantiti dallo Stato, dato che le banche non sembrano propense a
concretizzare tali soluzioni. Con ogni evidenza, tutto questo sembra una cura assunta
nell'emergenza di un sistema sanitario che era al collasso e che, con ogni probabilità, è ancora peggiore dell'epidemia. La stessa cosa è successa in altri Paesi. Come la
Spagna, per esempio, che non ha retto. Invece, i
Paesi nordici, con
sistemi sanitari efficienti, hanno potuto rispondere all'emergenza e non hanno mai chiuso
nulla o solo alcune zone, la loro produzione è andata in gran parte aventi, non hanno avuto crisi sociali e, oggi, stanno già
uscendo dall'emergenza. Molto peggio di noi hanno fatto gli
Stati Uniti, per motivi strutturali, oltre che per la scarsa comprensione del problema da parte del
presidente Trump. Il
sistema sanitario americano è in massima parte in mano ai
privati, gli ospedali pubblici sono pochi e chi non ha
un'assicurazione sanitaria non può curarsi. Un
tampone, negli
Usa, costa
migliaia di dollari, per cui i
poveri, che in un
sistema privatistico sono tantissimi, affollano i
ghetti e sono
abbandonati a loro stessi. Ecco perché il Paese si sta avviando verso la sua
più grande crisi della Storia, paragonabile a quella tra le due
guerre mondiali. Stanno già seppellendo le
bare in
fosse comuni in un'isola del
Bronx: un lavoro affidato ai
detenuti un giorno a settimana e che, oggi, lo stanno svolgendo
tutti i giorni. Sono allo sbando completo. Ed era prevedibile, dato un
welfare concepito in quel modo. Ma per favore, non si dica neanche che noi siamo stati
bravi, bravissimi, quelli da imitare: noi siamo i
terzi peggiori al mondo. E le persone stanno andando
in rovina, non sanno come
mangiare. Va da sé, che come conseguenza di questa
analisi comparata ad altri sistemi più funzionanti e altri meno, va posto il
vero problema: era opportuno, da parte dello Stato,
chiudere tutto e mandare fallite attività e persone? Come conseguenza ineludibile di ciò, nel Paese si sta già cominciando a parlare di
riapertura, ovviamente con regole di sicurezza da rispettare fin quando l'emergenza non sarà finita. Insomma, occorre lasciare la possibilità alla gente di
guadagnarsi da vivere. E anche alla svelta.