Esiste un video sulla piattaforma
'Youtube' in cui un giovane ricercatore ha
'smontato', pezzo per pezzo, una delle tante
ipotesi complottiste lasciate circolare sulla
rete web in merito alla
genesi dell'attuale pandemia da
coronavirus. Un'analisi
'scanzonata' di più di
due ore, tra le pieghe di congetture totalmente
'campate per aria', esposte come serissimi esercizi di
giornalismo investigativo della durata di
10-12 minuti circa. In pratica, ci vogliono più di
due ore di
'diretta-video' per dimostrare
l'infondatezza e la marea di
stupidaggini che circolano in rete. A riprova di come non si capisca in quale modo funzioni il
mondo scientifico; di come si continui a considerare il numero delle
visualizzazioni 'virali' preponderante rispetto a
un'informazione divulgativa di qualità; di come si finisca con l'appiattire ogni cosa
verso il basso, screditando tutto ciò che di buono l'avvento di
internet ha generato sul fronte delle nuove opportunità, anche occupazionali, che le nuove tecnologie possono o potrebbero favorire. Il
giornalismo investigativo è
ben altra cosa. Ed è esattamente per questi motivi che esistono degli
Ordini deontologici di controllo in quasi tutte le professioni, dai giornalisti ai medici, dagli avvocati agli architetti e via dicendo. La
rete web ha sollevato molte speranze, in questi ultimi decenni. Ma a causa di
alcuni soggetti, anche questa nuova possibilità rischia di generare un'informazione
scarsamente credibile. Numerosi colleghi ed eccellenti professionisti
dell'informazione 'ufficiale' hanno bisogno, ogni tanto, di
confrontarsi, di far circolare delle
notizie, di avere un rapporto con un modo di lavorare assai più
snello, rapido e
vivace. Ma anche tale
funzione di 'supporto' della
rete web rischia di essere vanificata, trascinandoci tutti in un unico
'marasma' confusionario e inaffidabile, che riproduce tal quale quella divisione tra informazione di
serie 'A' e un'altra di
serie 'B' a lungo criticata proprio negli ambienti del
web. Il
punto originario di quest'ennesima
regressione di massa rimane
l'aziendalismo 'berlusconiano', che ancora oggi ispira una filosofia di pensiero che predilige il dato quantitativo
dell'audience rispetto agli antichi criteri, qualitativi e umanistici, ai quali si dovrebbe ispirare non soltanto il
mondo dell'informazione, ma anche quello
politico e delle
professioni. In buona sostanza, uno dei nostri problemi più gravi rimane quello di uno
'zoccolo duro' qualunquista e
cialtrone, che tende a mescolare
misticismo, populismo e
demagogia reazionaria in maniera irresponsabile, rischiando di trascinarci veramente a fondo, a prescindere dai
problemi economici che, ben presto, dovremo affrontare. Tuttavia, non si creda, da nessuna parte, che
non si sappia, non si capisca o
non si riescano a individuare quei
'meccanismi' regolarmente
'innescati' da
30 anni a questa parte. E che non ci sarà modo, a un certo punto, di
chiederne conto.