Da giorni, in maniera sempre più importante e massiva, stiamo assistendo a una campagna di comunicazione che pare abbastanza univoca e omologata. Persino
Papa Francesco e molti giornalisti o
'anchor woman' (non ultima
Lilli Gruber, che ultimamente ha assunto un atteggiamento alquanto discutibile e tutto fuorché imparziale) raccontano incessantemente che la colpa del fatto che, in
Italia, la
Sanità sia messa come è messa sia da imputarsi agli
evasori, i quali, addirittura, in un eccesso di zelo, qualche sera fa sono stati definiti
"assassini" dal sempre sul pulpito
Marco Travaglio. Ebbene, cerchiamo di chiarire qualche punto: posto che qui non c'è nessuno che giustifichi
l'evasione in quanto tale, riversare sempre sul
popolo le
carenze dello Stato sta diventando un gioco che ha
'stufato' molti. Cerchiamo, allora, per amor di giustizia, di fare un po' di
chiarezza. La
Sanità è stata oggetto di dieci e più anni di
tagli continui. Gli elementi di maggior criticità sono la scarsa disponibilità di personale e di
'posti-letto', per far fronte ai casi che richiedono cure ospedaliere. Secondo uno studio del centro di ricerche indipendente
'Gimbe', fra il
2010 e il
2019 c'è stato un progressivo
'definanziamento' della
Sanità pubblica. O meglio: c'è stato un aumento di risorse per
8,8 miliardi, ma l'incremento è stato
inferiore al tasso d'inflazione, producendo, di fatto, una decurtazione del
budget. Inoltre, la politica ha favorito la nascita di
assicurazioni e
fondi sanitari per compensare il ridimensionamento della spesa in
Sanità, andando a vantaggio solo di alcune categorie di persone e mettendo a rischio
l'universalità del servizio. In dieci anni, sono sono stati sottratti al
Sistema sanitario nazionale circa
37 miliardi. Tutto è iniziato con il
governo Monti: la
'spending review' ha portato in dote una
'sforbiciata' alla spesa sanitaria da
6,8 miliardi fino al
2015. Da allora, le cose sono andate sempre peggio. In nome del risanamento dei bilanci locali e delle aziende sanitarie sono scattati i 'piani di rientro' per le Regioni. Così, i governatori hanno tagliato ancora. Nel Lazio, per esempio,
Nicola Zingaretti ha
'cassato' 3600 'posti-letto' e
chiuso diversi ospedali. In compenso, il bilancio regionale della
Sanità è tornato in
positivo, ma il prezzo da pagare per la collettività è stato alquanto alto, soprattutto in termini di costi e servizi. E oggi, tutto ciò limita la nostra libertà. Secondo
l'Ufficio parlamentare di bilancio, "le risorse per il personale sono scese di due miliardi fra il 2010 e il 2018". Ma per il
'Gimbe', le cose starebbero anche peggio: nello stesso periodo,
"dei 37 miliardi di risparmi, almeno il 50% dei tagli è stato 'scaricato' sul personale dipendente e convenzionato, riducendo di fatto i servizi per i cittadini". Il numero di
'posti-letto' per mille abitanti, negli ospedali è sceso di gran lunga
sotto la media europea. E sempre secondo il
centro studi dell'ufficio parlamentare, "l'indicatore era al 3,9 nel 2007 e al 3,2 nel 2017, contro una media europea diminuita da 5,7 a 5. Anche il 'ticket' è progressivamente aumentato: in dieci anni, il loro gettito complessivo, escluse le strutture accreditate - dove il dato non viene rilevato - è passato da 1,8 miliardi nel 2008 a 3 miliardi nel 2018". Il
costo della Sanità sulle famiglie è dunque aumentato. Ed è raddoppiata la quota dei più poveri che rinunciano alle cure. E i livelli minimi di assistenza? Una chimera. Così come la diminuzione delle
liste d'attesa. Il futuro? Le prospettive non sono affatto rosee: per il futuro, le previsioni di
spesa sanitaria a legislazione vigente, contenute nella
'Nadef 2019', indicano
"un'ulteriore lieve riduzione in rapporto al Pil, dal 6,6% del 2019 al 6,5% nel 2022", precisa
l'ufficio studi parlamentari. Non doveva servire il
coronavirus per farci rendere conto della gravità della situazione dei
'tagli'. Dal canto suo,
Papa Francesco, se proprio vuole occuparsi delle
'cose di Cesare' inizi col
versare l'Imu. E solo dopo, se ritiene, si permetta di dare
giudizi non richiesti, fin troppo in odore di
'endorsement'.