Carlo Verdone o, come segnala Wikipedia,
Carlo Gregorio Verdone, sta viaggiando a
'passo di volpe' verso la
'settantina'. Il mio personale ricordo va a
'Carlo!', un docufilm realizzato da
Fabio Ferzetti e
Gianfranco Giagni, incentrato proprio su di lui. Un
Carlo Verdone che parla della sua vita in modo semplice e spontaneo, attraverso un'intervista rilasciata al suo compagno di liceo,
Filippo La Porta, noto critico letterario. Un ruolo centrale del racconto è la famiglia:
"Le devo la mia creatività artistica. I miei mi spingevano a visitare il mio quartiere, via Giulia, piazza Farnese, Campo de' Fiori, Lungotevere dei Vallati, dove abitavamo, alle arcate, ponte Sisto al di là del quale si apriva Trastevere, a parlare con la gente. Questo mi ha aiutato nella costruzione di tanti personaggi, come Leo di 'Un sacco bello', o Ivano di 'Viaggi di nozze'...". L'attore racconta come i suoi primi spettacoli li realizzasse in casa, da ragazzo. Una tenda del salone come sipario e mamma, papà e zii come spettatori. Fondamentale la figura del padre, lo storico cinematografico e docente universitario,
Mario Verdone, che l'attore ricorda come genitore presente e carismatico, ma anche molto severo. Come non essere condizionato dalle personalità che si avvicendavano in
'casa Verdone'? Vittorio De Sica, Bernardo Bertolucci, Sergio Leone, solo per citarne alcuni. E proprio a quest'ultimo
Verdone deve i primi incoraggiamenti e i fondamentali consigli di regia cinematografica. Nel documentario, che mostra episodi poco noti della vita privata, come una festa di compleanno dove
Massimo Troisi, con la sua tipica intonazione, gli augurava in accento napoletano,
"quarantamila anni di vita": una ripresa commovente, in cui testimoni affettuosi si avvicendano davanti alla telecamera. Attori come
Margherita Buy, Laura Morante, Eleonora Giorgi e
Christian De Sica, che sposò la sorella
Silvia, ma anche il fratello
Luca e gli amatissimi figli,
Paolo e
Giulia, avuti da
Gianna Scarpelli. Recentemente, per
'Bibliotheka edizioni' è stato pubblicato un libro dal titolo
'Intervista a Carlo Verdone', a cura di
Gianluca Cherubini, dove si evidenzia il fatto che
"siamo tutti compagni di scuola", con la prefazione di
Fabio Traversa e l'introduzione di
Andrea Scanzi. Infatti, quel suo film,
'Compagni di scuola', del
1988, diretto e interpretato da lui stesso su un suo soggetto proposto a
Piero De Bernardi e a
Leo Benvenuti, che lo hanno sviluppato con i contributi di
Rossella Contessi, è ispirato a un'esperienza personale dello stesso regista. Venne prodotto da
Mario e
Vittorio Cecchi Gori e distribuito dalla
Columbia. Nel cast è presente il cinema italiano degli anni
'80 e
'90: da
Athina Cenci a
Nancy Brilli, da
Massimo Ghini a
Christian De Sica, da
Eleonora Giorgi a
Piero Natoli e
Serena Bennato e a tanti altri. Un gruppo che ha dato vita a un magnifico riquadro intriso di una malincolia velata di dolce rimpianto. Con quel film,
Carlo Verdone ha attraversato la soglia della sua maturità artistica. Dopo più di trent'anni di lavoro durissimo nel campo della commedia, sente il bisogno di fare un'incursione in un altro tipo di cinema. Per questo motivo accetta, nel
2012, la chiamata di
Paolo Sorrentino per interpretare un ruolo ne
'La grande bellezza', percependo degli
intenti 'felliniani' pari, nei suoi riferimenti, a
'La dolce vita' rapportati ai giorni nostri. Infatti, nel
2013 partecipa al film di
Paolo Sorrentino, di cui è co-protagonista insieme a
Toni Servillo e la pellicola si aggiudica
l'Oscar come miglior film straniero. Allo stesso modo, anche la regia dell'opera
'La Cenerentola', in mondovisione, è stato un tentativo di lasciare temporaneamente la commedia e mettersi alla prova in un settore diverso. Ed ecco in programma il tanto atteso film
'Si vive una volta sola', diretto e interpretato da
Carlo Verdone, con
Rocco Papaleo, Anna Foglietta, Max Tortora e, nel ruolo del figlio, il promettente
Emanuele Luperto. Un lavoro che molto si addice a questo periodo di
Covid-19 e di fiducia verso l'attività dei medici, poiché racconta la storia di quattro dottori di talento che, nella vita privata, sono inaffidabili, fragili e maldestri. Al centro della trama ci sono il professor
Umberto Gastaldi (Carlo Verdone), la nervosa, ma grintosa, strumentista
Lucia Santilli (Anna Foglietta), l'anestesista
Amedeo Lasalandra (Rocco Papaleo) e il suo assistente,
Corrado Pezzella (Max Tortora), grande amante delle donne e con un figlio
(Emanuele Luperto) da
'formare'. La loro situazione prende una svolta inaspettata quando scoprono che
Amedeo (Rocco Papaleo) è gravemente malato e decidono di intraprendere un viaggio. Le petulanti raccomandazioni del professore, interpretato da
Verdone, rispecchiano i comportamenti quotidiani dell'attore stesso, che non ha mai nascosto di essere
quasi 'ipocondriaco': una fissazione che lo ha portato a ottenere delle
invidiabili competenze mediche e a mantenere una
disciplina 'salutista', senza dimenticare, ovviamente, le esilaranti battute che hanno trovato spazio sul grande schermo nelle sue commedie. La visione di questo film nelle sale cinematografiche farà sentire di nuovo il bisogno di condividere un'emozione sullo schermo con altre persone: una sensazione un po' persa in questi giorni di
'segregazione forzata'. L'atteggiamento sociale di estroversione non deve assolutamente essere modificato, altrimenti si cadrebbe in un progressivo isolamento dell'individuo e, per quanto concerne la pubblicità, ci si affida al
'passaparola' poiché se il film è valido qualitativamente, la
'voce' circolerà e, di conseguenza, arriveranno gli incassi. La commedia italiana deve tornare ad
'alzare il tiro' nella stesura di soggetti intelligenti, di temi originali, anche ispirandosi ai problemi reali di questi giorni, perché il saper raccontare è questione fondamentale nel cinema. Solo rinnovandosi nei contenuti la commedia potrà far ancora da
'traino' all'industria cinematografica italiana. Invece, si ha l'impressione che i film delle produzioni estere abbiano più coraggio nell'affrontare la realtà, catturando gli spettatori inchiodandoli nella visione dell'opera fino alla sua conclusione. In effetti, ci vogliono più
coraggio e, soprattutto, più
qualità.