Seppur lentamente, il gruppo
'No euro' della
Lega di
Matteo Salvini (quello composto da
Bagnai, Borghi e
Rinaldi) si è autoconfinato nell'irriducibilismo più intransigente. Si tratta di un circuito di studiosi che
l'ex ministro degli Interni si era portato nel
Partito non certo per convinzione o per scelta, bensì per
disperazione, poiché si ritrovava in una fase in cui il suo movimento,
secessionista e
'padano', sembrava sulla via
dell'estinzione. In queste cose,
Salvini è assai abile: assorbe tutta una serie di piccoli elettorati che, da soli, finirebbero disintegrati tra le
'portaerei' politiche e mediatiche altrui. Invece, riassorbendoli nella
Lega, egli è riuscito a
dar 'sfogo' ad alcuni umori assolutamente marginali, da
addetti al bancone del bar. Prendersela con una moneta,
l'Euro, è già di per sé una cosa da
sbellicarsi dalle risate. Ma il non riuscire a comprendere la differenza di regime tra una
valuta debole e un'altra
molto forte, sintetizza perfettamente quanto avvenuto in
Italia in questi ultimi decenni. Ovvero, si è finalmente
'intaccato' il mito della
grande imprenditoria italiana, che in realtà è sempre stata stucchevolmente
arrogante, irrimediabilmente
'pasticciona', spesso
strapiena di debiti. "In Francia, non puoi acquistare neanche un chiosco di giornali", afferma
Antonio Maria Rinaldi (chi era costui? Ma non stava
all'Eni? Non era amico fidato della
"volpe finita in pellicceria", allorquando venne firmato il
Trattato di Maastricht nel
1992? Mah...). Un'affermazione incredibilmente
'stonata', quella di
Rinaldi. Soprattutto, quando si è a lungo accusato il
presidente Macron di essere il principale baluardo
dell'europeismo più radicale. Inutile fargli comprendere che il
sindacato dei giornalai francesi di certo non pone
'veti' in base alla
nazionalità degli
edicolanti, dato che in
Francia risiedono, ormai da decenni, esercenti dalla
provenienza più disparata. Il problema resta sempre e solo
l'Europa, non il fatto che ai tempi della
lira, attraverso
svalutazioni concordate ed
esportazioni sottocosto, (recuperate tramite un
prezzario 'assassino' sul mercato interno,
ndr) mantenevamo in piedi un blocco sociale di sfruttatori, collegati a
'doppio filo' proprio con quella
prima Repubblica in seguito - ma solo in seguito... - tanto
vituperata. Perché spesso, il problema della nostra classe politica non risiede nei suoi
leader, bensì nella
'marmaglia' di cortigiani che si crea attorno a loro. Il ragionamento è molto semplice: l'esponente politico di riferimento, a un certo punto, si ritrova impaludato in qualche
'guaio'? Bene: ecco che loro, i
'cortigiani', immediatamente si
'riciclano', spacciandosi come
"il nuovo che avanza". Fin qui, tutto chiaro? Si è capito che
tipo di 'amici' sono, questi qui? Questo il vero motivo dell'apparizione di certe
"nuove categorie umane", che sembrano uscite da un film dei
fratelli Vanzina. E che possiedono la stessa mentalità di quella cinematografia lì: quella delle
vacanze esotiche, dei
"li mortacci tua", della
'bella del momento' a cui far recitare meno battute possibili, ché tanto dev'essere
"bona e basta". Ecco quel che è capitato, in
Italia, con l'entrata
nell'Unione europea: qualcuno si è vendicato della
'boria' di questa
'gentucola' qui. Si tratta di un elenco alquanto lungo e variegato, a dire il vero, composto da persone costrette a
girovagare dentro a un
labirinto che non possiede alcuna
via d'uscita. Siamo cioè di fronte a personaggi che c'entrano poco o nulla col
'popolo delle partite Iva', né tantomeno col
"popolo sovrano", improvvisamente riscoperto dopo un'intera vita trascorsa con i
'piedi al caldo'. Ci sono alcuni elementi della critica alla
Ue che, in realtà, questi
'soggettini' hanno compreso veramente. Per esempio, quello dell'adozione di una
moneta unica non in quanto
obiettivo del progetto d'integrazione europea, bensì come
punto di partenza. Ma certe cose sarebbe meglio lasciarle dire a
Giorgia Meloni, che per lo meno
ce la mette tutta e non è di certo
'sospetta' nel pensare certe cose. Parole come
'sovranità', 'eurocentrismo', 'dittatura economica' suonano assai male in bocca a questi qui, dato che si tratta di esponenti che,
ovunque tirasse il 'vento', erano pronti a
posizionarsi di conseguenza. Chi li conosce bene, sa di cosa stiamo parlando. E sa bene anche quale sia la
differenza di statura tra un
Carlo Azeglio Ciampi e un
Antonio Maria Rinaldi. Perché
Ciampi è stato un
ministro dell'Economia che era riuscito ad abbattere quasi del
50% il nostro
debito: sono stati altri a riportarci, nel breve volgere di qualche lustro,
'da capo a 12'. Eh!
Maledetto debito pubblico: sarebbe bello poterlo rimuovere come per magia. Magari, mettendosi a
'gettare cambiali' dalla finestra. Il rimedio dei
Borghi e dei
Rinaldi, probabilmente sarebbe proprio questo qui. Ma con
l'Europa in mezzo ai
'piedi', questa cosa non si può fare. Ed ecco, dunque, il vero motivo delle
'lagnanze' di questi signori, i quali si ritrovano
prigionieri di un enigma che non riusciranno a risolvere mai.
Mai e poi mai. Esattamente come nel film
'Invito a cena con delitto' di
Robert Moore: un capolavoro autentico della commedia brillante. E non certo
'roba' di
serie B.