Raffaella UgoliniNei giorni scorsi, è stato proiettato nelle sale cinematografiche di 70 Paesi di tutto mondo, nelle sole date del 21 e 22 novembre 2019, il 'docufilm-concerto' dedicato alla storica band del rock elettronico britannico, i Depeche Mode, dal titolo: 'Depeche Mode: spirits in the forest'. Si tratta di un film musicale teso a celebrare la grande resa delle perfomances 'live' di questo gruppo, che ha tratteggiato la storia della musica europea e mondiale sin dai primi anni '80 del secolo scorso, arrivando, di successo in successo, fino a noi. Diretto dal regista Anton Corbijn, l'opera è la conseguenza del 'Global Spirit Tour' che, tra il 2017 e il 2018, ha visto accorrere ai 115 concerti del gruppo più di 3 milioni di ammiratori e appassionati. Immergendosi nelle storie di sei fans particolari, il film celebra la popolarità di una band che, all'inizio del suo percorso, sembrava destinata a seguire il destino di molte 'meteore' degli anni '80, scomparsi dopo qualche momentaneo successo di vendita. Invece, i DM sono via via cresciuti, nonostante le diffidenze della critica. Non subito si compresero, infatti, alcune evidenti qualità di questi ragazzi, che oltre a denotare le grandi capacità vocali del cantante, David Gahan, stava via via segnalando l'infinita vena compositiva del chitarrista, Martin Gore e le eccellenti potenzialità polistrumentiste di Alan Wilder, che tuttavia abbandonò il gruppo nel 1993, quando era ormai giunto all'apice del successo mondiale. A lungo non si comprese, inoltre, un'altra caratteristica dei DM: la loro incredibile resa dal vivo. Un tipo di perfomance che la critica musicale a lungo sottovalutò, non comprendendo come un gruppo 'synth-pop' potesse essere protagonista di esibizioni spettacolari. Eppure, alcuni brani, come per esempio 'Pipeline', 'Black celebration' e altri, stavano segnalando uno sperimentalismo interessante, che avrebbe dovuto far suonare il campanello dell'attenzione a molti. Poco male: la critica si convincerà, finalmente, nel 1990, con l'uscita del loro album più venduto di sempre, 'Violator', in cui i Depeche Mode dimostrarono una maturità artistica ormai pienamente raggiunta. Ma oltre al successo planetario, i DM stavano cominciando a farsi rispettare anche per i lunghi tour mondiali, in cui cominciò a diventare evidente non solo l'oceanico afflusso di pubblico, ma anche la loro capacità di rendere l'esperienza 'live' un qualcosa di indimenticabile. Dagli anni '90 in poi, i Depeche Mode, nonostante alcune vicissitudini particolari e qualche involuzione, sono riusciti a inanellare un successo dopo l'altro, finendo col dare vita a una vera e propria comunità di fans, che comunica e si scambia informazioni quasi come fosse una 'setta', in attesa dell'uscita del nuovo capolavoro. Uno 'spirito' ben evidenziato proprio dall'opera cinematografica di questa fine novembre 2019. In Italia, il docufilm è stato distribuito in esclusiva da Nexo Digital, con i media partner Radio Deejay, Rockol.it, Onstage e MYmovies.it.


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