L'Italia rischia di avvitarsi in una profonda
crisi di nervi. Ciò deriva da tutta una serie di elementi di
eccessiva emotività inseriti e diffusi soprattutto dalla
rete internet e sui
social network, al fine di alimentare una vera e propria
'fabbrica della paura'. Il tentativo non è stato fatto solamente qui da noi: è in atto in tutto il mondo, come dimostrato da alcuni esiti delle recenti
elezioni spagnole. Non si vuole abbandonare un modo
tradizionalista, regressivo e
autoritario di vedere le cose e, persino, di comportarsi, identificando il concetto stesso di
libertà con la possibilità di
toglierla agli altri, o quantomeno di
condizionarla, quando non di
punirla. Ma anche coloro che, con insistenza, professano e perseguono determinate
dottrine di 'pancia' sono
inconsapevoli, nella maggior parte dei casi, di quanto affermano o scrivono. E persino di ciò che vorrebbero fare. Per il semplice motivo che il processo di
appiattimento sociale in atto, prima ancora che
'amorale', è già avvenuto da tempo. Sono cioè venute a mancare quelle
basi culturali che consentissero al
sistema democratico di poter governare politicamente i vari processi di
globalizzazione. In pratica, la causa di fondo di molti nostri problemi risiede nel nostro
sistema scolastico. In
Germania, i tedeschi leggono. Noi, invece,
no. In secondo luogo, noi italiani continuiamo a non comprendere i danni che il lungo
dominio cattolico sul mondo della scuola ha generato, instillando sostanzialmente solo
due filosofie, quella
cattolico-qualunquista e quella
catto-comunista, mentre invece il mondo si è ormai indirizzato verso la
multiculturalità. Investire sulla
cultura dovrebbe essere al primo punto di un qualsiasi programma politico di governo. E in genere
così non è. Ma in un mondo sempre più
'colorato', formare intere generazioni di persone
'monocordi' significa
abdicare, da parte della politica, al proprio ruolo di guida dei processi di
trasformazione sociale. Licenziare dalle nostre scuole e università intere greggi di persone
'monocromatiche', significa unicamente aver teorizzato
una società di cretini. Ma anche intorno a questo punto bisogna
intendersi, perché non stiamo insultando gli italiani in senso
generalista, bensì stiamo affermando che essi non sono stati messi nelle condizioni di essere coscienti e consapevoli dei processi in atto.
Non è colpa loro, insomma. Stiamo parlando di
processi degenerativi innescati in
tempi lontani. E quel che si chiede oggi è di
aiutare i cittadini a
farsi valere nel giusto modo, di reagire di fronte a questo stato di cose, non di andarsi a cercare dei
colpevoli. Si deve tornare verso un più sano
'elegio del limite' come
forma di intelligenza, anziché continuare a
giustificare ogni
'necessità di infinito', perché altrimenti si fomentano solamente
reazioni di 'pancia', provocate ad arte per essere
strumentalizzate. E per
'elogio del limite' non s'intende nemmeno far riferimento a quel
buonismo ipocrita teso a celare, dietro atteggiamenti formalmente corretti, ogni sorta di
slealtà o
bassezza. Poco importa, sotto il profilo sostanziale, che oggi la
sinistra italiana sia diventata rappresentante dei
centri storici o delle
zone a traffico limitato. Poco conta che essa, oggi, appaia come un
'fortino arroccato' di
benpensanti, pronti a pugnalare chiunque non appena si volta loro le spalle. Il
contenuto laico di tale indicazione è
sostanziale, dunque
integrale, non puramente formale. La
sinistra italiana non può ridursi a teorizzare un genere alternativo di
furbizia, rispetto al
qualunquismo ad 'alzo zero' delle
destre. Al contrario, l'unica carta valida che la sinistra italiana è tenuta a giuocarsi sul tappeto dei dibattito complessivo è quella di una effettiva
rivalutazione dell'intelligenza in quanto
'spirito', come
valore comune di tutte le forze politiche, per fare in modo che, pur all'interno di una logica di
alternanza al governo del Paese, molte cose vengano comunque
portate avanti e realizzate in base ad alcuni
princìpi di continuità. Se riuscissimo a comprendere almeno questo punto, forse riusciremmo a non farci sorprendere, per l'ennesima volta, da fatti come quelli accaduti a
Venezia in questi giorni. E certi
cataclismi, comincerebbero a capitare sempre meno. Perché almeno su alcuni
princìpi, come per esempio quelli di
prevenzione, manutenzione e
controllo del territorio, ci si potrebbe ritrovare tutti d'accordo come un popolo democraticamente
maturo. Dunque, pienamente
sovrano.
Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)