L'acqua rappresenta un bene primario essenziale per la vita sul nostro pianeta. E' un dato storico indiscutibile, che i primi
insediamenti umani siano sorti in prossimità di
sorgenti o sulle rive dei
fiumi. E le prime civiltà sono nate al fine di organizzare collettivamente la gestione delle
acque fluviali, per scopi agricoli
d'irrigazione e
canalizzazione. Eppure, ancora oggi, più di
1 miliardo di persone non ha accesso a
fonti d'acqua potabile, più di
2 miliardi non usufruisce di
servizi igienici e il divario del
consumo medio tra
Paesi occidentali e
Paesi in via di sviluppo è
spaventoso. In pratica, nel mondo muoiono più persone a causa
dell'acqua, inquinata o non potabile, che non per le svariate e molteplici forme di violenza, incluse le
guerre. Oltre a ciò, ogni giorno versiamo nel nostro sistema idrico milioni di tonnellate di
acque reflue non trattate, cariche di rifiuti industriali e agricoli, inquinando
fiumi, mari e
laghi in modo
criminale. Non abbiamo solamente problemi di
siccità, acque non potabili e patologie che discendono direttamente dalla mancanza di servizi igienico-sanitari, ma anche
2 milioni di tonnellate di rifiuti scaricati, ogni giorno, nei fiumi o nei mari. Nel
2030, più di
3 miliardi di persone, cioè circa la metà della popolazione mondiale, rischia di rimanere
senz'acqua. E ogni anno, quasi
2 milioni di bambini muoiono di tifo, colera, dissenteria e gastroenterite: tutte patologie causate della mancanza di
acqua pulita. Non si creda che in
Europa le cose stiano messe meglio: non tutti gli Stati membri della
Ue possiedono piani di gestione dei propri
distretti idrografici, come previsto, peraltro, dalla
'direttiva-quadro' emanata dalla
Commissione europea per la tutela dell'acqua. In
Italia, il
68% del nostro patrimonio idrico viene gestito da non più di
10 produttori, che versano agli enti pubblici quote irrisorie di concessione per lo sfruttamento e la vendita di una risorsa fondamentale. Le
Regioni non dispongono di fondi necessari per
rinnovare la rete idrica sul territorio, che dunque possiede numerose
'falle' di dispersione e di spreco. Eppure, con un aumento anche minimo dei
canoni di concessione, molti enti locali potrebbero effettuare
investimenti e rinnovare la rete idrica di distribuzione. Ma piuttosto che ragionare secondo
logiche collettive, qui da noi si preferisce difendere una situazione di vantaggio per
pochi, i quali sfruttano una risorsa che, invece,
è di tutti. Come al solito, la mentalità italiana rimane
contraddittoria: una sorta di
pigrizia mentale spacciata come forma di
liberalismo avanzato. La tipologia stessa del nostro
mercato interno delle acque minerali e naturali è di
oligopolio, non di
concorrenza diffusa, come per esempio negli
Stati Uniti d'America. Le aziende d'imbottigliamento sono un gruppo ristretto, che non intende minimamente differenziare la propria produzione, al fine di
collaborare con lo Stato e i vari
enti locali all'ammodernamento delle
reti idriche. L'intera città di
Roma viene servita, in buona parte, da
acquedotti costruiti da alcuni
illuminati imperatori romani dell'evo antico. Insomma, anche nella gestione amministrativa delle acque,
l'Italia si dimostra
allergica ai cambiamenti, continuando a
sprecare molta parte di una risorsa che non è affatto
inesauribile. La nostra visione rimane
pigra e
conservatrice, quando non
regressiva: non ce ne importa nulla fino a quando non succede
qualcosa di grave, che ci prende
'in contropiede'. Come accaduto sempre nella capitale nell'estate del
2017, in cui un lungo periodo di
scarsità di piogge ha abbassato il livello del
lago di Bracciano, generando
un'emergenza idrica che ha
sfiorato il razionamento. Insomma, anche nella gestione
dell'acqua, il nostro approccio rimane quello di chi avrebbe tempo e modo per
evitare disastri i quali, quando si verificano,
ci sorprendono regolarmente. Ma siamo noi a lasciarci soprendere, per
menefreghismo e
superficialità, quando basterebbe mettere a punto un
'Piano' per il risparmio idrico come già fatto in
campo energetico, con sensibili miglioramenti, in questi ultimi anni.
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(editoriale tratto dalla rivista 'Periodico italiano magazine' n. 51 - ottobre/novembre 2019)