Accanto alla questione di una quanto mai opportuna
ricollocazione politica del socialismo italiano nell’alveo delle culture progressiste del nostro Paese, si pone anche il problema di un richiamo politico di qualità per un forte
rilancio del socialismo riformista e liberale italiano. A prescindere dalle trattative politiche che potranno portare questo o quell’esponente ad occupare un nuovo ruolo nella futura coalizione di centro-sinistra, la questione della governabilità, della stabilità politica e di
innovative risposte sociali in grado di incidere radicalmente sulle distinte problematiche del Paese si pone ormai con forza. Il fatto che la Casa delle Libertà abbia scelto di chiudere l’attuale legislatura ponendosi il problema di una
nuova legge elettorale, ha dimostrato la distanza mentale della coalizione guidata da Silvio Berlusconi rispetto alle questioni poste
dal mondo del lavoro, dalle nuove esigenze di nuove forme di libertà civile, dal divario tra i diversi ceti sociali venutosi a formare, in Italia, nel corso degli ultimi due lustri. L’inconsapevolezza politica è un errore molto grave, forse il più madornale che si possa commettere: non riuscire a cogliere
su quale terreno il Paese da tempo attende risposte efficaci è come pretendere di recarsi in viaggio in un Paese dell’Africa portandosi dietro un dizionario di lingue scandinave. L’Italia è un Paese che non trova, da un punto di vista sociale, un
nuovo equilibrio in grado di rilanciare produttività e consumi e che, al contempo, rischia
un appiattimento politico sui battuti sentieri dell’antagonismo o di tardo-corporativismo del proprio sistema di produzione.
In un simile quadro generale, l’esigenza di una politica di
riformismo socialista e radicale diviene quanto mai
fondamentale. Comprendere che un’intera generazione di
giovani, in quasi tutte le distinte professioni, ha ormai raggiunto la soglia dei quaranta anni di età senza essere riuscita ad
affrancarsi veramente da una condizione di precariato è ciò che più dovrebbe colpire l’attenzione di chi dice di non comprendere quale possa essere il compito di una
moderna sinistra riformista, liberale e radicale. Ma c’è di più: rendere possibile un
riequilibrio sociale complessivo non corrisponde necessariamente ad un sistema di
tassazione delle rendite finanziarie, bensì può passare da un’attenta
politica dei redditi, da una
liberalizzazione dei capitali in grado di favorire nuovi investimenti e da una
riorganizzazione della lotta all’evasione fiscale che possa rilanciare lo sviluppo economico compatibilmente alla domanda di una
miglior qualità della vita e dei servizi offerti al cittadino. Qualche tentativo, in tal senso, venne compiuto nella legislatura in cui governò il centro-sinistra:
la riforma Bassanini e il riassetto di alcune importanti aziende pubbliche, come ad esempio la parziale privatizzazione delle poste, hanno ottenuto
discreti effetti di snellimento burocratico e di differenziazione dei servizi. Ma per concepire una serie di fattispecie programmatiche precise, o quanto meno plausibili, sugli interventi da compiere, diviene necessario
distaccarsi da concezioni sociologicamente convenzionali della conformazione sociale italiana. L’Italia, oggi, non è più la classica società
esclusivamente basata sul nucleo familiare tradizionale. Una nuova società di tipo
‘gruppuscolare’ già da tempo si intravede all’orizzonte. Ciò è derivato, naturalmente, da un fenomeno di
‘non guida’ dei diversi
processi di trasformazione sociale generatisi nell’ultimo decennio. Tuttavia, oggi è divenuto prioritario comprendere sino in fondo quei fenomeni che hanno causato l’abbandono al proprio destino di intere categorie sociali:
i giovani in cerca di occupazione e di una dignitosa sistemazione professionale, e le donne, che vengono mantenute in una condizione di
sostanziale inferiorità con incarichi professionali
meramente esecutivi ed in perenne lotta con una
mercificazione, mistificatoria e senza scrupoli, della loro immagine esteriore. Anche accompagnando tale discorso sotto un punto di vista meramente
culturale, il giovane italiano in cerca di affermazione professionale viene visto in un’ottica fotografica
‘fissa’, senza che venga inquadrata la risoluzione dei suoi problemi lungo un
sentiero dinamico e di prospettiva professionale raggiungibile attraverso
cicli lavorativi precisi. La
donna, invece, rimane inchiodata attorno al
pregiudizio sociale di persona sensibile e passionale, ma scarsamente raziocinante: ogni suo ragionamento, ogni sua scelta, ogni sua decisione viene definita, per puro preconcetto,
poco razionale. Nel ciclo di governo della Casa delle Libertà, anche la categoria politica della
diversità o della semplice distinzione liberale di diretta discendenza ‘crociana’, si è vista costretta all’angolo da un
ottuso conformismo culturale: il premier spagnolo
Zapatero non viene giudicato come
un leader socialista che cerca di governare cambiamenti in atto, bensì come
un pericoloso anarcoide in doppio petto. E a nulla serve cercare di sottolineare un concetto che, forse, sfugge ai più: il nucleo familiare tradizionale il più delle volte non è altro che
un involucro di tragedie e infelicità, non più il rifugio degli affetti umani.
Articolo tratto da www.agenzieradicali.it, supplemento politico dei “Quaderni Radicali”