E' sostanzialmente inutile far presente ai nostri lettori come la recente
crisi di governo fosse basata su convinzioni
ridicole e su una totale
mancanza di cognizione di causa da parte della
Lega e del suo leader,
Matteo Salvini. Quanto accaduto nel giro di un mese ha sostanzialmente smascherato
un'inadeguatezza e
un'incapacità politica a dir poco
agghiacciante da parte delle
destre sovraniste. Le quali, oltre a risultare
velleitarie e
anarcoidi, hanno dimostrato
un'immaturità raccapricciante e
insensata: la più inetta delle
improvvisazioni e una quasi incredibile mancanza di
senso delle conseguenze di quanto si afferma e di ciò che si fa. Ma attenzione: noi non riteniamo che tali riprovevoli
lacune antropologiche siano una caratteristica che distingua solamente le
destre. Temiamo, al contrario, che si tratti di un
dato generazionale, che innerva la quasi totalità del
ceto politico attuale. Il segnale di un
tracollo già avvenuto da tempo, non un qualcosa che si possa
contenere o
limitare. Sul fronte del
Movimento 5 Stelle, in particolar modo, continuiamo a dubitare o, quanto meno, a essere
scettici. Può darsi che il cammino di questo nuovo esecutivo, sorto in piena estate
- il Conte 2 - possa essere
utile a molti esponenti
'grillini' per fare nuova esperienza e maturare una propria
cultura di governo, oltre a formare una
classe politica più esperta. Tuttavia, restiamo fondamentalmente
critici proprio sugli aspetti della navigazione quotidiana, in cui
equivoci e
cattiva fede reciproca possono generare nuovi episodi di
instabilità tra le forze politiche che hanno generato la nuova maggioranza. Si chiede pertanto al
Partito democratico di accompagnare il cammino del
Movimento 5 stelle con
spirito paterno e pazienza quasi
'genitoriale'. Senza cioè pretendere di utilizzare la maggior esperienza per prendere il sopravvento nelle
iniziative di governo, oppure
giocando d'anticipo in merito a scelte e decisioni che appaiano, sul momento, più opportune rispetto ad altre, al fine di non rimanere
'impiccati' in
querelle e
diatribe che avrebbero spesso bisogno, prima ancora che di una
'grammatica' comune, quanto meno di
'presupposti' culturali condivisi. I
5 stelle non sono un movimento
riformista, bensì
massimalista: questa è la caratteristica principale che, sin qui, essi hanno dimostrato. E'
un'antica distinzione, sempre esistita nelle
forze di progresso, che non si può eliminare semplicemente
uniformando e
omologando l'intero
indirizzo di governo. Si può, tuttavia, far affidamento ad antiche categorie
'berlingueriane', quali la
comprensione reciproca e la
'moral suasion', nei riguardi dei ragazzi della compagine
'grillina', al fine di comunicare loro come molte delle divisioni che possono venirsi a creare siano di natura soprattutto
metodologica, prim'ancora che
sostanziali o
di merito. Si chiede, in sostanza, ad ambedue le forze politiche di capire il bisogno di
coerenza che una
società ipervelocizzata pretende come
esigenza primaria nella conduzione politica del Paese. Una coerenza imperniata sulla
stabilità dell'esecutivo stesso: una categoria da molti criticata, soprattutto di recente, per via di uno strano bisogno di mettersi in luce nei propri rispettivi ambienti professionali. Invece, si tratta di una
questione basilare, importantissima per un Paese che ha sempre sofferto di malanni quali
l'instabilità e la
confusione. Per riuscire a ottenere dei cambiamenti reali, empiricamente
percepibili dai cittadini, serve
continuità d'indirizzo. Occorre, cioè, che l'azione politica di ministri e sottosegretari, congiunta a quella dei lavori parlamentari, consentano il raggiungimento di
obiettivi che riescano a cambiare veramente questo Paese. Se si continua ad avere
un governo all'anno, nessuna idea potrà mai trovare
reale compimento. E non ci si illuda neanche che gli
italiani vogliano effettivamente tali cambiamenti, poiché spesso ognuno tende a difendere la propria condizione
'particolare', non sempre costruita attorno a
diritti effettivi o
meriti reali. Ogni volta che si vuole cambiare veramente qualcosa, in
Italia, le resistenze esplodono fortissime. Dunque, i cambiamenti vanno preparati e definiti per tempo, poiché spesso è più difficile
aiutare che
punire: nel primo caso, ci si ritrova in situazioni in cui proprio chi si intende
aiutare, spesso non voglia essere
aiutato; nel secondo, viceversa, si finisce col
dividere ulteriormente il Paese tra chi
recrimina nuove ingiustizie e chi resta
cinicamente divertito da rivolgimenti e decisioni che hanno destabilizzato altri. Nel primo caso, si appare
antipatici e
invadenti; nel secondo, si guadagnano
consensi, ma a prezzo di nuove
barriere e
divisioni tra i cittadini. In pratica, come si fa,
si sbaglia. Non siate divisivi, dunque: né all'interno del governo, né tra gli italiani. Ma cercate anche di far precedere le vostre decisioni più importanti da
forme di dibattito dignitose e
comprensibili, portando ordine là dove sembra regnare il disordine, facendo sentire i cittadini
partecipi o addirittura
protagonisti dei cambiamenti che s'intendono introdurre. Dopo interi decenni di
piscologia arcigna e, spesso,
degenerativa, c'è bisogno di proporre uno
'spirito' innovativo, che incarni l'intera azione delle forze attualmente impegnate alla guida del Paese. Non si tratta di un
positivismo ingenuo, affidato unicamente agli aspetti
pragmatici o di
sviluppo teconolgico che, in realtà, declinano regolarmente
nell'omologazione e
nell'alienazione. Si cerchi, invece, un utilizzo innovativo delle proprie capacità critiche, accompagnando analisi e diagnosi con ragionamenti ed equazioni
su più livelli. Questa è la sola e unica soluzione per far comprendere agli italiani, o per lo meno alla maggior parte di essi, come sia necessario liberare molte energie da
antiquate camicie di forza, che da sempre tendono a rallentare la crescita del nostro Paese.
L'Italia deve rimettersi in cammino. Ma deve farlo fuggendo
opportunismi, cinismi e
retaggi d'inciviltà. Questo Paese deve saper
individuare, accettare e
comprendere i suoi
difetti di fondo, anziché
rimuoverli o far finta di non vederli. Un popolo può crescere solo se è in grado di guardarsi dentro, anche individualmente, al fine di comprendere quell'antica
distinzione liberale tra
libertà individuale ed
egoismo corporativo, che spesso si confondono, fagocitandosi a vicenda, in forme di
osmosi tanto negative, quanto orribili. Occorre
emancipare gli italiani, soprattutto quelli delle generazioni più giovani, attraverso
un'azione riformista strutturale, ma anche
antropologica e
culturale. Non appiattitevi sul
pragmatismo: non è affatto vero che il dato materiale basti a se stesso e ai cittadini. Al contrario, esso rischia di
replicare uno sviluppo falso e
'caricaturale'. Non basta
l'efficacia momentanea: serve anche
lungimiranza e la capacità di
indicare una direzione di marcia. Sapere
da dove si viene è il solo e unico modo per
comprendere - e far comprendere -
dove si va.