Tutto ebbe inizio nel
1860, quando
Stefano Pernigotti aprì, nella
piazza del Mercato di
Novi Ligure (Al), una drogheria specializzata in
"droghe e coloniali", famosa in tutta la zona (parliamo degli anni in cui
Torino era capitale d'Italia e
Roma era ancora prigioniera dello
Stato pontifico) per la produzione di un
pregiato torrone. Fuori dal negozio, raccontano le cronache dell'epoca, c'era sempre la fila. E l'operoso
Stefano, per accontentare tutti i suoi avventori, decise di allargare l'impresa: nel
1868, fondò insieme al figlio
Francesco la
'Stefano Pernigotti & Figlio': un'azienda specializzata in produzione dolciaria. Era il
primo giugno e il capitale per l'impresa ammontava a
6 mila lire. La mostarda e il classico
torrone di Natale divennero i piatti forti della
Pernigotti, che iniziò a esportare i suoi dolci prelibati in molte città del nuovo
Regno d'Italia. A rendere famose le prelibatezze al cioccolato di
Novi era soprattutto la golosità della
famiglia reale italiana, di cui la
Pernigotti divenne fornitore ufficiale. Tanto che, il
25 aprile del
1882, re
Umberto I in persona concesse loro la facoltà d'innalzare lo
stemma reale sull'insegna della fabbrica. Uno stemma che ha fregiato il logo dell'azienda fino al
2004. Furono anni di soddisfazioni e investimenti, che portarono la fabbrica ad allargarsi e ad assumere nuovo personale. E, quando arrivò la
prima guerra mondiale e il blocco delle importazioni di
zucchero decretato dal
Governo italiano rischiò di mandare all'aria gli sforzi e i successi ottenuti,
Francesco ebbe un'intuizione geniale, che gli permise di trasformare l'ostacolo in un'opportunità: lo zucchero venne sapientemente sostituito con il
miele e, soprattutto il
torrone, ne guadagnò in gusto e consistenza. Tanto che l'uso del
miele per alcune lavorazioni non sarà mai più abbandonato. Storie di imprese e di imprenditori appassionati, che hanno reso grande il nostro Paese grazie al loro intuito. Nel
1919, il figlio
Paolo prese le redini dell'azienda di famiglia. Ebbe così inizio un periodo molto fiorente, sebbene la vera svolta arrivò solamente qualche anno più tardi, nel
1927, quando venne avviata per la prima volta la produzione industriale del
gianduiotto: un nobile
cioccolatino a forma di
barca rovesciata nato ufficialmente a
Torino nel
1865 e arricchito con l'inconfondibile sapore delle
nocciole gentili delle
Langhe. Per la
Pernigotti furono anni di successi e riconoscimenti, come il prestigioso
'Diploma di Gran Premio', conseguito
all'Esposizione nazionale e internazionale di Torino. Nel
1935, Paolo Pernigotti comprò la cremonese
Enea Sperlari, specializzata nella produzione del
torrone. E l'anno successivo, si cimentò in una nuova sfida: i
preparati per gelateria. Un'altra scommessa vinta, con un prodotto che, ancora oggi, si trova sui banchi di negozi e supermercati. Un'altra svolta per l'attività si ebbe nel
1944: un bombardamento distrusse la fabbrica, che venne ricostruita presso gli ex magazzini militari di
viale della Rimembranza, dove ancora oggi la
Pernigotti ha sede. La nuova sistemazione offrì subito un'opportunità di crescita e, nel
1971, l'azienda si allargò ulteriormente, acquistando la
Streglio, specializzata in prodotti a base di
cacao. Con gli
anni '80 del secolo scorso sopraggiunse un periodo di crisi, che portò alla cessione della
Sperlari, nel
1981, agli americani della
H. J. Heinz Company. Poi, nel
1995, Stefano Pernigotti, succeduto al padre
Paolo, perse i suoi due giovanissimi figli in un incidente in
Uruguay e, rimasto senza eredi, decise di cedere lo storico marchio novese alla famiglia
Averna (quella del famoso amaro). Nel
2000 cedette anche la
Streglio a una nipote.
L'11 luglio 2013, la famiglia
Averna ha venduto al gruppo turco
Toksoz. E, nel novembre scorso, la famiglia
Toksoz ha deciso di chiudere i battenti dello stabilimento di
Novi Ligure. Ma oggi, il
gianduiotto più celebre della Storia è
'salvo'. Infatti, soltanto
9 mesi fa sembrava impossibile che la
Pernigotti si salvasse. Risale al novembre scorso la
'doccia fredda' per i
92 lavoratori dello stabilimento di
Novi Ligure, che dopo un incontro tra i
sindacati e i rappresentanti del gruppo turco
Toksoz, proprietario della storica azienda dolciaria, hanno appreso della decisione,
"definitiva", di fermare le macchine dello stabilimento. La situazione dell'azienda è approdata, perciò, sul tavolo del
ministero dello Sviluppo economico. E dopo mesi di trattative, è stata finalmente trovata la
'quadra' con una
'soluzione spezzatino', dividendo cioè i rami d'azienda: la cooperativa torinese
Spes rileverà quello che produce il
cioccolato e il
torrone, mentre l'imprenditore
Giordano Emendatori, guiderà quello relativo ai preparati per i
gelati. Un accordo che garantisce la continuità operativa del sito dopo che, dal
2013, anno in cui aveva rilevato il marchio, la proprietà turca aveva accumulato debiti per ben
13 milioni di euro l'anno. Nel febbraio scorso si era arrivati all'istanza di
cassa integrazione per
reindustrializzazione, che apriva una nuova stagione per il
gianduiotto piemontese: la storica fabbrica della
Pernigotti a
Novi Ligure (Al) ha così potuto riprendere una tradizione dolciaria che vanta
160 anni di Storia. E la distribuzione su scala globale di
gianduiotti, torroni e
cremini piemontesi. Sembra profilarsi, insomma, una soluzione positiva della vicenda. Secondo quanto riferito dai
sindacati presenti al tavolo del
Mise, sono stati siglati due accordi preliminari rispettivamente con
Emendatori e il
Gruppo Spes. Come già accennato, il primo prevede la cessione del marchio
'Maestri gelatieri' e delle relative strutture commerciali
(21 dipendenti) e
produttive (15) con inizio produzione dal
1° ottobre 2019; il secondo, invece, riguarda la
reindustrializzazione della produzione di
cioccolato e
torrone. È in fase di valutazione la possibilità che sia un unico soggetto aziendale (una
newco, ndr) a gestire la produzione di
Novi. Soddisfatto il
ministero dello Sviluppo economico, secondo cui sullo stabilimento piemontese
"è stato raggiunto un accordo storico: produzione continua a Novi Ligure e nessun esubero". I più attenti sanno bene che degli uomini si giudicano i comportamenti e non le parole. Anche se, in un'epoca di
'parolai', questa testimonianza di impresa, capacità, tenacia e perseveranza ci è sembrata il più bel modo di onorare persone che lavorano con passione e che, stavolta, paiono assurgere a un lieto fine.
Giurista d'impresa
Mediatore Civile Professionista
cultrice di diritto civile
Presidente nazionale APM
A. D. R. & Conflict Management
www.masmore.ch