La politica dei
'porti chiusi' non può più essere considerata una semplice posizione puramente
di principio. Appartiene, invece, a una
strategia vera e propria, studiata appositamente per rendere il nostro Paese sempre più
inviso agli altri
partner europei e, probabilmente, giustificarne
l'uscita dall'Eurozona, o per
esclusione diretta, oppure per
pressione interna di una parte della popolazione italiana. Se così non fosse,
Matteo Salvini si recherebbe alle riunioni del
Consiglio d'Europa appositamente dedicate alla questione migratoria. Disertandole regolarmente, appare chiaro come il vero obiettivo delle destre in generale sia un altro: giungere
all'Italexit. Come ai tempi del
fascismo, non ci si venga a dire di non aver
vigilato intorno a un
processo di distruzione e di
rovina del Paese, o di aver lasciato che le
forze reazionarie, non fortissime ma estremamente rumorose, non portassero a compimento le loro assurde strategie. Anche nel mondo
laico-liberale, chi sta chiedendo o cercando di influire sulla situazione affinché venga individuata una
soluzione concertata ai più alti livelli, viene criticato sulla base della
'strana' distinzione tra
mondialismo e
nazionalismo, per il
solito vecchio vizio dei liberali di
'tener ferma la scala' alle destre o per puro
indifferentismo borghese, dato che esiste anche
un'Internazionale liberale che, di certo, non può definirsi
anti-localista o
anti-nazionalista per definizione. La vera distinzione che dovrebbe porsi rimane quella tra
culture razionali e
irrazionali, perché è questo il
'nodo' che rimane da sciogliere in questo Paese e che si è sempre preferito non affrontare, probabilmente al fine di poter
giuocare su più tavoli. In tal guisa, la profonda e immorale
ambiguità italiana è rimasta latente, fino a quando non ha potuto riemergere in tutta la sua
purulenza. Ma in tutto questo, si vede confermato l'antico
anatema 'pasoliniano' in merito a uno
sviluppo economico piatto e
caricaturale, che non è stato accompagnato da alcun fattore
civico, educativo o
culturale, al fine di abbandonare il Paese tra le sue
contraddizioni. Una responsabilità che
non verrà intestata unicamente alle destre, ma a tutto il mondo politico, economico e professionistico italiano, per aver dimostrato una cronica
estemporaneità e
impreparazione. Estemporaneità e impreparazione che hanno già causato numerosi
danni sociali, ricaduti pesantemente sulla vita delle generazioni più giovani. E che, questa volta,
non saranno perdonate.