Dopo la fine della prima Repubblica,
l'Italia è riuscita a passare da una condizione di nazione prospera, leader in molti settori, alla desertificazione industriale interna, alla caduta verticale della propria produzione culturale, al completo caos politico e istituzionale. Ciò dimostra l'immensa quantità di
danni irreparabili che il Paese ha subito e sta ancora subendo, a causa di un
ceto politico sempre più vuoto, che si muove unicamente a colpi di slogan e di promesse irrealizzabili. Una situazione che trova le sue radici in una classe politica enormemente
degradata, che ha perduto di vista ogni reale bussola di orientamento culturale, economico e sociale. Ma all'interno di questa lunghissima
transizione verso l'inferno, ci sarebbe da distinguere tra una classe politica tutto sommato ancora
'decente' della prima fase - quella composta dai
Massimo D'Alema, dai
Romano Prodi e dai
Walter Veltroni a sinistra, dai
Giulio Tremonti, dai
Pierferdinando Casini e dai
Gianfranco Fini a destra - e il grave
smottamento più recente, che sta letteralmente conducendo il Paese verso il
vuoto, poiché totalmente inconsapevole delle decisioni che, invece, bisognerebbe prendere. Nella prima fase, quella della cosiddetta seconda Repubblica,
l'Italia ha saputo per lo meno resistere alla
'prima ondata' di globalizzazione. In seguito, nei primi anni duemila, un'apertura indiscriminata ai prodotti industriali
asiatici a basso costo, ci ha condotti lentamente verso il crollo verticale della nostra produzione industriale interna, in quasi tutti i comparti e settori. In molti, ancora oggi, se la prendono con
l'euro, la moneta unica. Senza comprendere che,
euro o non euro, la vera responsabile del declino del Paese rimane la
politica, la quale ha sempre promesso
all'Europa una serie di riforme che, invece, non sono mai state attuate, né realizzate almeno in parte, al fine di eliminare tutta una serie di sprechi e privilegi che ci hanno condotti a un
debito pubblico ormai destinato a sfondare il
133% della nostra produzione lorda annua. Già nel
2011 era stato sfiorato il
collasso finanziario, evitato grazie all'intervento di tecnici e professionisti di alto livello. Ma non appena costoro hanno portato a termine il loro gravoso compito, imponendo al Paese una ricetta di
austerità - parzialmente errata, tra l'altro - i
politici sono tornati baldanzosi a illudere gli italiani come se il peggio fosse ormai alle spalle, riportandoci, altresì, alle consuete
tifoserie calcistiche e ai più odiosi giuochi di potere. Sino a generare
l'effetto contrario di consegnare l'Italia a forze
infantili come il
Movimento 5 stelle, o
democraticamente immature come la
Lega: un'ulteriore accelerazione verso la disgregazione sociale e la distruzione di un Paese letteralmente in preda a continui deliri e inutili provocazioni. Una
classe politica, di ieri e di oggi, letteralmente
irresponsabile, che non ha saputo far altro che scaricare le proprie inettitudini sulle generazioni più giovani e su chi sarebbe venuto dopo, aggirandosi vittoriosamente tra le macerie di una democrazia che non è mai stata in grado di stabilire degli
obiettivi di lunga lena, basati su un
nuovo disegno o su un
progetto realmente alternativo di società. Si naviga a vista: cambia poco il colore di chi giunge al potere, o la sua autorevolezza e credibilità personale. Il
'nodo' di una classe politica, selezionata sempre peggio e ormai completamente priva di ogni
base 'dottrinaria', è giunto al
pettine. Un insuccesso che di certo non ci vede schierati tra coloro che, da sempre, auspicavano e auspicano un simile
disastro. Perché nonostante tutto, noi credevamo e crediamo nei
Partiti. E non siamo certamente dei
qualunquisti.