Vittorio LussanaQuando si parla d'identità si fa riferimento, in genere, a qualcosa che ha a che fare con una tradizione filosofica, politica, religiosa o più genericamente culturale. Ma in realtà, anche culture e tradizioni subiscono un processo dinamico di trasformazione. Le culture, seppur lentamente, si evolvono, assumendo in sé nuovi elementi e rinunciando ad altri. La differenza tra l'essere conservatori oppure progressisti, in linea di principio, è esattamente questa: i primi tendono a difendere e a custodire alcuni valori; i secondi, al contrario, li 'mutuano', li modificano, li rielaborano e li aggiornano. Ciò significa forse che chi è progressista ha sempre ragione rispetto a chi, invece, resta immobile in difesa delle proprie convinzioni? Assolutamente no: anche un conservatore può benissimo rielaborare il proprio pensiero, senza che ciò provochi lo scandalo di qualcuno. Più semplicemente, un conservatore deve sapere quali princìpi è bene continuare a conservare e quali, invece, debba archiviare in quanto valori ormai obsoleti o 'inattuali'. Allo stesso modo - e a maggior ragione - una cultura, una tradizione e un'identità progressista deve saper sempre individuare nuove vie, per affermare la validità dei suoi princìpi. Quel che conta veramente, in tali processi, è l'assunzione di responsabilità rispetto a quel che si sceglie di modificare, di cambiare o di riformare. Il principio di responsabilità rappresenta, infatti, il primo elemento che connota un'identità: ammettere di aver sbagliato nel compiere una scelta o nell'aver presentato un'ipotesi rivelatasi infondata, dovrebbe essere considerato un comportamento da tenere in considerazione. Invece, questo non avviene: in genere, chi ha sbagliato, oppure ammette di esser stato indotto da elementi puramente apparenti verso considerazioni infondate, nel nostro tipo di società viene considerato un 'non vincente', uno sconfitto: uno 'sfigato', per dirla con una terminologia più moderna. Eppure, sono proprio le sconfitte a preparare le nuove vittorie, dimostrando l'esistenza di un secondo principio delle identità: quello 'esperienziale'. Ovvero, il saper tener conto delle esperienze sbagliate, anche le più amare, che spesso sono quelle più preziose, poiché cariche di insegnamenti. Tale principio di esperienza consente di aprire una nuova fase di sviluppo di un'identità, che dunque si connota di un nuovo importante elemento: la memoria. Una società senza memoria è sostanzialmente priva d'identità: non ricordando da dove si proviene, non si può nemmeno sapere chi o cosa si è, cosa si dovrebbe fare e dove si vorrebbe andare. Senza un passato non si sa neanche quale futuro si possa raggiungere, o quale progetto di società si intende proporre ai cittadini. Ma vi è anche un terzo principio, che consente di dimostrare l'esistenza di un'identità: quello di libertà. Questo è il principio più importante, poiché consente di sperimentare e di cercare nuove strade, di proporre tentativi e, persino, di commettere degli errori. Una società può definirsi compiutamente tale solo quando consente la libertà di sbagliare, affinché si possa comprendere dove si è preso un abbaglio e si possa dare nuovo impulso ai cambiamenti della società medesima. Possedere un'identità non significa, insomma, proporre soluzioni facili e rivoluzionarie, bensì procedere per tentativi ed errori, utilizzando il metodo esperienziale - basato sulla memoria - e assumendosi la responsabilità di successi e sconfitte. Questi sono i tre capisaldi fondamentali di un'identità, qualunque essa sia e a qualsiasi tipologia sociologica appartenga. Si tratta di 3 princìpi scientificamente basilari, che compongono un sistema di valori complessivo, generalmente chiamato 'etica': un'etica della convinzione, ovviamente, non del successo. Il successo, infatti, comporta sempre un giudizio tanto assoluto quanto ingiusto: quello di rimuovere la memoria anche come semplice metodo esperienziale di cui tener conto; il successo, inoltre, limita la libertà di perseguire nuove vie senza commettere errori, poiché si rischia di non essere compresi e di non riuscire a mantenere la propria posizione 'vincente'; il successo, infine, annulla il principio di responsabilità personale, poiché nella sua essenzialità 'fatalista', esso tende a trasferire una 'non identità', intestando ogni errore e ogni ingiustizia a fattori esogeni, esterni alla responsabilità, sfociando spesso nell'esoterismo e nella superstizione. Insomma, in una società sana, non avvelenata da contaminazioni puramente 'formali', giustificazioniste e autoassolutorie, si può sbagliare rimanendo se stessi, purché l'errore commesso sia mosso da un'etica della convinzione, cioé da una 'cognizione di causa'. Viceversa, in una società del successo conta solo vincere, in tutti i modi e con tutti i mezzi possibili, anche i più sleali e scorretti. Ma non si può sempre vincere, nella vita. E quando giunge il giorno in cui si risulta sconfitti, si torna a non essere più nessuno, poiché si perde l'identità acquisita durante la fase di successo, che dunque si rivela falsa, che credevamo reale e che, invece, ci era stata semplicemente assegnata da altri a titolo puramente temporaneo. Ovvero, sino a quando si è riusciti a confermare il proprio successo. Il quale, in realtà, non è altro che l'altra faccia della persecuzione.

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(editoriale tratto dalla rivista mensile 'Periodico italiano magazine' n. 46 - marzo 2019)
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Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - martedi 2 aprile 2019 8.41
RISPOSTA AL SIG. CADORNA: gentilissimo lettore, diciamo che, in questo editoriale, il principio di memoria era uno dei 3 criteri fondamentali. Essendo dei princìpi, sono tutti e 3 sul piano delle rigidità. Quel che non si riesce a far capire è che non si teorizza nemmeno un moralismo assoluto e fisso: ci sono dei princìpi fondamentali all'interno dei quali ci si può muovere liberamente. Invece, nell'attuale tendenza 'aritmetica' a schiacciare tutto sullo stesso piano, si procede con una semplice addizione di cose. Non è un discorso molto semplice da far digerire. Soprattutto, in un Paese che non legge. Cordiali saluti.
Carlo Cadorna - Frascati - Mail - martedi 2 aprile 2019 6.58
L'ha scritto tra le righe ma non in modo chiaro. Un elemento essenziale tra i valori di riferimento, è la memoria storica che oggi si tende a distruggere perché non fa comodo a chi è senza bussola.


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