Abbiamo contattato, in questi giorni, una responsabile della
Re.Co.Sol, la Rete dei Comuni Solidali, per avere una documentazione della candidatura del
Comune di Riace al
premio Nobel per la Pace. L'abbiamo sentita per telefono e, con voce gentile di donna straniera, ci ha anche mandato un messaggio chiedendoci la e-mail. Quindi, sembra che la cosa possa essere avviata. Ma indipendentemente da questo, la candidatura del
Comune di Riace e del suo sindaco,
Domenico Lucano detto
Mimmo, hanno un significato simbolico enorme. Vuol dire che viene riconosciuto il grande valore etico e morale del suo lavoro di
inclusione dei migranti, che aveva avuto estimatori e visitatori venuti a studiarlo da tutto il mondo. Da quando, nel
1998, una barca di
profughi curdi si era arenata sulla spiaggia di
Riace e quello che sarebbe diventato il
sindaco Lucano, con molti altri riacesi, accorse per portare coperte, rifugio e ristoro ai poveri profughi. Fu lì che iniziò l'esperienza della cooperative, del ripopolare le case abbandonate di un comune che aveva visto partire, emigrare a loro volta, moltissimi dei suoi abitanti. E da lì partì tutto: un modello che, per la sua genialità, ha visto includere
Domenico Lucano, schivo, sempre proteso verso gli altri, fra gli uomini più influenti al mondo da
'Fortune': una celebre rivista economica americana. Perché
Mimmo ha dimostrato che l'accoglienza non solo è doverosa e umana, ma anche conveniente dal punto di vista economico. Cominciarono a crearsi laboratori di filato, cucito, ceramica, edilizia per ristrutturare le vecchie case abbandonate da anni, cooperative per lo smaltimento dei rifiuti, negozi equo solidali che porteranno via il lavoro e sottrarranno territorio alle
cosche mafiose e
'ndranghetiste, che da sempre tendono a imporsi da quelle parti. Questo sforzo di
sindaco della normalità gli è costato
una macchina bruciata e un
cane del figlio
avvelenato: chiari segnali che hanno fatto sì che la famiglia preferisse separarsi da lui. Il resto è storia recente:
l'arresto per uso inappropriato dei fondi e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. In seguito, verranno revocati i
'domiciliari', ma gli sarà imposto l'obbligo di non dimorare nel comune. La prima notte, il sindaco l'ha passata in auto. E va detto: lui,
Mimmo Lucano, di complotti non vuole sentire parlare e si confessa colpevole, di fondo, dei reati imputatigli.
"Reati di umanità", li definisce lui. Il sindaco ammette di aver celebrato un
matrimonio per far avere la
cittadinanza a una persona che, altrimenti, rischiava
l'espulsione. Così come ammette di affidare certi lavori per la raccolta dei rifiuti direttamente a delle
cooperative di migranti, anziché bandire gare in cui la criminalità si infiltrerebbe. Molti giuristi dicono che la sua posizione è sana anche da un punto di vista formale: una persona che compie un atto per
prevenire l'illegalità. Andando a scavare, si scopre che gli attriti fra
Lucano e i cosiddetti
'Sprar' erano già iniziati anni prima, quando queste organizzazioni, rette da marito e moglie in provincia e che da sempre sono emanazione dei poteri, anche massonici, locali, dimostrano che
Lucano, col suo
'modello Riace', fa di testa sua e arriva a stampare dei
buoni denaro, per permettere ai migranti di spendere e fare la spesa, mentre i fondi sono bloccati o tardano ad arrivare. Il
'modello Riace' funziona, o funzionava per lo meno. E il paese si ripopolava. Fino al
provvedimento giudiziario, probabilmente legittimo, davanti al quale il sindaco dice chiaramente di voler far fronte, colpevole del
"reato di umanità". E invita tutti a una
scelta di campo, fra
umanità e
disumanità. Disumanità che si è manifestata nel rifiuto del permesso di soggiorno e di cittadinanza per
Becky Moses, che il sindaco conosceva bene: un'immigrata nigeriana fuggita dai suoi aguzzini, finita
arsa viva in un rogo nel ghetto di
Rignano. Un rimorso, per
Mimmo, che non è riuscito a proteggerla. Quando le chiedevano dove stesse, lei rispondeva orgogliosa dalla sua pagina Facebook:
"Sono a casa mia". E cioè a
Riace, la casa degli immigrati, quella che loro, dopo mille tribolazioni, viaggi al limite dell'impossibile, umiliazioni e sfruttamenti sessuali, sentono come casa. Era questo, soprattutto, il
'modello Riace'. Becky non ce l'ha fatta. E anche il
'modello Riace', oggi, sembra morto.
"Tutte le cooperative", ci dice il vicesindaco al telefono,
"sono bloccate". Hanno creato una
Fondazione, per riavere i fondi arretrati, ma il paese sembra di nuovo spopolato: gran parte dei migranti ha dovuto andarsene, per mancanza di risorse. Anche il
sindaco Lucano, che ci manda qualche messaggio e qualche video musicale, bellissimo peraltro, che parla di
solidarietà, ha dovuto andar via. Il
Nobel e l'accensione di un
'faro', quello della stampa, per una candidatura a un riconoscimento così importante, è una speranza. Ma al di là dei
provvedimenti giudiziari, che sono legittimi, non si può fare qualche ragionamento e scavare un po' più a fondo. Il
'modello Riace' mostra come l'accoglienza sia possibile, necessaria e anche utile. Per questo viene odiato dalle forze di governo come la
Lega, che sul rifiuto dell'immigrazione e sulla paura lucrano per prendere voti. E' di qualche mese fa l'inchiesta de
'l'Espresso' che mostra quelli che si dice siano i referenti politici della
Lega in
Calabria: uomini come
Vincenzo Gioffré e
Domenico Furgiuele, legati a famiglie locali come i
Pesce e i
Bellocco e che, attraverso diverse società e prestanome, gestiscono varie attività indagate per
usura e
criminalità organizzata, oltre a essere protagonisti primari del narcotraffico internazionale. Questi sono gli avversari del
sindaco Lucano: quelli che il
'modello Riace' tende a escludere e che vogliono riappropriarsi del territorio, come hanno già evidenziato approfonditi articoli di giornali calabresi e crotonesi. Non è importante, ovviamente, che la
candidatura al Nobel vada avanti o approdi a risultati insperati: è importante che al
sindaco Lucano venga restituita la
dignità e che il
'modello Riace' possa continuare a vivere e influenzare la società. Ed è importante che tutta questa storia si sappia.