A parte il professor
Umberto Galimberti, che peraltro stimiamo, la discussione sullo
Stato di diritto in
Italia durante la puntata di
'8 e mezzo' del
23 febbraio scorso è stata fuorviante. Il sistema giudiziario italiano, fatta salva la
Costituzione del
1948, è ancora quello
fascista, per impostazione e per dottrina. Ciò significa che la
norma giuridica tende a far saltare la distinzione tra
pubblico e
privato. E questa è la prova provata che il nostro ordinamento giuridico dovrebbe essere
riformato radicalmente, perché non è affatto
liberaldemocratico. Il personaggio pubblico perde quasi totalmente il diritto a una
vita privata. Ma questo elemento non può essere dato per scontato, come afferma la
Gruber: è esattamente questa la
distorsione. La
pubblicità di un processo dovrebbe bastare a colpire o, in caso di assoluzione, a riabilitare un imputato sottoposto a un giudizio. Invece, qui da noi
il danno rimane. Persino per
Daniele Luttazzi è stato così: quando vinse la causa contro
Silvio Berlusconi e la
Fininvest, la notizia venne data con
scarso rilievo. Quando, invece, vi fu il cosiddetto
'editto bulgaro', la notizia venne data a caratteri cubitali e con titolazioni in apertura di prima pagina. Ci sono anche prove contrarie, insomma, su questo punto: la
'condanna mediatica' rimane anche quando si esce
'puliti' da un processo o, addirittura, si
vince la causa in Tribunale.
Galimberti si è dmostrato un
'gigante', rispetto a tutti gli altri, questa è la verità: prima vengono i
diritti, non il
sangue o la
parentela. Persino il
Vangelo è coerente, su questo punto. In realtà,
l'Italia, ancora oggi, risente del
corporativismo giuridico fascista. Si può dire, in qualche modo, che
fascisti lo siamo tutti, in minima o in buona parte.