Le nostre
forze 'populiste', in particolar modo
Movimento 5 stelle e
Lega, generalmente ritengono che l'attuale assetto
dell'Unione europea sia quello di una
élite di burocrati assai distante dai problemi concreti dei cittadini. Le cose non stanno affatto così: in
Europa è in corso, da tempo, una vera e propria guerra tra
razionalismo scientista e
irrazionalismo ideologico. Un conflitto nel quale anche il
razionalismo, purtroppo, non è esente da
errori e
valutazioni sbagliate. Molti errori sono stati commessi, soprattutto, dalle
forze popolari e
conservatrici, le quali hanno perseguito un'idea di
'austerity' basata su una
'topica' che in pochi conoscono. Nel maggio del
2010, sulla rivista
'American Economic Review' venne pubblicato il saggio di
Carmen Rheinhart e
Kenneth Rogoff dal titolo:
'La crescita ai tempi del debito'. Un testo di politica economica che ha ispirato tutte le
teorie di 'austerity' che, negli anni successivi, sono state imposte ai Paesi più indebitati. Quella ricerca dimostrava una
correlazione negativa tra
crescita e
debito pubblico, soprattutto quando il secondo superava la soglia del
90% del
prodotto interno lordo. Sulla base di tale assunto, l'allora presidente della Commissione europea,
Josè Barroso e quello agli Affari economici, il finlandese
Olli Rehn, si affrettarono a dichiarare che, per uscire dalla recessione economica, fosse necessario
abbattere il debito, definire il
'fiscal compact' e imporre
l'obbligo di pareggio di bilancio pubblico per legge (
l'Italia lo inserì addirittura in
Costituzione). Il
Fondo monetario internazionale e la
Banca centrale europea fecero propria tale teoria. Ma soltanto qualche anno dopo, il giovane studioso
Thomas Herndon (un neolaureato,
ndr) rivelò che i risultati della ricerca di
Reinhart e
Rogoff contenevano
errori imbarazzanti. A cominciare da un
codice sbagliato sul foglio di
'Excel' utilizzato per archiviare, catalogare e selezionare i dati. Un errore divenuto noto col nome di
'Excelgate' e che, una volta corretto, produsse risultati
praticamente opposti: il tasso di crescita dei
Paesi ad alto debito passava da un
-0,1% a un
+2,2%. Da quel momento in poi, si è cominciato a parlare di
"austerità espansiva". Un
ossimoro che, in realtà, risultava funzionale a occultare ai piani bassi della
'politique politicienne', cioè quella dei nostri
'talk show', un
errore di archiviazione che aveva falsato tutte le stime di crescita. Le quali, infatti, si sono verificate in pochissima parte. In seguito, venne formulata la teoria delle
"politiche di riforme strutturali". Un'idea, quest'ultima, utilizzata dalle
forze popolari, moderate e
conservatrici, per comprimere, innanzitutto, il
mercato del lavoro. Ed ecco come si è giunti al
'Jobs Act' di
Matteo Renzi. Si è trattato di
errori che hanno dimostrato, per l'ennesima volta, non un problema di
élités finanziarie avide e
ingiuste, ma quello di una
classe intellettuale arruginita e
invecchiata, letteralmente
'uccellata' da un giovane
neolaureato nato nel
1985. Un problema di
'rimbambiti al potere', insomma, in cui quasi tutti si corre dietro, senza verifiche e controlli, alle teorie economiche espresse da chi viene reputato autorevole per puro
'feudalesimo intellettuale'. Tutto ciò ha seminato un
'vento' destinato a trasformarsi in una
'tempesta', poiché ha finito col
dare 'fiato' al
populismi delle
destre nazionaliste, benché sin dai tempi del cosiddetto
'Excelgate' fossero i
laburisti e i
socialisti europei quelli che invocavano
l'utilizzo della spesa pubblica e
maggiori investimenti in infrastrutture, secondo i dettami del più normale dei
'keynesismi' sviluppisti. In ogni caso, il
Movimento 5 stelle è giunto solo oggi nel merito di tale dibattito e non certo per sua colpa. Ma anche in questo caso, esso tende ad
avanzare a tentoni, come un
sonnambulo che
inciampa e
sbatte la testa da tutte le parti, in una sorta di
sindrome del 'pipistrello impazzito'. In pratica, esso finisce col sostenere posizioni marginali o di minoranza, puntando a
obiettivi 'rousseauiani' di maggioranza. Un errore che rischia di trasformarlo in una
'meteora' della politica. Il
M5S, inoltre, tende a
drenare voti a sinistra per portarli in dono alle
destre. Ovvero, proprio a quelle forze che hanno
condiviso, in passato, gli
errori di cui sopra. La mancanza di iniziativa politica del
mondo socialdemocratico internazionale, infine, completa un
'quadro' complessivo che, sebbene di crisi, non sarebbe così negativo, se non risultasse peggiorato
dall'inazione proprio delle
forze riformiste e di
progresso. Quando questo equivoco si rivelerà tale, molte
nubi verranno
spazzate via. Ma ciò non toglie che, anche sul
fronte razionalista, liberaldemocratico e
progressista, siano stati commessi degli
errori evidenti: si è esaltata a lungo la
signora Merkel, per esempio, quando gli effetti della crescita economica tedesca erano dovuti, in larga parte, alle riforme del socialdemocratico
Gerhard Schroder. Il mondo
laburista e
socialista europeo deve comprendere come uscire
dall'enigma che esso stesso ha generato e che si è andato a incastrare all'interno di un
equivoco ancora più grande. Quello di chi ha finito col riesumare un vero e proprio
cadavere: un
sovranismo dannoso e
'sfascista', che oggi cerca di
'scalzare' il mondo
popolare e
moderato. Il quale, a sua volta, merita pienamente di essere
defenestrato.
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Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)(editoriale tratto dalla rivista 'Periodico italiano magazine' n. 45 - gennaio/febbraio 2019)