Germania, anni
'30 del secolo scorso: un'atmosfera di terrore avanza insidiosa e silenziosa a offuscare, poco a poco, il cielo di una
Berlino accesa di fascino e arte, a spegnere gli impeti e le ispirazioni di giovani artisti e ammalianti
'viveurs'. Ma c'è un posto chiamato
'Kit Kat Club': un
teatro di cabaret, nel quale la vita continua a scorrere serena, incurante di tutto ciò che fuori accade, come se nulla fosse. Qui crescono e maturano i sogni e le ambizioni di una giovane attrice,
Sally Bowles (Giulia Ottonello): una donna dallo spirito eccentrico, capriccioso ma vulnerabile, che s'innamora dello scrittore americano
Cliff Bradshaw (Alessandro Di Giulio). Ne nasce una relazione tormentata, contrastata dal sopraggiungere degli eventi. Tra i tavolini del club si consumano amori senili, come quello tra una coppia di anziani, l'austera
Fraulein Schneider (Altea Russo) e il timido e riservato ebreo
Herr Schultz (Michele Renzullo). I due personaggi, dapprima abbandonati alla loro passione, saranno inevitabilmente costretti ad allontanarsi l'uno dall'altra. Ben presto, la
furia nazista travolgerà anche il
'Kit Kat Club', uccidendo anche l'ultimo dei pensieri di libertà. Il regista,
Saverio Marconi, affiancato dalla
Compagnia della Rancia, già da qualche anno sta portando in scena la propria versione di un classico del teatro musicale,
'Cabaret', che rispecchia l'emergenza del momento storico attuale. Lo spettatore si ritrova ad assistere a un
musical freddo, duro, in cui qualsiasi possibilità di speranza o di lieto fine risulta negata. Da una parte, quel luogo pieno di magia, teatro di spettacolo e di dissipazione, rappresenta
un'isola felice, dove ancora c'è spazio per i sogni e le dolci attese dei personaggi, delineandosi come l'ultimo baluardo di resistenza alla
'furia hitleriana', che di lì a poco non risparmierà niente e nessuno; dall'altro, il regista vuol farci notare come il
'Kit Kat Club' non sia che l'emblema della condizione dell'uomo del nostro presente, il quale, chiuso nella sua comoda e indifferente indolenza, si sottrae a ogni tentativo di lotta e di salvezza. Del resto, la Storia ci racconta di quanto fu incisivo
l'assurdo antisemitismo nazionalsocialista all'interno delle comunità di
artisti. I locali di
cabaret della
Berlino degli
anni '30 furono tra i principali luoghi di
congiura antinazista, nonché gli ultimi baluardi di quell'ideologia di speranza e di libertà frutto del retaggio della
Repubblica di Weimar. Il pensiero del regista è affidato alla parola del maestro di cerimonie del
'Kit Kat Club', impersonato da
Giampiero Ingrassia, che sotto una maschera espressionista e con atteggiamenti provocatori è autore di interventi scenici volti a scuotere il pubblico. Il personaggio rivolge costantemente un invito alla riflessione: un'esortazione a collocarsi dietro un punto di vista distaccato e
'straniato', che risulta perfettamente in linea con la tradizione del
teatro 'brechtiano'. Ed è proprio al maestro di cerimonie che spetta il duro compito di pronunciare la parola di congedo:
"Auf Wiedersehen". All'interno del cast artistico, spicca l'interpretazione di
Giulia Ottonello, la cui voce spazia sapientemente tra tonalità e registri differenti. La cantante passa dal suono più grave, aspro e mascolino, al più chiaro, dolce e cristallino. Inoltre, la grande abilità nell'esecuzione delle
coreografie e nella scioltezza dei movimenti le conferiscono grande presenza scenica. La scenografia, ricca di luci, corde, tessuti, insegne luminose, si snoda attraverso due ambienti principali: il
'Kit Kat Club' e la
pensione di
Fraulein Schneider, allestimenti che testimoniano uno studio storico approfondito da parte dello scenografo,
Gabriele Moreschi e dello stesso
Saverio Marconi. Secco e di grande impatto il finale, che risulta quasi slegato dall'interno
corpus drammaturgico, perchè del tutto
inaspettato. Indelebile l'impronta lasciata dalle mani che si intravedono dietro le sbarre: un simbolo che appartiene alla
memoria dell'intera umanità.