I cittadini di
Teramo hanno poco da
'sghignazzare': il Paese si sta avvitando sempre più intorno a se stesso, avviandosi verso una
recessione che smentirà ogni previsione del
Governo riguardo al prodotto interno lordo previsto per l'anno
2019, rendendo ancor più difficile risolvere il cronico
tasso di disoccupazione del capoluogo abruzzese. Mettersi a
ridere sguaiatamente in una pubblica piazza, per la sgradevole battuta dell'attuale
ministro degli Interni contro uno
scrittore, che con la propria attività ha fornito un
contributo prezioso nel combattere le
mafie, rappresenta un comportamento tanto
immorale quanto
indegno, anche durante un comizio di parte. Stando così le cose, c'è ben poco da
ridere, cari cittadini
'teramani': vediamo quanto tempo ci metterete a capirlo,
'zucconi' che non siete altro. C'è indubbiamente da sottolineare che non è soltanto la città di
Teramo che si sta abituando a frasi e comportamenti puramente
goliardici, indotti dal leader della
Lega come metodo di propaganda
trasgressiva e un po'
scomposta: un intero pezzo di questo Paese sta dando per scontato che il
'vuoto atteggiamento', o una concezione della politica più vicina alla
tifoseria calcistica piuttosto che a una precisa
scala di valori filosofici, culturali o morali, possano bastare a risolvere i suoi
problemi concreti. Gli italiani sono vivamente pregati di rendersi conto di essere vittime di uno
'pseudo-pragmatismo' cinico e
ottuso, tipico delle
demagogie più
ingannevoli. E' fuor di discussione che l'idealizzazione del
'leader forte' e con la
'battuta pronta' appartenga pienamente al
Dna culturale degli italiani in quanto retaggio del loro percorso storico, in cui il
fascismo ha rappresentato solamente l'ultima delle sue
disavventure. Dietro l'atteggiamento
ridanciano e
meschino della popolazione
teramana di questi giorni pesa, soprattutto, un passato di
paternalismo borbonico, il quale ha generato una
mentalità dissimulatoria riemersa come un
vampiro dalla propria tomba. Un elemento della nostra
sub-cultura locale e
territoriale che non riguarda solamente questa o quella cittadina: un bel
'pezzo' della popolazione italiana è fatta così. Si tratta di
retaggi che fanno espresso riferimento a modelli comportamentali che non s'ispirano affatto
all'individualismo liberale o alla
carità cristiana, bensì al
qualunquismo più
opportunista e
contraddittorio. Siamo cioè di fronte a
un'Italia che non possiede alcuna
spina dorsale culturale o
morale, nemmeno di
destra idealista o
conservatrice. Ma tant'è: tutto questo non rappresenta affatto una notizia, né una novità. E bisognerà pur farsene una ragione, per motivi politici e culturali
'superiori', anche se scarsamente compresi dai cittadini. Pertanto, il vero problema politico che abbiamo di fronte è un
ministro degli Interni che, attraverso una serie di tecniche propagandistiche
sleali e
indegne, si diverte sornionamente a
'sobillare' gli istinti peggiori delle persone, instillando sentimenti
antipolitici e persino
anti-nazionalisti, al di là di quello che dice o che afferma. Sul fronte della lotta alla mafia,
Matteo Salvini e
Roberto Saviano dovrebbero stare dalla stessa parte della barricata, anziché
darsele di 'santa ragione'. Ovviamente, che simili polemiche vadano completamente contro ogni reale
'interesse nazionale' non interessa a nessuno. E bisogna anche ammettere che questo genere di problemi, in verità, derivano da una
cattivissima politica, che non è stata affatto capace di educare e di avvertire i cittadini in merito a
problemi antropologici e
culturali di questo tipo. Nessuno ha mai spiegato quale sia il vero significato ideologico di termini come, per esempio,
'settarismo'. Ed ecco per quale motivo ci ritroviamo, oggi, letteralmente
abbandonati e
senza bussola, in balìa di una
'koiné' dialettica che tende ad assestarsi sempre più verso il basso. Perché anche il neologismo
'supercazzola' o il recente
'francesismo' di
Alessandro Di Battista, rivolto allo stesso ministro degli Interni -
"Salvini vuole la Tav? Torni da Berlusconi e non rompa i coglioni..." - rappresentano il
trionfo della superficialità più
volgare e di
basso profilo. In pratica, ogni qual volta una persona qualsiasi - compreso un
ministro degli Interni che
disistimiamo profondamente - tenta di esprimere un concetto più articolato, lontano dalle
'piatte' sintesi degli
slogan, si ritrova immediatamente accusato di
prolissità o di
scarso 'appeal' propagandistico. Si tratta di modi di fare politica
inaccettabili, che tendono a trascinare il Paese verso l'amplificazione dei suoi problemi. Oltre a preparare il terreno per
sventure ben peggiori di quelle che stiamo attraversando.