Ciò che
appare, ciò che viene
narrato, ciò che si
'sente' e ciò che
è, raramente
collimano. Lo sanno la
psicologia, la
sociologia e persino il
diritto. Ma in una vicenda come quella del
Tav (Treno ad alta velocità, ndr), questa considerazione è quantomai lapalissiana.
Ciò che appare: un'Italia 'spaccata', da più di vent'anni, su un tema che, in verità, territorialmente riguarda solo una parte del territorio nazionale, ma che riesce a richiamare folle da tutta la penisola. E così, persone che nemmeno sanno collocare sulla cartina geografica dove sia la
Valsusa, arrivano (per lo più in treno, ché se è ad alta velocità, per loro non dovrebbe nemmeno esistere, a essere coerenti...) per manifestare contro un'opera che loro (che vivono altrove) ritengono
inutile. A questo si unisce una parte della popolazione
'valsusina', che è contraria e che ha sempre urlato con forza questa opposizione, lasciando tuttavia la parte favorevole, relegata in un
angolino. Ma un bel giorno, questa parte favorevole non ha più sopportato di essere sottovalutata. Così, sì è giunti alla manifestazione del
10 novembre scorso, organizzata da un gruppo di donne che si è immediatamente cercato di sminuire, ribattezzandole:
"Le madamin". A questo ha fatto seguito l'incontro, tenutosi alle
Officine Grandi Riparazioni, di tutte le sigle associative nazionali (ribattezzato
'Partito del Pil', come se credere nella crescita del Paese sia un'onta...), in cui di nuovo la
società civile non ha fatto altro che chiedere la
ripartenza dell'Italia, alla faccia della
'decrescita felice'. Da ultimo, il
contraltare dei 'No Tav' dello scorso
8 dicembre, che ha interessato ancora una volta sia
Torino, che
Roma, con presenza, questa volta sì, della politica.
Ciò che viene narrato: una preponderanza delle
voci urlanti, offensive e
denigratorie contro chi non la pensa come loro.
Ciò che si sente: ad avere consapevolezza, non si può non avvertire un profondo senso di
frustrazione per la mancata comprensione del fatto che non si può vincere
'gli uni contro gli altri', ma si vince, sempre e solo, tutti insieme.
Ciò che è: una
mancanza di dialogo, assente ormai da troppo tempo, che ha fatto sì che, in primis, gli abitanti della
Valsusa appartenenti alle due differenti
'visioni' si tramutassero, da vicini di casa, ad
acerrimi nemici. Dimenticando che il territorio è un
patrimonio comune. E che ogni Paese del mondo si è sempre e solo sviluppato con un
dialogo di mediazione, che tenesse conto delle diverse esigenze, ma che una
decisione, una volta presa democraticamente e a maggioranza, vada
portata avanti. Perché in una
democrazia, questa dovrebbe essere la
regola di base. Se si continuerà a non comprendere questo, lo
scollamento tra ciò che viene
narrato, quel che risulta
percepito e la
realtà continuerà a essere sempre troppo ampio. E, davvero, quando se ne verrà a capo,
sarà troppo tardi.
Giurista d'impresa
Mediatore civile professionista
Cultrice di diritto civile
Presidente nazionale Apm
A.D.R. & Conflict Management
www.morelloconsulting.it