Le scritte sui muri di
Firenze contro la squadra di calcio della
Juventus e la magnifica figura di
Gaetano Scirea non rappresentano una vergogna soltanto sotto il profilo sportivo e umano. Al contrario, lanciano un segnale chiarissimo circa il
processo d'inculturazione dei
costumi che l'attuale
deriva 'populista' sta già innescando. Non si tratta del primo episodio, per carità: le nostre città sono piene di
stupidaggini e
odiosità. Ma questa volta è venuto a mancare ogni senso del limite: un confine che chiunque dovrebbe comprendere di non poter varcare. Un po' come nel caso della fotografia di
Anna Frank con indosso la maglietta della
Roma calcio, ritrovata lo scorso anno sugli spalti della
curva nord dell'Olimpico di
Roma. La tragedia dello
stadio Heysel di
Bruxelles, avvenuta poco prima della finale di
Coppa dei Campioni del
1985, innanzitutto causò la morte di
32 italiani, prima ancora che
'juventini'. In secondo luogo, prendersela con il ricordo di
Gaetano Scirea, il quale, oltre a esser stato un
'libero' straordinario della
Juventus e della
nazionale campione del mondo in
Spagna nel
1982, ha sempre saputo comportarsi in maniera esemplare anche fuori dai campi di giuoco, è veramente
un'offesa al senso comune del popolo italiano e a tutte le persone che cercano, ogni giorno, di fornire un esempio di come si sta al mondo. Purtroppo, è in atto un processo di diffusione di
odio e di comportamenti completamente
privi di scrupoli. Atti anche inutili, sotto il profilo della passionalità sportiva, che finiscono col ricadere sull'immagine stessa della comunità cittadina che una tifoseria calcistica vorrebbe rappresentare. Come nel caso della civilissima
Firenze: una città che ha saputo conquistarsi un posto centrale nella Storia dell'intera umanità, donando
arte e
cultura a tutto il mondo. Purtroppo, la nostra società continua a viaggiare nella direzione di una logica di
mera provocazione, la quale, in realtà, tende a confermare una serie di
stereotipi niente affatto innovativi, sotto il profilo dell'avanzamento civile. Un po' come quando si pianifica una rapina in banca pur di
'fare notizia' e apparire, il giorno dopo, sulle pagine dei giornali: c'è così tanto bisogno di
azioni clamorose, per ricevere attenzione dai media o, più in generale, dalla società? Non ci bastano le
assurdità che leggiamo e ascoltiamo ogni giorno? Oltre a ciò, noi cominciamo a temere che lo scrittore
Umberto Eco avesse ragione: l'avvento dei
social network sta amplificando i nostri aspetti più
arretrati e
vergognosi, evidenziando
l'altra 'faccia' di
un'italianità totalmente
'piatta', priva di ogni reale interesse. Indubbiamente, si tratta di un fenomeno che ha le sue vere cause nel
marketing, in cui un capo di
biancheria intima non viene presentato per esaltare la
femminilità o
l'eleganza estetica di una
ragazza, bensì è finalizzato a confermare lo stereotipo che vede la donna quasi esclusivamente relegata nei consueti
'recinti' della
pornografia più
pesante e
volgare. Oppure, in quelli del
focolare domestico allorquando presenta un
prodotto alimentare, o un modo più veloce di cucinare un piatto raffinato senza troppo star lì a
'spignattare'. Soltanto questi
'schemi', riconosciamo? Solamente queste due categorie di donne riusciamo a concepire, all'alba dell'anno di grazia
2019? Quanto accaduto a
Firenze rappresenta l'ennesimo segnale di una
'rivoluzione reazionaria' che tende a livellare e a omologare come una
'patina' l'intera società, in maniera orizzontale o
'trasversale', come si usa dire in questi casi. Ma non è solo ed esclusivamente il mondo della pubblicità a
'insinuare' nei nostri comportamenti una terrificante tendenza verso la
'piattezza' e la
superficialità: anche quello della
scuola e delle
università continua a dare il via libera a intere
orde di 'somari' e di
piccolo borghesi. Ma certa gente doveva ricevere una
laurea per forza? Non poteva andare a lavorare già a
14-15 anni, o al limite subito dopo il
diploma? Cosa ce ne facciamo, oggi, di tutta questa gente qui, che considera il
diploma di Laurea un mero
attestato formale da appendere al muro, o da allegare in fotocopia ai propri
miserabili 'curricula' professionali? Possibile che, con tutto il patrimonio storico e artistico che abbiamo, non riusciamo a far comprendere alle generazioni più giovani che la
cultura non è affatto un
mero 'bagaglio', bensì l'assorbimento di
princìpi e di
valori da applicare ogni giorno? In questa cieca deriva che la società italiana ha ormai intrapreso, la sola risposta possibile rimane quella di
'divorare' gli insegnanti della scuola dell'obbligo, i
docenti universitari e i
dirigenti televisivi? Perché se l'unica alternativa è questa, potremmo anche cominciare ad applicarla, se si vuole, in quanto forma di
'cannibalismo'. E non soltanto
metaforico.