Marcello ValeriUn nuovo libro, uscito lo scorso ottobre, raccoglie alcune notizie inedite relative al leader socialista e la sua politica estera, svelando alcuni retroscena sui rapporti Italia-Urss e l'attualità del pensiero politico di Bettino Craxi. E' questa la consapevolezza che lasciano le pagine di 'Bettino Craxi: uno sguardo sul mondo', edito da Mondadori e a cura della Fondazione Craxi. Un'opera che spiega a fondo il pensiero politico di Craxi su numerosi temi di politica estera. Il volume raccoglie appunti inediti dall'esilio e materiale d'archivio della Fondazione. Lo sguardo di Craxi, ancora oggi di sconcertante attualità, affronta e analizza profeticamente alcune tematiche, che spaziano dall'Italia all'Europa al Medio Oriente, dall'America all'Urss e alla Cina, focalizzando questioni quali il futuro del Mediterraneo, il debito dei Paesi del terzo mondo, i flussi migratori e la globalizzazione. Tacciato in modo superficiale di essere anti-europeista, Craxi scriveva, già alla fine del secolo scorso, della necessità di modificare i Trattati di Maastricht, che riteneva incompatibili con la direzione intrapresa dall'Europa in quegli anni. Profetico il pensiero sull'euro, che avrebbe dovuto giungere alla fine di un lungo processo di unificazione politica. Con il suo 'occhio lungo', il grande leader socialista elaborò in anticipo critiche che oggi sembrano quasi scontate, ponendo quesiti a cui nessuno finora ha risposto. "Solo in Italia", scrisse, "sono tutti europeisti 'purosangue': giovani, vecchi, donne e bambini, da Prodi a Berlusconi. Nessuno spiega bene di cosa si tratta e si tratterà: sono tutti ugualmente europeisti al 100%. Ma cosa si debba fare, secondo le regole in vigore oggi, per entrare nell'Unione monetaria o cosa bisognerà fare per restarci, non lo dice nessuno". Sfogliando le pagine del libro si riscopre il suo carattere 'garibaldino', che lo portò quasi a rischiare la vita per poter omaggiare la tomba di Salvador Allende, negli anni della dittatura di Pinochet. E come, per abbattere la tirannia cilena organizzò, nel 1983 a Buenos Aires, un incontro con il socialista cileno Ricardo Lagos, strenuo oppositore del regime di Pinochet, il presidente argentino Alfonsin, il premier francese Mauroy e quello spagnolo Gonzalez. Ricardo Lagos, poi divenuto presidente del Cile dal 2000 al 2006, scrive di lui: "Quando arrivò il momento di incontrare Bettino Craxi, il suo appoggio fu immediato e ci chiese con fare pragmatico: 'Qual e' il vostro problema principale'? In tempi in cui i 'social' non esistevano, rispondemmo: 'Un mezzo di comunicazione', poiché la censura era totale e non potevamo comunicare con il resto del Cile". Craxi, allora, finanziò la radio, che finalmente potè essere installata in un Paese governato da un presidente eletto democraticamente. Il Psi di Craxi ha impegnato risorse importanti contro le dittature e in favore dei Partiti socialisti di Cile, Portogallo, Spagna, Grecia ed Europa orientale. Nel 1998, Jiri Pelikan, dissidente politico in Cecoslovacchia dopo l'invasione sovietica scrive: "Adesso scrivo le mie memorie, nelle quali ci sarà un posto d'onore sulla Tua attività per la libertà e la democrazia in Italia e nel mondo". Il libro ripercorre anche le pagine di storia sui rapporti tra l'Urss, il Pci, Prodi e De Benedetti. Craxi sottolinea i legami tra l'Olivetti e l'Unuine sovietica, nonché "il rapporto ombelicale De Benedetti-Pci, poi Pds". In relazione alle stazioni radio del servizio segreto russo "sotto la gestione diretta del Pci" e menzionate dal rapporto Mitrokhin, Craxi racconta da Hammamet, nel 1998: "Potevano non sapere D'Alema o Violante,  ma di certo non poteva non sapere Berlinguer e non poteva non sapere Napolitano". Così come lo sapeva, secondo l'ex presidente del Consiglio, Ugo Pecchioli, il quale "per incarico del Pci, d'intesa con il Pcus e il Kgb, era il responsabile di questo servizio segreto prima di divenire, con la rivoluzione del 1992, presidente del Copasir". I suoi appunti scrutano il tentato 'golpe' dell'agosto 1991 contro Gorbaciov e di come questo fatto venne accolto in modo quasi indifferente da Romano Prodi: "Prodi aveva eccellenti rapporti anche con gli uomini che avevano organizzato il golpe", racconta Craxi. Interessante anche la lettera di Yasser Arafat del 1995: "A Te, caro amico, che hai partecipato alla fioritura del giardino del sostegno internazionale al mio popolo, il grande merito per l'accordo di pace israelo-palestinese, che stiamo tuttora sforzandoci di sviluppare fino al raggiungimento dell'obiettivo fissato, cioè una giusta pace, che ci sarà quando sarà costituito il nostro Stato indipendente con Gerusalemme capitale". Craxi morì nel 2000, Arafat nel 2004. Nel 2018, il presidente americano appena eletto, Donald Trump, decide di spostare a Gerusalemme l'ambasciata statunitense in Israele. Nella parte finale, l'analisi della politica estera di Craxi per opera dei maggiori quotidiani mondiali e il rapporto confidenziale 'The Craxi factor' (il fattore Craxy, ndr) ricevuto nel 1987 da Ronald Reagan per opera di John W. Holmes, numero due dell'ambasciata Usa a Roma. Documenti che forniscono un 'quadro' assolutamente limpido della visione di uno statista che guardava all'Italia con gli occhi del mondo. E che immaginava per essa un ruolo primario, da protagonista nello scenario internazionale.


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