I fatti di croncaca più recenti ci stanno portando a riconsiderare il tema dell'utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione su supporti telematici, dimostrando realtà e comportamenti
'deviati', accertati e comprovati in ogni ambito e settore di diffusione, sia scolastica, sia familiare o professionale. La nascita e le problematiche annesse all'attuale modello di sviluppo si specchiano, ormai, nel modello probabilistico, per la considerazione del
fenomeno individuale 'deviante' come dipendente da una pluralità di
'fattori a rischio': famiglia, contesto relazionale, contesto scolastico e adattativo. Da quest'analisi, si diramano le possibilità di eventi emergenti soprattutto in ambito
scolastico, essendo quest'ultimo lo spazio prettamente finalizzato alla crescita e all'incontro dei ragazzi. Attualmente, in
Italia sono operativi alcuni programmi di sviluppo sul territorio, grazie alla coordinazione tra personale
Ata, famiglie e
docenti. Si può quindi trovare un argine al fenomeno attraverso una
'co-responsabilità sociale' tra le famiglie e il personale tecnico. La maggior parte dei comportamenti posti in atto per
'uccidere la noia' evidenziano come il
'bullismo' nasca in relazioni rinforzate dal silenzio, da complicità omertose, da paure nell'intervenire e nel prendere posizioni di fronte alle prepotenze. Molto spesso, tali comportamenti, che instaurano un
nesso tra la
vittima e il
'bullo', sono anche interpretabili in quanto richieste di attenzione. La qual cosa rappresenta la forte manifestazione di un grande
'vuoto familiare' ed
educativo. Le conseguenze di tali fenomeni sui comportamenti delle vittime e, talvolta, anche sulla vita professionale di qualche insegnante, sono in fase di progressivo contenimento. Ma siamo ancora all'inizio della
'partita'. Le prime misure vennero attuate a partire dal
DPR n. 235/2007, il quale ebbe la lucidità di riconoscere il minore come soggetto da rieducare, innanzitutto, all'interno dell'ambiente scolastico, permettendo così un possibile andamento costruttivo dei
percorsi formativi individuali. La lotta al
'bullo' può diventare un esempio di collaborazione e costruzione di un ambiente democratico, socialmente e civilmente riconosciuto. L'attenzione al contesto familiare, con l'adozione delle direttive intraprese, risulta anch'esso un
ambito sociale fondamentale per poter raggiungere un pieno e coordinato sviluppo di contenimento e di prevenzione del fenomeno. I lavori parlamentari degli ultimi anni hanno in seguito prodotto un provvedimento, la
legge n. 71 del 2017, teso ad arginare il fenomeno del
'cyberbullismo' inteso come un arresto del programma d'inserimento
socio-educativo e, soprattutto, come un allarmante evolversi di fenomeni relazionali per mezzo di
pc, cellulari, e-mail e
chat. I comportamenti posti in luce come altamente punibili sono soprattutto lo
stalking, le
ingiurie, le
molestie e il
furto d'identità digitale, probabilmente mutuati dai dati della
Polizia postale del
2015, che hanno riportato
6 denunce per
stalking, 36 per
diffamazione on line, 18 per
ingiurie, 16 per
molestie e
59 per
furto d'identità digitale. Il contenimento della cattiva condotta e la diffusione di contenuti offensivi è materia direttamente stabilita dal
Garante della privacy, al di là delle misure sanzionatorie. Bisognerebbe, tuttavia, cominciare a introdurre buove forme di
'ammonizione' per i minori di età superiore ai
14 anni, con l'auspicio di una piena ricezione dell'esigenza di un maggiore contrasto del fenomeno. La sfida attuale diviene, cioè, quella d'individuare i distinti fenomeni su
scala globale, al fine di arginare in tempi rapidi le cosiddette
'condotte di contenuto', tutelando ogni
'utente-vittima'. La difficoltà maggiormente riscontrata si manifesta nel trovare un confine di disamina al concetto di
'contenuto deviante' e
offensivo: ovvero, l'identificazione dei parametri legislativi in cui comprendere le condotte da reprimere. Sicuramente, le esperienze testimoniate e i casi riportati negli ultimi dieci anni sono un chiarissimo suggerimento e un indice di rilevabilità per il contenimento e la non reiterazione dei fatti denunciati. Non vi è alcun dubbio che l'uso del
web e delle contestuali situazioni che favoriscono una
navigazione a rischio siano divenute, oggi, problematiche da sottoporre a stretto controllo e tutela, per garantire una flessibilità maggiore dell'uso stesso delle nuove tecnologie. Il
'cyberbullismo' dev'essere riconsiderato quale insieme di condotte poste contro il minore, il singolo individuo, il professionista e anche alcune complesse realtà aziendali. Le nuove realtà mediatiche si aprano, dunque, in tutte le loro sfaccettature, a una
dimensione socio-economica che non può più esitare nell'esercitare
forme di tutela e
nuove risposte politiche e
civili da fornire.