Il disegno di legge intitolato
'Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzie di bigenitorialità', ormai noto alle cronache come
'ddl Pillon' - dal nome del senatore della
Lega primo firmatario del provvedimento - è basato su una premessa
infondata. E cioè che la norma attualmente vigente in tema di affidamento e collocamento dei figli a seguito di una separazione consensuale
(legge n. 54 del 2006) abbia fallito il proprio compito. Le cose non stanno affatto così: nel giro di un decennio, i cosiddetti
affidi condivisi sono aumentati dal
20% del
2005 (dati Istat)
all'89% dei casi attuali. Perché, dunque, qualcuno sente il bisogno di
'novare' una norma che, in realtà,
sta funzionando? Semplice: perché ci sono stati alcuni casi, assolutamente marginali, in cui la parte maschile della coppia ha subito il totale allontanamento dai propri figli da parte delle madri. Una fattispecie sintetizzata, generalmente, con la locuzione:
'alienazione genitoriale'. Dunque, il
'ddl Pillon' intende completare, almeno apparentemente, il diritto di famiglia, stabilendo per legge un obiettivo di
'perfetta bigenitorialità'. In realtà, si tratta di un provvedimento che rischia di irrigidire la situazione, imponendo forzosamente un affidamento dei figli perfettamente diviso a metà tra
padre e
madre, finalizzato a limitare il più possibile la
discrezionalità del giudice e ogni sana distinzione liberale basata sull'analisi dei
singoli casi specifici e sulle reali
condizioni 'ambientali' del nucleo familiare. Alla base di ciò, vi è l'evidente
pregiudizio che vorrebbe la norma del
2006 viziata da elementi ideologici, poiché la
legge n. 54 sembra affidare più frequentemente presso le
madri la custodia dei figli. Una prevalenza che, invece, dipende dal
tessuto sociale italiano, in cui i ruoli culturali, lavorativi e professionali tra uomo e donna sono ancora ben lontani da
quell'eguaglianza sancita
dall'articolo 3 della nostra
Costituzione. Per non parlare del
divario occupazionale che viene a crearsi, a tutto svantaggio delle donne, dopo la nascita di un figlio. In pratica, ciò che dovrebbe essere considerato un obiettivo da raggiungere attraverso comportamenti consapevoli e responsabili - quelli di una
'bigenitorialità' il più possibile vicina all'equilibrio - per il senatore leghista
Simone Pillon diviene il
presupposto di partenza, ingessando ogni
decisione 'altra' e certificando una quasi certa
inapplicabilità dell'accordo, con inevitabili ricadute negative sull'educazione e la crescita dei figli. Insomma, siamo di fronte a un modo singolare di affrontare una
questione estremamente delicata. Anche perché, i casi di maggior frequenza, sin dai tempi dell'introduzione del
divorzio, sono quelli di
padri che non solo
non rispettano gli accordi stabiliti di fronte al giudice, ma che addirittura
si disinteressano completamente nel crescere e nell'educare i loro figli, in particolar modo sul versante del
mantenimento, accampando scusanti di natura eminentemente
economica totalmente avvinte a un
egoismo piccolo borghese a dir poco
disgustoso. Oltre a ciò, il vero
obiettivo nascosto di questo progetto di legge è proprio quello di
irrigidire l'affido condiviso al fine di
'sconsigliare', indirettamente, lo strumento del
divorzio, ritenuto responsabile della
scarsa natalità italiana di questi ultimi decenni e della moderna propensione di molte giovani coppie a scegliere forme più libere di
convivenza civile. Insomma, la reale volontà della
Lega, sul fronte familiare, è quella di tornare a un
modello apologetico, statico e
tradizionale della famiglia, restaurando un nucleo chiuso in se stesso, che rischia di tornare a occultare al proprio interno
violenze domestiche e
ipocrisie 'amorali'. Una concezione
inaccettabile, che non tiene minimamente conto dei cambiamenti avvenuti nella famiglia, ormai divenuta una sorta di
'nucleo allargato'. Basterebbero comportamenti più ragionevoli e responsabili, da parte dei genitori, nel gestire con piena consapevolezza e maturità la propria
funzione educativa, senza conseguenze negative sulla crescita dei propri figli. Invece, stiamo tornando alle logiche dello
Stato dirigista, che pretende d'intervenire pesantemente anche nella sfera più strettamente privata delle persone. Un
legislatore invasivo, mosso da evidenti
pulsioni antidemocratiche e
illiberali, più che da un sincero bisogno di determinare effetti giuridici di
giustizia sociale.PER LEGGERE LA NOSTRA RIVISTA 'SFOGLIABILE' CLICCARE QUI
Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
(editoriale tratto dal n. 43 della rivista mensile 'Periodico italiano magazine')