Valentina SpagnoloDa un po' di tempo in qua si parla spesso dell'Azerbaijan. Ciò accade sia per il gasdotto 'Tap', destinato a fornire ingenti risorse di gas metano all'intero bacino del Mediterraneo occidentale, sia per la sua evoluzione storica, che in molti negli anni '90 del secolo scorso hanno trascurato. Inaspettatamente, invece, la politica internazionale ha visto esplodere eventi di rilievo proprio nei territori del cosiddetto 'Middle Est': quelli più vicini alla Russia di Putin. Accadimenti che hanno segnato profondamente un Paese, l'Azerbaijan, fiorente ponte di risorse e autentica 'perla' economica affacciata sul Mar Caspio, dalle profonde radici storico-filosofiche e culturali. Si tratta di una terra incontaminata, a partire dalle regioni caspiche e sud caucasiche. Ma anche di un Paese costretto a una ferma posizione di difesa sin dal 1992, in conseguenza dell'attacco armato armeno avvenuto ai suoi confini meridionali, precisamente nella città di Aghdam (Aghbulag, Kokhanabi) e nel 'Tovuz District'. La crisi del 'Middle East' ha iniziato a segnalare questo splendido Paese all'interno delle relazioni internazionali, soprattutto in tema di risoluzioni di pace. Il controllo e lo stretto rapporto con la Russia, a livello economico, è stato e continua a rappresentare un 'punto di svolta' e di risposta per l'evoluzione dell'Azerbaijan. L'importanza di tali rapporti contiene le soluzioni per un livello di pace da mantenere sia ai suoi confini, sia all'interno del proprio territorio. Non si può escludere alcuna condizione, nella protezione di tale Paese. Soprattutto, in un periodo come quello attuale, in cui il territorio, con la sua splendida Baku, offre alla nostra Italia una fortissima spinta propulsiva verso l'import-export. In particolare, l'altissima produzione di olio ha rappresentato, in questi ultimi anni, una risorsa comune, con continui momenti di confronto e di 'sbocco' in Puglia. I vari governi che si sono succeduti hanno sostenuto tali programmi per l'importazione e l'esportazione, contenendo le premesse e gli 'appetiti' di molti verso uno sviluppo energetico mirato a uno scambio di qualità delle risorse del sottosuolo, in particolar modo quelle del Mar Caspio. Nel 2014, la capitalizzazione degli interessi globali e, soprattutto, gli obiettivi americani, hanno inserito l'Azerbaijan in una posizione di massima visibilità, generando una serie di consorzi e di cooperative considerate come veri e propri programmi di sviluppo. La creazione di un consorzio direttamente a Brindisi, per esempio, è stata la dimostrazione dell'evoluzione della politica energetica in Italia in diretto confronto con un'apertura più complessiva a un singolare concerto relazionale. L'incontro con il mercato dell'Azerbaijan di questi ultimi anni rappresenta un filo diretto per sostenere un Paese dalle sfaccettature paradossali, sia per la situazione economica, ancora piuttosto critica, sia per la sicurezza internazionale. I programmi di sviluppo e di supporto avviati sono stati indubbiamente un impulso, finalizzato a sostenere un teatro di crisi divenuto tale dopo il dissolvimento dell'Urss. Ma i focolai rappresentati dagli attacchi armati degli anni '90 del secolo scorso sono ormai lontani: l'eco di eventi che hanno giustificato il controllo delle Ong. L'attenzione internazionale sull'intero Paese è divenuto un impegno serio anche sotto il profilo della tutela fattuale della libertà di espressione e di stampa. Il negoziato Ocse-Ue, basato sul contenimento della guerra al confine armeno e le richieste dell'Unione europea per un'indagine sul campo, sono state decise in conseguenza dell'inchiesta effettuata dopo l'abbattimento di un elicottero di addestramento sulle postazioni armene. L'operazione, avviata dall'Ocse, è stata attuata per mezzo dell'accesso consentito dalla Croce Rossa internazionale. Sono ricordate, infatti, le giornate del 21 e 22 novembre 2014, con l'autorizzazione all'entrata degli ispettori e degli operatori umanitari nell'area. L'evento è stato fortemente considerato per i suoi effetti di neutralizzazione delle postazioni dei cecchini azeri, avvenuto in seguito al drammatico evento dell'uccisione di due aviatori. E il recupero dei resti dei corpi e della scatola nera dell'elicottero avvenne per opera delle forze speciali del Nagorno Karabakh. In ogni caso, queste tensioni riflettevano ancora la situazione esplosa negli anni '90 del secolo scorso, le quali condussero l'Azerbaijan a essere considerato un Paese confinato tra le aree del mondo ad alto rischio bellico. Nel 1994 si era giunti a una tregua, in effetti, per il quale l'Armenian's Berd Discrict rimase uno Stato 'sospeso', sottoposto al controllo internazionale dell'Unione europea nelle questioni riguardanti del Middle East. Gli studi della Ong 'Human Rights Without Frontiers', accolto dal parlamento europeo, descrive l'Azerbaijan come un Paese indipendente a partire dallo sfaldamento dell'Urss, sino all'affermazione attuale di operatori e addetti all'informazione pari a 40 quotidiani, 9 televisioni nazionali, 14 regionali e internet libero. Tali dati sottolineano l'importanza dell'affermazione dei diritti di stampa e di espressione come elemento ineludibile per un Paese che necessita di un'informazione libera, pensando soprattutto a una comunicazione reale, diretta ai fatti che ruotano attorno alle regioni armene. Così delineata appare oggi la condizione di un Paese nei confronti del quale si pone un fortissimo spunto di riflessione per l'intera Europa. Ma tutti questi eventi segnalano non soltanto un alto rischio per la sicurezza nazionale dell'Azerbaijan, bensì per la sicurezza internazionale propriamente intesa in quanto sicurezza energetica dell'intera Europa.


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