Il direttore de
'Il Giornale', tal
Alessandro Sallusti, in un suo editoriale di questi giorni avverte
(chi? Non è dato sapere...) che il
Pd è morto, ma che la
sinistra sarebbe più viva che mai. Una straordinaria
'non notizia', come se le dottrine politiche - tutte le dottrine politiche - dovessero, a un certo punto della Storia, esaurirsi alla stessa stregua di un
barattolo di Nutella e non trovare alcun'altra rielaborazione. Indubbiamente, secondo certi
'sedicenti liberali', abituati da sempre ad allinearsi con
l'uomo della provvidenza di turno, il fatto che esistano ceti sociali come i
giovani, le
donne, gli
operai, gli
impiegati e un
ceto medio massacrato e bisognoso di protezione, appare ai loro occhi come una
notizia preoccupante. A quelli come
Sallusti, della società e delle sue movenze di fondo non
'frega' assolutamente nulla: non la indagano e si schierano, semplicemente,
dalla parte del più forte, a seconda di chi sia in quel preciso momento politico. E' l'eletta schiera di quegli italiani che, quando
l'Olanda presentò uno schema di gioco innovativo, sfiorando per due volte la vittoria ai campionati del mondo, immediatamente si misero a rompere le
'scatole' a
Enzo Bearzot, accusandolo di essere antiquato e tatticamente
'catenacciaro'. Ciò, ovviamente, fino al giorno in cui lo stesso
Bearzot vinse i campionati mondiali di calcio: un successo che alla pur
'bellissima Olanda' non è mai capitato di cogliere. E in questi casi? Che si fa? Cosa succede se, a un certo punto, accade
l'imponderato? Facile: si mostra in pubblico la propria
faccia da piccolo borghesi e si afferma seraficamente:
"Se non c'eravamo noialtri a dargli addosso, Bearzot e la sua 'squadretta operaia' non si sarebbero mai risvegliati dal proprio torpore...". Insomma, hanno sempre ragione loro, questi qui. Anche quando li si pone innanzi alla più eclatante delle evidenze. E infatti, abbiamo deciso, in questo periodo, di
schierarci briosamente a favore di un
Governo che più
pittoresco e
strampalato di così non lo si poteva neanche immaginare, pur di
voltare pagina rispetto a un'epoca di
'pseudoliberali' che, in realtà, di
liberale hanno sempre avuto ben poco. Gente che non è mai stata
né di destra, né di sinistra, né di centro, né di sopra e
né di sotto. L'importante era semplicemente
portare avanti se stessi, senza scrupolo alcuno. Le
destre detengono un patrimonio di valori
sovranisti e populisti che noi troviamo
discutibili e anche piuttosto
antiquati. Così come una precisa e ben definita
scala di valori ce l'hanno i
cattolici integristi di
'Comunione e liberazione'. Si tratta di gruppi o di comunità che, vivaddio,
credono in qualcosa e possiedono dei
princìpi, così come ce li hanno
i radicali, i socialisti riformisti e persino quelli di derivazione
'gramsciana' o
'post marxista'. Sono solamente loro,
i Sallusti, i Feltri, i Sechi, i Belpietro e
'compagnia cantante' a non averne alcuno, accusando chiunque si alzi dal letto, una bella mattina, con in testa una semplice idea, di
"essere ideologico" o
ideologizzato. Siccome loro di
idee vere e proprie non ne hanno
mai, oltre a quella di obbedire a coloro i quali, in una precisa fase storica, sembrano risultare politicamente vincenti, accusano gli altri di essere
troppo di qua o
troppo di là, troppo di sopra o
troppo di sotto, troppo di lato o
troppo perpendicolari. Ecco per quali motivi, in futuro, pur rimanendo convinti che l'attuale
ministro degli Interni sia solamente un
'bullo milanese' da
'bar dello sport', cercheremo di difenderlo o quantomeno di attenuare le accuse che gli verranno mosse dalla
magistratura: per poter vivere, ancora una volta, la
felicissima 'sfida' di affrontare qualcuno che ha
tutte le 'carte' in mano avvalendosi unicamente di una
cerbottana. Diriga pure il proprio
'Giornale', il collega
Sallusti: è già buono che le cose siano andate così come sono andate.
Soprattutto per lui.