La
cattolica Irlanda cancella il divieto di
aborto. In
Italia, a
40 anni dall'approvazione della
legge n. 194/1978, il diritto di aborto é osteggiato dagli obiettori di coscienza. Lo scorso
25 maggio 2018, infatti, suggellato dal
66,4% di
'Si' e con circa il
70% di affluenza degli aventi diritto, sono stati sciolti anche in
Irlanda i divieti e le condanne illogiche dei movimenti per la vita. Un giorno storico per l'affermazione dei diritti civili:
l'articolo 40.3.3 della
Costituzione irlandese (conosciuto come ottavo emendamento,
ndr), approvato nel
1983, che vietava alle donne la possibilità di
abortire, tranne nei casi in cui poteva essere compromessa la loro vita, è stato di fatto
abrogato. Una legge che, negli ultimi
35 anni, ha costretto le
donne irlandesi a costosi
viaggi all'estero per poter porre termine ad una gravidanza indesiderata. La situazione in
Italia, invece, a
40 anni dall'approvazione della
legge n. 194/1978, evidenzia come la possibilità di poter
abortire liberamente venga minata dalla grande presenza di
medici,
infermieri e
assistenti obiettori di coscienza negli ospedali: nel
2016, la percentuale di obiettori arrivava al
71%, una media confermata dal progetto web di monitoraggio
'Obiezione Respinta', fermo al
2017, che segnala punte del
90% in alcune regioni. L'alto numero di obiettori compromette in modo sensibile l'attività dei non obiettori. L'incapacità organizzativa del
Servizio sanitario nazionale non riesce a ovviare alla presenza di chi mette davanti al
giuramento di Ippocrate le
motivazioni 'morali', suggerite da
dogmi religiosi o da motivazioni legate più alle necessità della
sfera fantastica dell'io, contro la necessità di rispetto dei
diritti di autoaffermazione della donna, non rende semplice l'applicazione della legge che permette
l'aborto. Condanne
tardo-moraliste all'interno di una visione della vita sociale che utilizza la leva del
'senso di colpa' per proporre le proprie
ideologie e
condizionare i comportamenti, imponendo in modo subdolo quello che si può fare e ciò che non si può fare. Le pazienti che giungono alla sofferta soluzione di praticare
l'aborto si vedono
condannate o
trascurate. Qualcuna viene lasciata morire di sofferenze, come nel caso di
Valentina Milluzzo, la
32enne deceduta nel
2016 al
Cannizzaro di Catania dopo
17 giorni di ricovero: una conseguenza, secondo la famiglia, della
non volontà d'intervento da parte dei medici fino alla presenza del battito dei feti. I familiari della donna si costituiranno parte civile nel processo che il
Tribunale di Catania aprirà a carico di
7 medici accusati di
negligenza e
imperizia. Colpe professionali tutte da provare, poiché
l'obiezione di coscienza non viene
nominata tra i
capi d'accusa, neanche in seguito alle testimonianze dei familiari di
Valentina. E' difficile far valere i propri
diritti innanzi al
bieco diniego, senza alternative, di stampo
clerico-fascista, perpetrato troppo spesso dalle stesse persone che giudicano religioni quali
l'Islam retrograde e pericolose. Alla sofferenza della donna che decide di
abortire, si unisce
l'umiliazione e lo
stigma sociale: esse vengono additate come
assassine immorali (i sostenitori della vita a tutti i costi chiamano
'uomo che cresce' già i feti di poche settimane, tradendo, tra l'altro, anche il
'genere' di origine delle loro ragioni). In un clima così
acerrimo, complice spesso una condizione economica precaria, alcune donne preferiscono ricorrere alle pratiche inumane, dolorose e illegali, di
aborto clandestino, correndo il grave rischio di compromettere la propria salute. Il
Museo sulla contraccezione e l'aborto di Vienna espone le pratiche abortive utilizzate nel tempo e nella Storia, riuscendo a dare un'idea delle sofferenze a cui dovevano sottoporsi le donne che non volevano, o non potevano, portare avanti una gravidanza. Sono
pratiche 'fai da te', come per il
'kit per abortire', acquistabile sulla
rete internet o che si svolgono in un
ambiente familiare, nell'abitazione o in studi medici compiacenti, spesso assistite dalle
'mammane' moderne, le
'donne esperte' che riescono a causare l'aborto anche attraverso dolorosi
lavaggi di acqua calda e sapone. Oppure, con il metodo del
ferro da calza, che in quanto a sicurezza metodologica non rassicura affatto. Non possiamo ancora dire se la
crisi delle vocazioni e una maggior apertura e accettazione paritaria del ruolo delle donne da parte della
Chiesa cattolica riusciranno ad avere come conseguenza anche una benefica riflessione verso il
diritto della donna di poter decidere sul tema più strettamente connesso con la propria vita e la propria intimità. Certo é che il
'Partito dei divorziati', dopo anni di silenzioso e umiliante esilio, grazie soprattutto al
trend crescente delle militanze, sono riusciti a essere riabilitati alla
'comunione dei fedeli'. Anche negli
ambienti clericali, i
numeri e il
consenso fanno la differenza.