Come in diverse altre occasioni durante la campagna elettorale che ha preceduto le elezioni del
4 marzo scorso, i cui risultati hanno confermato lo
stato 'comatoso' degli
aventi diritto al voto più che quello della
politica, ora la
sinistra - dalla più
macilenta (quale?) alla più
illuminata (quale?) - comincerà con le consuete
'lagne' e
'tiritere', con i soliti
"lo avevamo detto", con gli abituali
conti in tasca agli altri, che è un po' anche il mestiere
dell'opposizione, ma che non basta più. Ciò che la
sinistra dimentica e che non dovrebbe, invece, mai dimenticare, è il senso di
patetica e
insopportabile rinuncia che ha trasmesso agli elettori, insieme a quei
dementi che hanno pensato di rifondare l'ennesimo
'partitino' del 2% della
Storia d'Italia, devastando una volta di più il panorama elettorale con
slogan vuoti, insulsi e
insensati, senza uno
straccio di visione, di
programma o di
futuro. Questi
dementi della sinistra si sono infilati nel
tunnel del proporzionale senza avere
'ni puta idea' di cosa fosse il proporzionale, non essendoci più i politici alla
Craxi che con il
13,6% riuscivano a tenere
'in scacco' un'intera coalizione. Non basta credersi scaltri: ci vuole
talento per uscire dal
tunnel in cui ci si è infilati. E adesso non resta che
'arredarlo', questo
tunnel. Così ci tocca recitare il
'de profundis' di una classe politica di sinistra che si è
autopensionata, autodistrutta, automessa ai margini dell'agone politico e di tutto quel
'giornalistume' da
'regime cubano' che, spacciandosi per
libertario e
progressista, aveva già deciso, nel giugno del
2017, chi avrebbe dovuto vincere le elezioni del
2018. Trattasi di
'superficialità generalista', ragazzi: sarebbe ora di comprenderlo sul serio.