Il termine
'contemplativo' deriva dal latino:
'contemplatio'. Una parola che a sua volta discende etimologicamente da
'cum templum': lo spazio di cielo che
l'àugure delimitava per osservare il volo degli uccelli. Da questo antico significato di
'osservazione', il termine in seguito è passato a indicare la
riflessione razionale, la
concentrazione dell'intelletto in merito a una verità filosofica o religiosa. Ma tale orizzonte semantico ha lasciato emergere due livelli di
ambiguità, che hanno accompagnato l'intera evoluzione storica del concetto: dal lato
oggettivo, cioè quello dello spirito concettuale, la parola si riferisce sia alla conoscenza intellettiva della
natura, sia alla visione di
Dio; dal punto di vista
soggettivo, invece, si sarebbe tenuti a chiarire le modalità di esercizio della
contemplazione medesima. Tale corollario, se applicato all'attuale condizione politica del
Partito democratico, suggerisce che ci ritroviamo ormai di fronte a una forza politica la quale, in questo preciso momento, non sente più di tanto il bisogno di dare un proprio contributo alla nascita di un
nuovo esecutivo, poiché attraversato da questa sua doppia fase
'contemplativa'. Il
Pd ha cioè raggiunto quello
'stadio' del
processo razionalistico in cui non ci si sente tenuti a dire o a fare nulla di particolare. Non si tratta dell'atteggiamento di chi nutre delle riserve o delle remore psicologiche, bensì di chi ritiene di aver già
detto e
fatto tutto quel che c'era da
dire o da
fare. E' una condizione che talvolta capita, in politica. Soprattutto, quando si perdono le elezioni. Una volta, accadde proprio a
Winston Churchill, il quale, dopo essere riuscito a sostenere sulle proprie spalle l'intero
Impero britannico durante i lunghissimi mesi di pesanti bombardamenti della
Luftwaffe - la micidiale aviazione tedesca - si attendeva di vincere le elezioni politiche a
'mani basse'. E invece, vinsero i
laburisti. Insomma, il
Partito democratico si sente come se gli fosse stato dato il
'benservito'. Ma si tratta dell'ennesimo
'alibi', per non essere costretto ad analizzare nulla dei propri
errori, né a far qualcosa per
porvi rimedio. Ci si limita esclusivamente a contemplare se stessi innanzi allo specchio:
"Ma che bravi siamo stati a governare l'Italia, in anni così difficili di crisi economica e sociale". Peccato, però, che i
'contemplativi' siano proprio quelli che
"non fanno". Ovvero, quelli che
non incidono, che
non concludono, che si fanno
portar via la fidanzata da
'sotto il naso'. Stanno tutti lì attoniti a contemplare se stessi e la nuova situazione che si è venuta a creare, dividendosi tra
narcisisti e
'cuckold', o
'voyer' se si preferisce l'eleganza della lingua francese. L'attuale classe dirigente del
Pd non solo non fa mai autocritica, ma si autocontempla all'interno di una sorta di stravagante
'crisi mistica'. Ed eccola qui, la parola che proprio non funziona più, a sinistra: la
'mistica'. Per anni, si è cercato di far comprendere che era proprio la
'mistica' della sinistra a non risultare più coinvolgente, poiché ormai invecchiata e obsoleta. Un continuo rinchiudersi all'interno delle proprie
'torri d'avorio' ideologiche: chi rimembra ancora una volta
Ernesto 'ché' Guevara; chi si riempie la bocca di esperienze limitate come quella dei
Tupamaros in
America Latina; chi cerca nuove ispirazioni sui sacri testi di
Gramsci e
Karl Marx; chi vorrebbe tornare immediatamente ai cupi brontolii di
Mario Tronti sopra ai cieli di una
Repubblica italiana a cui di certo non serve affatto tornare a infrangersi contro gli
'anelli forti' della
catena capitalistica globalizzata, bensì è tenuta a produrre una
risposta costruttiva, meno
'snobistica', non
autosegregante. Nessuno si domanda se si potesse far meglio, o qualcosa di diverso, alla guida di un Paese occidentale del
XXI secolo, nella convinzione di aver compiuto fino in fondo il proprio dovere. Si sentono come dei
Winston Churchill, il quale ebbe tutte le giustificazioni del caso per la sconfitta interna del
Partito conservatore del
1945: bene o male, aveva vinto una guerra mondiale. Invece,
Renzi e i suoi la guerra l'hanno
perduta. Eppure, si comportano come se, in qualche modo, l'avessero vinta ugualmente. Manca solo un bel
parcheggio nautico in stile
Francesco Schettino e il capolavoro può dirsi
compluto. I
posteri comprenderanno, un giorno, poiché solamente a loro è concessa l'ardua sentenza. Ma le cose non stanno affatto così: un giudizio, benché suscettibile di revisione o rettifica, siamo tenuti a fornirlo per i nostri lettori. E il nostro giudizio è che il
Partito democratico deve
tornare alla realtà, che è poi quella di aver congegnato e fatto approvare una
legge elettorale a dir poco
orripilante, niente affatto indirizzata a realizzare un minimo di
governabilità e di
stabilità per il Paese.
Renzi, Rosato, Martina e tutti gli altri dovrebbero preoccuparsi quanto meno di
porre rimedio al danno che hanno causato, anziché starsene lì a
contemplare il disastro come il
Karl Marx dei
'pigmei giganti'. Altrimenti, perchè mai gli italiani dovrebbero tornare, un giorno, a interessarsi di politiche più
avanzate, progressiste o
di sinistra? Ai posteri
l'ardua sentenza.