Il
documento economico-finanziario 2018 è stato approvato dalla
Commissione speciale del Senato, portando con sé
l'aumento dell'Iva dal
22% al
24,2% e dal
10% al
11,5% già a partire dal
2019. Mentre sembra sfumare l'accordo tra
M5S e la
'triplice alleanza' e mentre
Roberto Fico si appresta a verificare la possibilità di un
'patto d'acciaio' tra
Pd ed i
'cinque stelle', lo schema del
Def 2018 predisposto dal
Governo Gentiloni è stato approvato dalla
Commissione speciale del Senato della Repubblica, sotto la presidenza del grillino
Vito Guidi e in assenza di un esecutivo con pieni poteri. Il
'Def' sarà poi presentato alla
Commissione europea il prossimo
30 aprile. Per evitare l'aumento delle aliquote, bisognerà trovare
12,5 miliardi di euro per il
2019 e
19,1 miliardi per il
2020, a copertura delle spese previste. Secondo una ricerca de
'il Sole 24 Ore', la spesa media per ogni famiglia aumenterà di
317 euro: i single, le coppie senza figli e i residenti del centro e del nord risentiranno maggiormente dei
rincari, che riguarderanno i beni di largo consumo, alcuni alimenti e non sarà risparmiato neanche il comparto edile. Sono per ora salvaguardate le aliquote inferiori, quelle
agevolate, che vengono applicate ai beni e ad alcuni servizi di prima necessità. L'aumento dei prezzi conseguente potrebbe portare a un
forte calo dei consumi, preoccupazione peraltro già manifestata nei giorni scorsi anche da
Confesercenti, Cgia e dal
Codacons. Il
ministero dell'Economia e Finanze, nel mettere a punto il quadro tendenziale del
'Def', ha contemplato l'effetto negativo degli aumenti dei prezzi nell'evoluzione del
Pil, l'indice di produttività che viene usualmente utilizzato per rappresentare la floridità economica di una nazione: alla fine del
2018 dovrebbe salire fino
all'1,6%, per poi scendere
all'1,4% nel
2019 e
all'1,3% nel
2020 (anno in cui l'aliquota
dell'11,5% passerà al
13%). I rassicuranti
'niet salviniani' e la centralità di evitare i
rincari dell'Iva nel programma
'grillino', ribadite lo scorso marzo in
Confcommercio da
Luigi Di Maio, si sono dimostrate
parole al vento. L'innalzamento delle aliquote é un effetto della cosiddetta
'clausola di salvaguardia', che prevede
l'aumento automatico dell'Iva quando lo Stato non riesce a reperire i fondi per le spese previste nel programma finanziario. E' una norma
'tassa e spendi', introdotta nel
2011 dal
Governo Berlusconi (poco prima di cadere nel novembre successivo) ed é l'unico strumento che finora ogni esecutivo ha sfruttato per cercare di
'salvaguardare' i
vincoli di bilancio dettati dalla
Ue per le spese previste in ogni manovra finanziaria. Nella Storia più recente, il
Governo Gentiloni ha ereditato dall'ultima manovra del
Governo Renzi un incremento dal
10% all'11,5% dell'aliquota ridotta e un passaggio dal
22% al
25% per
l'aliquota ordinaria già dal
2018. Per scongiurare questi rincari,
Gentiloni é riuscito a recuperare le risorse pari al minor gettito ed evitare gli aumenti. Negli ultimi mesi,
Salvini e
Di Maio vedevano nel
Def il primo
'banco di prova' per verificare la loro linea programmatica.