Cercheremo di parlare
francamente, questa volta. Noi riteniamo giuridicamente
corretta, in termini di principio, la sentenza della
Corte d'assise di Palermo emessa al termine del processo per la cosiddetta
'Trattativa Stato-mafia'. Ma riteniamo
sproporzionate e, in qualche caso, persino
ingiuste le pene comminate. Un certo tipo di trattativa con la mafia di
Riina e
Bagarella, negli anni
1992-'94, in effetti vi fu. Si trattò, tuttavia, di una serie di
contatti motivati da preoccupazioni ben diverse rispetto a quelle ascritte nei capi d'imputazione contestati. Ovvero, per evitare che si scatenasse una vera e propria
guerra civile nel Paese, non per indicare
Forza Italia e
Silvio Berlusconi come nuovi
interlocutori politici di riferimento. Le
'cose' siciliane sono strane e, talvolta, piuttosto
antipatiche: può bastare un cenno di saluto alla persona sbagliata, per essere
'marchiati' come
fiancheggiatori di associazioni a delinquere di stampo mafioso. In secondo luogo, ci teniamo a sottolineare come il nostro parere sia assolutamente
non sospetto. In particolar modo, quello del sottoscritto, che in quegli anni era fermamente convinto della necessità di una
repressione definitiva di ogni fenomeno mafioso da attuare ricorrendo anche all'utilizzo dei
battaglioni meccanizzati dell'Esercito italiano. Infine, ci teniamo a ricordare come, all'epoca dei fatti, il movimento politico-partitico di
Forza Italia fosse indubbiamente già in
'gestazione', ma ben lontano dall'essere
'confezionato' come operazione politica, poiché assai poco radicato sul territorio e non ancora in grado di
accogliere determinati consensi dalla precisa
provenienza criminale. Lo stesso
Governo Berlusconi I durò pochissimo:
7 mesi appena. La sentenza di
Palermo, ovviamente, è caduta come un
meteorite infuocato sulle
trattative 'romane' di questi giorni per la formazione del nuovo esecutivo. Negoziazioni che hanno lasciato intravedere come il leader della Lega,
Matteo Salvini, sia ancora oggi
legato 'mani e piedi' al
'Partito-azienda' di
Silvio Berlusconi, a causa degli antichi
'disastri' finanziari della
'Credieuronord' e via dicendo. Gli accordi presi nel
2000 sono tornati puntualmente
'al pettine', impedendo al movimento guidato da
Matteo Salvini di
'sganciarsi' dal centrodestra per andare a chiudere un accordo programmatico con il
Movimento 5 stelle. Tutta questa situazione, in ogni caso, non significa affatto che
Silvio Berlusconi sia, come qualcuno ha dichiarato nei giorni scorsi,
"il male assoluto". L'ex cavaliere ha sempre rappresentato una
conseguenza della patologia, non la
causa primaria. Il sintomo dell'ennesima
'recidiva', non il
virus che l'ha generata. La questione, torniamo a ribadirlo, è di natura
antropologica, non
giuridica o
penale. E cioè quella di una
visione immobilista e
arretrata della società: un
qualunquismo becero ed
egoistico, da sempre occultato all'interno di
'contenitori' che via via si sono assunti il compito storico di convogliare al proprio interno tutto e il contrario di tutto, ogni forma di
opportunismo, illegalità e
contraddizione. Non si creda, tuttavia, che si stia prendendo posizione a favore di qualcuno che, in queste settimane, ha irresponsabilmente pensato di accomodarsi sul divano
"con i 'pop corn' in mano", al fine di godersi lo spettacolo di un
Paese impaludato tra i propri
miasmi senza sentire minimamente il
dovere morale di proporre qualcosa. Il
'Partito di Renzi', che ormai possiamo definire in questo modo, sta ancora una volta dimostrando di essere
settario, burocratico e
immaturo esattamente come tutti gli altri. Limitarsi ad assistere a un Paese che
s'incammina verso il commissariamento non è affatto una posizione degna di un Partito erede della
sinistra storica. Il
Pci di
Enrico Berlinguer o il
Psi di
Bettino Craxi non si sarebbero mai
'sognati' di ragionare in base a
puerili 'ripicche' e ad
atteggiamenti 'bambineschi'. In questi anni, il
Pd ha spesso accusato il
Movimento 5 stelle di essere politicamente
acerbo e
incompetente. Ma anche i
'renziani' hanno dimostrato di esserlo:
nello stesso identico modo. Non vi è alcuna differenza, in questa
deriva 'giovanilista'. Il solo e unico
valore politico rimasto veramente in piedi è quello di dover dare una
degna sepoltura al
popolo italiano, esattamente come
nell'Antigone di Sofocle.