Dopo i risultati dei quattro quesiti referendari parzialmente abrogativi della
legge n. 40 del 2004, qualche riflessione è da ritenersi quanto mai necessaria. Ragionando ‘controcorrente’, vorrei tuttavia seguire una linea che, in verità, amo molto:
quella dell’anti-italiano. E’ un sentiero di ragionamento che poche persone potrebbero riuscire a perdonarmi e che si basa sull’assunto, tutto ideale ma nient’affatto ideologico, che
l’unico modo per essere un buon italiano è quello di comportarsi, nella vita di tutti i giorni, da ‘anti-italiano’. L’italiano, infatti, è un singolare personaggio, che vive di calcio e di spazzatura televisiva, che non legge un libro o un giornale nemmeno se lo costringi con una pistola alla tempia, che riconosce i difetti altrui soprattutto perché, il più delle volte, sono i propri, che rifiuta di accettare i lati peggiori di se stesso. La Repubblica italiana è nata con una risposta affermativa ad un contestato referendum, svoltosi il 2 giugno 1946. In quella consultazione vi era in ballo niente di meno che
la modifica della forma di governo del Paese e, da quella decisione, a sua volta discese
un’Assemblea Costituente che diede vita, nonostante un clima di fortissimo scontro ideologico, ad una
nuova Carta Costituzionale. Oggi, invece, a quasi sessant’anni da quelle difficili giornate dell’immediato dopoguerra, la risposta degli italiani intorno ai delicatissimi problemi della fecondazione assistita non è
né un ‘Sì’ né un ‘No’: è una ‘non – risposta’, anche se qualcuno sta cercando di trasformarla in una
scelta di altissima umanità ed educazione civica. Peccato che, fino a prova contraria,
decidere di non decidere corrisponde al chiamarsi fuori da ogni responsabilità, poiché assumersi l’onere di una scelta generalmente è
segno preciso di voler rappresentare culturalmente un’identità. Cioè quella cosa che per gli italiani è
legata esclusivamente a tradizioni di carattere gastronomico o calcistico. A questo punto, non dovrebbe risultare troppo difficile riuscire a modificare una legge.
Senza porre più domande. A nessuno.
Articolo tratto dal quotidiano "Il socialista Lab" del 15 giugno 2005