Diciamocelo: siamo da sempre una
nazione esterofila. Lo dicono i dati del turismo nel mondo e quelli sulla propensione all'acquisto dei beni di consumo. E così, anche dopo questa tornata elettorale, molti audaci (più o meno conosciuti) hanno pensato di paragonare (chissà perché poi...) la nostra situazione con quella
americana. Ebbene, io che esterofila non sono, ma che conosco discretamente bene il continente americano (per motivi di famiglia, studio e lavoro) sono stupita che nessuno di questi
'politologi d'assalto' abbia dovutamente rimarcato un dato saliente, ovvero quello
generazionale. Mi spiego meglio. Negli
Stati Uniti i
'millennials' sono una delle generazioni più consistenti, quindi hanno un peso politico ed elettorale. In
Italia, i
giovani sono pochi, quindi non hanno peso elettorale. Nel panorama europeo siamo i più
vecchi, insieme alla
Germania. Ciò è il frutto di
due fattori: da un lato,
viviamo sempre più a lungo (insieme al
Giappone, siamo tra i popoli più longevi al mondo);
dall'altro, assistiamo a un declino costante delle
nascite. In sostanza, in
Italia viene alla luce
meno di un figlio e mezzo a coppia, così la popolazione tende non solo a
ridursi, ma soprattutto a
sbilanciarsi sui più vecchi, che inoltre
vivono più a lungo. Secondo
l'istituto demografico dell'Università cattolica di Milano, entro il
2030 ci sarà una regione in più, grande quanto la
Toscana, composta solo da
'over 65' che saranno ancora al lavoro. Mentre i
40enni manderanno ancora
curricula. E la
miopìa dei nostri governanti ha fatto sì che, in realtà, in questi anni nessuno abbia pensato (o se qualcuno lo avesse fatto, il risultato non è giunto ad avere un rilievo socio-normativo degno di chiamarsi
'risultato'...) a come gestire questo
invecchiamento. Si è ritenuto sufficiente far andare le persone in pensione
più tardi, senza pensare a
diversi ruoli per i lavoratori anziani in azienda; senza alcuna forma di
'age management'; senza investire nella
produttività. Il risultato è che aumenta la popolazione in età lavorativa
'over 50' nei luoghi di lavoro, mentre mancano i
30-40enni più produttivi. In questa fascia, l'occupazione cresce pochissimo. Ciò genererà un impoverimento del Paese, producendo grossi
sprechi nella fascia più produttiva della società. Non a caso abbiamo il numero di
'Neet' più alto d'Europa:
2,4 milioni. E il
47% dei giovani dichiara di fare un lavoro per il quale servirebbe un titolo di studio più basso. Meno forza lavoro produttiva significa meno crescita. Le
riforme pensionistiche hanno
posticipato l'età pensionabile, legando la pensione ai contributi versati. Ma la crisi economica, la precarietà del lavoro e i redditi bassi fanno prospettare un futuro economico tutt'altro che roseo per i più giovani, con
pensioni molto basse. I lavoratori precari del presente saranno precari anche nel futuro. Finora, l'assicurazione sono state le
famiglie. E del futuro dei
30enni non se n'è occupato nessuno. A ciò s'aggiunga, visto che abbiamo iniziato parlando
d'America, che
l'Italia è solo all'ottavo posto
nell'Eurozona come destinazione degli
investimenti diretti americani, nonostante compagnie come
Amazon, Apple, Ge, Cisco e
Ibm abbiano annunciato operazioni di grande profilo in questo ultimo biennio. Ma un
clima favorevole agli investimenti è difficile per la
burocrazia ingombrante e un
sistema 'sclerotico' della
giustizia civile, che si continua a fingere di riformare (vedasi la modifica alla
riforma della 'mediazione' che tanto sta a cuore a chi scrive), ma che invece continua a garantire lo
'status quo ante' a causa dell'alta rappresentanza numerica di
avvocati che siedono in
parlamento. In questi anni (stando ai dati contenuti in un
'cable' classificato come
'secret' e inviato dall'ex ambasciatore americano a Roma,
John Phillips, all'ex segretario di Stato,
John Kerry)
"il Governo Renzi ha fatto progressi nell'attuare riforme strutturali e misure per stimolare la crescita, ma l'applicazione è stata a macchia e molto resta ancora da fare". Tra
40 anni, quando, visto il mutamento in struttura sempre più mononucleare della società contemporanea, non ci saranno neanche più le
famiglie. E sarà un disastro. La politica italiana non pensa al futuro dei giovani, perché quello che importa è sempre solo la
tornata elettorale più prossima. Intanto, i
giovani sul futuro sospendono il giudizio, perché non hanno gli strumenti per costruirlo.
Giurista d'impresa