In merito alla
condizione femminile, solo di recente in
Italia si sono registrati alcuni passi in avanti. Innanzitutto, si è scelto di coinvolgerle maggiormente in
politica, attraverso meccanismi legislativi imposti dall'alto, come quello delle cosiddette
'quote rosa'. In secondo luogo, sono state nominate diverse donne ai vertici di aziende importanti. Ma ciò non basta per migliorare la condizione femminile nel nostro Paese. Al contrario, le disuguaglianze, in particolar modo
nell'accesso al lavoro, si sono
accentuate. Tutte devono affrontare la
disoccupazione o un
lavoro precario. Per non parlare del
'retaggio' che le vede responsabili della cura
dell'infanzia, degli
anziani o della
famiglia. Mancano, inoltre, i
'nidi' per le
mamme-lavoratrici e tutte quelle misure che dovrebbero garantire il mantenimento di un posto di lavoro, con uno stipendio in grado di sostenere le spese che una famiglia è costretta ad affrontare. Le ragazze più giovani spesso si ritrovano innanzi al
'bivio' tra l'intraprendere una
carriera professionale, oppure
fare figli: ecco da cosa deriva il nostro bassissimo
tasso di natalità. Sul fronte dei
maltrattamenti, ancora non abbiamo un
piano antiviolenza concordato tra le organizzazioni specializzate, nonostante i media ci bombardino con notizie di
'femminicidi' quasi ogni giorno. E i
centri antiviolenza vengono, spesso e volentieri,
chiusi per mancanza di fondi, senza comprendere le conseguenze negative, psicologiche e pratiche, che simili decisioni comportano in un
quartiere di periferia, in molte zone del
Mezzogiorno, più in generale
sull'intero territorio nazionale. L'immagine femminile veicolata da pubblicità e programmi televisivi è fuorviante e non rispecchia la realtà: una sorta di
idealizzazione estetica che tende a
dissociare i comportamenti, rendendoli
imprevedibili. In sostanza, vengono presentate quasi sempre figure femminili totalmente
antitetiche tra loro: le
'ipersessualizzate', che si contrappongono alle
'sante'. Mancano, infine, politiche sociali adeguate sul fronte dell'istruzione, dell'inserimento nel mondo del lavoro e della sanità. Un
'campanello di allarme' ben preciso è rappresentato dalla diminuzione della speranza di vita delle donne, notoriamente superiore a quella degli uomini, che in Italia si sta allineando a quella maschile. Per non parlare del mancato rispetto delle leggi che garantiscono i
diritti sessuali e
riproduttivi, o del trattamento, a dir poco vergognoso, riservato alle
migranti, che vivono situazioni di precarietà e di diritti non riconosciuti. Insomma,
l'Italia è un Paese caratterizzato da una
specificità culturale e
religiosa che entra in collisione con il
rispetto delle leggi e delle
convenzioni internazionali. Se guardiamo all'andamento storico dei diritti femminili, non si può affermare che non vi siano stati dei
miglioramenti. Oggi, le donne possono
votare e vedono riconosciuti i loro
diritti al pari degli uomini; esistono
convenzioni importanti che le tutelano; godono di una maggiore
libertà. Quel che rimane ancora da realizzare è la
'declinazione concreta' di questi diritti, il più delle volte riconosciuti solo formalmente nella vita reale, nei linguaggi, nei pensieri e nelle azioni. Una
'mission impossible', in un Paese ancora oggi dominato da mentalità e posizioni culturali
ipocrite, utili solamente a nascondere la nostra più totale
mancanza di princìpi.PER LEGGERE LA NOSTRA RIVISTA CLICCARE QUI
Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
(editoriale tratto dalla rivista 'Periodico italiano magazine' n. 37 - marzo 2018)