La morte ci riporta all'ordine. E ci ricorda che, dietro i cosidetti
'vip', c'è sempre un uomo, che non esistono
supereroi, che gli sportivi sono persone come noi.
Davide Astori, 31enne capitano della
Fiorentina, era originario di
San Giovanni Bianco, un piccolo paesino incastonato tra le montagne bergamasche a pochi chilometri da
San Pellegrino Terme. Davide ci ha lasciati la mattina del
4 marzo scorso in una stanza dell'hotel
'La dì Moret', dove alloggiava con la squadra della
Fiorentina per la partita contro
l'Udinese. Si presume sia morto a causa di un arresto cardiaco, determinato da cause naturali. Quella mattina erano scesi tutti giù per la colazione. Tranne
Davide, che di solito era sempre il primo. Il massagiatore va in camera e lo scuote, ma non c'è più nulla da fare. È il medico sociale,
Luca Pengue, ad attestarne il decesso, senza neanche poter provare una rianimazione in estremo. Il capitano, tra l'altro, aveva effettuato, pochi giorni prima, un
elettrocardiogramma, che non aveva riscontrato nessuna anomalia. Davvero un
fulmine a ciel sereno, totalmente inaspettato. Un evento di questa portata ci ricorda che dietro ai contratti milionari c'è anche una persona normalissima, togliendo di mezzo ogni
velo di celebrità. Un
velo che, tuttavia,
Astori non aveva. Lo si evince dalle innumerevoli parole che i suoi compagni hanno speso per lui.
Della Valle, presidente della
Fiorentina, ha voluto ricordarlo con queste parole da amico:
"Mi raccontava lui il progetto; sembrava lui l'allenatore; sembrava lui il direttore sportivo. Era un punto di riferimento per tutti. Quando accadono queste cose, ti portano via qualcosa di te stesso. Era un vero capitano: stateci vicino". Tutta la
serie A si è fermata davanti a questa tragedia. La storia di
Davide Astori è breve, ma dove è passato ha lasciato il segno: a
Roma, dove è rimasto solo un anno e le stagioni a
Cagliari e a
Firenze: tutti lo ricordano con estremo affetto. Il centrocampista della Roma,
Daniele De Rossi, non ha trovato le parole e si è chiuso in un silenzio disperato. Il giovane
Florenzi, invece, ha trovato la forza di commentare la disgrazia riassumendo il pensiero di tutti:
"Vorrei scrivere mille cose, ma non ci riesco: rimarrai sempre nel mio cuore, ciao Da'...". Davide era davvero nel cuore di tutto il mondo del calcio.
Sanchez, in campo con
l'Espanyol, è perfino svenuto di fronte a una notizia così straziante. In molti gli hanno scritto lettere toccanti, come quella di
Tomovic: "Voglio che mi aspetti lassù". O come quella di
Saponara, dove si legge chiaramente che
Davide era un grande nella sua estrema semplicità:
"Con chi dibatteremo sulle puntate di Masterchef, i ristoranti fiorentini, le serie TV o le partite disputate"? Davide era umanamente un modello, soprattutto per i compagni. Era portatore di un modello calcistico, ma anche di vita: una perdita come questa pesa ancora di più sul
terribile momento del
calcio italiano. Proprio per questo, l'allenatore del Milan,
Rino Gattuso, lo ha elogiato:
"Deve essere un esempio per tantissimi giovani, perchè lui è un 'contrario'. Ultimamente ci lamentiamo che i giovani fanno come gli pare. Invece, lui era 'vecchio' e rispettoso, con una grande mentalità". Davide, la sua
Fiorentina la intendeva così:
"Siamo una squadra giovane, ma che ha voglia di dimostrare, di correre. Una squadra che vuole strafare pur di soddisfare il proprio pubblico". Astori portava avanti un modo di interpretare il calcio che non è più in linea con i tempi: uno sport fatto di
valori e non di
profitto. Così ci lascia aprendo una
voragine nei cuori di tutti noi tifosi di calcio. Quello vero, basato sull'immensa
passione che
Davide Astori ci metteva.